Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7775 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7775 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 27769-2010 proposto da:
DI NAUTA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA MACCHIAVELLI 47, presso lo studio dell’avvocato
DI MAGGIO ANTONIA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DI NAUTA MATTEO giusta delega
in calce;
– ricorrente –

2014
355

contro

FONDIARIA SAI SPA 00818570012, giusta fusione per
incorporazione di LA FONDIARIA ASSICURAZIONI SPA
nella SAI SPA, in persona del legale rappresentante

1

Data pubblicazione: 03/04/2014

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DELLA

CONCILIAZIONE

44,

lo

presso

dell’avvocato PERILLI MARIA ANTONIETTA,

studio
che la

rappresenta e difende giusta delega in calce;
– controricorrente –

DI MAGGIO CARMELA DMGCML58D43B357E;
– intimata –

avverso la sentenza n. 41/2010 del TRIBUNALE DI
LUCERA SEDE DISTACCATA DI RODI GARGANICO, depositata
il 10/03/2010 R.G.N. 163/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito l’Avvocato ANTONIETTA MONACO per delega;
udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

nonchè contro

R.G.N. 27769/10
Udienza del 11 febbraio 2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 18.8.2001 la sig.a Maria Di Nauta subì delle lesioni personali in
conseguenza d’un sinistro stradale, avvenuto mentre era alla guida d’un
ciclomotore di proprietà della sig.a Carmela di Maggio.

di pace di Rodi Garganico la società Fondiaria-SAI s.p.a., esponendo che:
(a) la proprietaria del ciclomotore, sig.a Carmela Di Maggio, aveva stipulato
con la Fondiaria-SAI un’assicurazione contro gli infortuni a beneficio di
qualunque conducente del proprio ciclomotore;
(b) la Fondiaria-SAI aveva ricusato di pagare l’indennizzo contrattualmente
dovuto.
Concludeva pertanto chiedendo la condanna dell’assicuratore al pagamento
del suddetto indennizzo.

3. Il Giudice di pace con sentenza 16.3.2004 n. 44 accolse la domanda.
La sentenza, appellata dalla Fondiaria-SAI, venne riformata dal Tribunale di
Lucera con sentenza 10.3.2010 n. 41.
Ritenne il Tribunale che l’attrice non avesse provato l’esistenza e l’efficacia
del contratto di assicurazione contro gli infortuni. Precisò che l’attrice aveva
inteso fornire tale prova depositando dei documenti in copia, che vennero
disconosciuti dalla Fondiaria-SAI sin dalla comparsa di costituzione e
risposta depositata in primo grado. Sarebbe stato, pertanto, onere
dell’attrice depositare i suddetti documenti in originale, onere che non era
stato mai assolto.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla sig.a Maria
Di Nauta, sulla base di tre motivi.
Ha resistito con controricorso la Fondiaria-SAI.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso la sig.a Maria Di Nauta sostiene che la
sentenza impugnata sarebbe viziata sia da violazione di legge (art. 360, n.

2. Nel 2003 la sig.a Maria Di Nauta convenne in giudizio dinanzi al Giudice

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Udienza del 11 febbraio 2014

3, c.p.c.); sia da nullità (art. 360, n. 4, c.p.c.); sia da omessa motivazione
(art. 360, n. 5, c.p.c.).
Espone, al riguardo, che tanto in primo grado, quanto in secondo grado, la
procura alle liti al difensore della Fondiaria-SAI era stata conferita da
soggetti privi del necessario potere rappresentativo: donde la nullità della

dalla società assicuratrice.
Soggiunge che tale eccezione era stata da lei sollevata “nel corso del
giudizio di appello” (così il ricorso, foglio 7, penultimo rigo1), ed in replica
ad essa la Fondiaria-SAI aveva depositato i documenti giustificativi dei
poteri rappresentativi dei propri procuratori generali “solo con la memoria”
di replica in appello (ibidem, foglio 8).
Conclude pertanto che la Corte d’appello, rigettando la suddetta eccezione,
era incorsa in vari errores in procedendo ed in iudicando:
(a) aveva ammesso una produzione documentale tardiva;
(b)

aveva ritenuto che la suddetta produzione tardiva potesse sanare

retroattivamente il difetto di poteri rappresentativi in capo ai funzionari che
nel nome della Fondiaria-SAI avevano conferito la procura alle liti;
(c) aveva trascurato di considerare che le procure ad negotía conferite dalla
società SAI s.p.a., la quale aveva stipulato la polizza oggetto del giudizio,
avevano perso efficacia in conseguenza della fusione per incorporazione di
questa società nella società Fondiaria s.p.a.;
(d) aveva ritenuto che comunque la suddetta nullità era rimasta sanata
perché non tempestivamente eccepita dalla odierna ricorrente.

1.2. La censura è fragile nel suo contenuto giuridico, e maliziosa nella forma
con cui è esposta.
Prima d’ogni altra considerazione, dunque, sarà bene rilevare come la parte
ricorrente, la quale ascrive alla Fondiaria-SAI di avere prodotto le procure
ad negotia conferite ai propri rappresentanti generali “solo con la memoria
di replica”, aveva essa per prima ritenuto di sollevare l’eccezione di nullità
della procura alle liti solo con la comparsa conclusionale, celando

1

La ricorrente ha ritenuto di non dovere numerare le pagine del proprio ricorso.

procura alle liti e, di conseguenza, l’inammissibilità dell’appello proposto

e

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Udienza del 11 febbraio 2014

pudicamente tale circostanza – nell’esposizione dei motivi del ricorso per
cassazione – con la formula secondo cui l’eccezione sarebbe stata sollevata
“nel corso del giudizio”.
Appare dunque francamente sconcertante, oltre che contrastante con ogni
dovere di probità ex art. 88 c.p.c., dolersi della tardiva produzione d’un atto

dell’odierna ricorrente.

1.3. Compiuto questo doveroso richiamo ai princìpi di lealtà e probità
processuale, v’è ora da rilevare come il primo motivo di ricorso sia
palesemente infondato.
Le società di capitali e le persone giuridiche stanno in giudizio per il tramite
delle persone che ne hanno la rappresentanza. Quest’ultima può essere
generale o particolare, e dev’essere conferita con le forme prescritte alla
legge per l’opponibilità ai terzi (atto pubblico o scrittura provata
autenticata).
Quando nel corso d’un giudizio civile sorga questione circa la titolarità del
potere rappresentativo in capo alla persona che, in nome e per conto della
persona giuridica, abbia conferito il mandato alle liti, si pongono
all’interprete due problemi:
(a) come deve essere dimostrato il potere rappresentativo;
(b) quando debba essere fornita la relativa prova.
Ambedue questi problemi sono stati da tempo risolti dalla giurisprudenza.
Circa il modo in cui va dimostrata la titolarità del potere rappresentativo, è
necessaria la produzione del documento contenente la procura, non essendo
sufficiente la mera menzione di esso o l’indicazione degli estremi (ad es.
data o numero di repertorio nel caso di atti pubblici: così, ex multis, Sez. L,
Sentenza n. 23786 del 21/10/2013, Rv. 628512).
Circa il tempo in cui va dimostrata la titolarità del potere rappresentativo,
non esistono al riguardo preclusioni di sorta.
La legitimatio ad processum

costituisce infatti un presupposto processuale

che attiene alla regolare costituzione del rapporto processuale. Pertanto,
così come l’accertamento della sua esistenza o della sua mancanza può
essere compiuto in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. n. 13550 del

cr/

la cui necessità processuale sorse dalla altrettanto tardiva eccezione

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Udienza del 11 febbraio 2014

16 settembre 2003, rv. 566876), allo stesso modo la produzione dell’atto da
cui risulti la sussistenza della suddetta legittimazione non è soggetta alle
preclusioni previste per la produzione dei documenti, ed è ammissibile
persino nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 372, comma 1, c.p.c.
(Sez. L, Sentenza n. 12131 del 19/08/2003, Rv. 565971, in motivazione).

avviene in corso di causa, essa produce l’effetto di sanare retroattivamente
le irregolarità che inficiano i precedenti gradi dei giudizi, salva ovviamente
l’ipotesi in cui si sia formato il giudicato, ovvero che i giudici di merito
abbiano già rilevato la mancanza del presupposto processuale, traendo le
debite conseguenze in ordine alla validità dell’atto compiuto in mancanza di
esso.

1.4. Si applichino ora i princìpi in esame, dai quali prescinde del tutto la
ricorrente, al caso di specie, e li si comparino con le doglianze riassunte al §
1.1. Ne risulta che:
(a) il Tribunale di Lucera non ha affatto violato il divieto di produzione di
nuovi documenti in appello, perché gli atti giustificativi dell’esistenza del
potere rappresentativo concernono un presupposto processuale ed il loro
deposito non è soggetto a preclusioni;
(b) la produzione anche in appello dell’atto di conferimento della procura ad
negotia sana retroattivamente l’attività processuale compiuta prima del
deposito, sempre ovviamente che la procura sia anteriore al conferimento
del mandato alle liti, come è avvenuto nel nostro caso;
(c) la società resistente ha documentato che la SAI s.p.a. ha incorporato
per fusione la società Fondiaria (cfr. l’att. 29.12.2002 rep. 10364/3/3524,
allegato al fascicolo Fondiaria-SAI); di conseguenza la prima di tali società
non si è estinta, ma ha solo cambiato ragione sociale, e le procure ad
negotia precedentemente conferito non hanno perso validità;
(d) alla luce dei princìpi appena esposti, infine, diventa del tutto irrilevante
stabilire se il Tribunale abbia o meno errato nel ritenere relativa e sanabile
la nullità derivante dal difetto di rappresentanza sostanziale in capo al
soggetto che ha conferito la procura alle liti, perché comunque tale nullità
nel presente giudizio non si è verificata.

Se la produzione del documento giustificativo dei poteri rappresentativi

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Udienza del 11 febbraio 2014

1.5. Il primo motivo di ricorso, dunque, è infondato alla luce del seguente
principio di diritto:
Quando sia eccepito il difetto di potere rappresentativo in capo alla
persona che, in nome e per conto d’una società di capitali, abbia

produrre i documenti dimostrativi del suddetto potere anche quando
siano maturate le preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c. ed anche in
grado di appello.

2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso la sig.a Maria Di Nauta sostiene che la
sentenza impugnata sarebbe incorsa sia nel vizio di violazione di legge di cui
all’art. 360, n. 3, c.p.c.; sia in quello di motivazione (ai sensi dell’art. 360, n.
5, c.p.c.).
Dall’illustrazione del motivo, nondimeno, si rileva che con esso la ricorrente
prospetta due errores in procedendo da parte del Tribunale:
(a)

il primo sarebbe consistito nel ritenere non provata l’esistenza del

contratto, nonostante la sottoscrizione della polizza fosse stata solo
tardivamente disconosciuta dalla Fondiaria-SAI, in violazione dell’art. 215
c.p.c.;
(b) il secondo sarebbe consistito nel consentire che il disconoscimento della
sottoscrizione della polizza avvenisse in appello, in violazione del divieto di
proporre nuove eccezioni sancito dall’art. 345 c.p.c..
L’erronea intitolazione del motivo di ricorso tuttavia non ne comporta
l’inammissibilità: è noto infatti che nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d.
“vizio di sussunzione” (e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal
giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 c.p.c.),
il ricorso non possa per questa sola ragione essere dichiarato inammissibile,
quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia
chiaramente individuabile l’errore di cui si duole. Depongono in tal senso sia
il generale principio di validità degli atti processuali idonei al conseguimento
dello scopo (art. 156 c.p.c.); sia il generale principio jura novit curia, in

Pagina 7

conferito la procura alle liti, è consentito alla società medesima

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virtù del quale è compito del giudice individuare la norma applicabile alla
fattispecie (anche processuale), a nulla rilevando l’eventuale erronea
indicazione compiuta dalla parte; sia, soprattutto, i princìpi affermati dalle
Sezioni Unite di questa Corte, le quali – componendo i precedenti contrasti hanno stabilito che l’erronea indicazione del motivo di ricorso resta

“inequivoco riferimento” al vizio di cui la parte intende effettivamente
dolersi (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).

2.2. Nel merito, il motivo è fondato.
Il Tribunale ha motivato la propria decisione spiegando che “sin dalla
propria comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado” la
Fondiaria-SAI

“disconosceva espressamente tutta la documentazione

allegata dall’odierna appellata solo in copia”.
Ne traeva la conclusione che, non avendo l’attrice depositato l’originale del
contratto, era mancata la prova di quest’ultimo.

2.3. Dall’esame degli atti, consentito dalla natura processuale del vizio
denunciato, si rileva come l’attrice abbia prodotto in giudizio una fotocopia
di una polizza assicurativa, per documentare l’esistenza del contratto.
Rispetto ad una fotocopia non è ovviamente necessario il disconoscimento
della sottoscrizione, di cui all’art. 215 c.p.c.: è tuttavia necessario che la
parte interessata, ove intenda espungere dal materiale istruttorio la
fotocopia, ne contesti la conformità all’originale, ai sensi dell’art. 2719 c.c..
La Fondiaria-SAI, pertanto, a fronte della produzione documentale
dell’attrice poteva fare due cose:
(a) contestare la conformità della fotocopia all’originale, riservandosi poi una volta prodotto quest’ultimo – di disconoscere la propria sottoscrizione;
(b) ammettere la conformità della fotocopia all’originale, ma disconoscere la
propria sottoscrizione.
La società convenuta tuttavia non fece né l’una, né l’altra.
La Fondiaria-SAI infatti, costituendosi dinanzi al giudice di pace, eccepì:
-) l’incompetenza per valore del giudice adìto;

n

ininfluente, quando la motivazione del ricorso contenga comunque un

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-) la necessità di “integrare il contraddittorio”

(sic)

nei confronti del

contraente;
-) il quantum della pretesa attorea.
Accanto a queste censure (già esse formulate in modo così stringato da
rasentare la nullità) la comparsa di costituzione e risposta (contenuta in

“impugna e contesta tutto quanto ex adverso assunto, richiesto, domandato,
eccepito e prodotto in quanto improcedibile ed inammissibile oltre che
infondato in fatto e diritto e non provato”; “impugna e contesta per ogni
altro aspetto a domanda attorea”; “contesta espressamente la
documentazione richiamata da parte attrice nell’atto di citazione in quanto
inammissibile e comunque irrilevante e non influente ai fini di causa oltre
che priva di ogni e qualsiasi rilevanza ed efficacia giuridica e probatoria”.

2.4. Ora, a parte lo sconforto che simili espressioni ingenerano dal punto di
vista stilistico e grammaticale (non si vede infatti come possa essere
“improcedibile quanto prodotto”;

oppure come possa essere un atto

“irrilevante oltre che privo di qualsiasi rilevanza”), quel che conta in questa
sede è che nessuna delle espressioni appena trascritte costituisce, dal punto
di vista processuale, una valida contestazione della conformità all’originale
d’un documento prodotto in copia.
Scopo degli atti processuali è, in senso lato, lo stesso del processo: allocare
gli interessi in conflitto; scopo in senso stretto degli atti processuali è
delimitare l’oggetto del contendere.
Un atto processuale non può consistere in una vuota declamazione, perché
deve servire a far conoscere alla controparte prima, ed al giudice poi, quali
temi facciano parte del dibattito processuale e quali no.
La comparsa di costituzione e risposta, in particolare, deve consentire al
giudice di stabilire quali siano i fatti che occorrerà accertare, perché
contestati; e quali invece non sarà necessario accertare, perché non
contestati (tali princìpi, pacifici, hanno formato tutti l’oggetto della
fondamentale decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 761 del
23/01/2002, Rv. 551789).

enr/

poco più d’una pagina) espone poi un florilegio di clausole di stile, e cioè:

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Mentre dunque l’atto di citazione ha lo scopo di delimitare l’oggetto del
pronuntiare da parte del giudice, la comparsa di risposta ha l’altrettanto
fondamentale scopo di contribuire a delimitare l’oggetto del cognoscere.
Affinché questo scopo possa essere raggiunto, è necessario che negli atti
processuali si parli ore rotundo, ovvero “concisamente e in ordine”, come si

criteri di redazione delle sentenze è comunque espressione d’un principio
generale.
Qualsiasi contestazione in ambito processuale non può essere ambigua o
generica, perché lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti dubitabilmente
contestati debbano essere provati o meno. Per queste ragioni la
contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset: e ciò sia per
quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla
controparte; sia per quanto attiene le modalità di contestazione della
conformità all’originale della copia di un documento.
In applicazione di questi princìpi, sono state già state ritenute inefficaci da
questa Corte:
(a) la contestazione della conformità tra l’originale di una scrittura e la copia
fotostatica della stessa, formulata con l’espressione “si contesta nella forma
e nella sostanza” (Sez. 2, Sentenza n. 28096 del 30/12/2009, Rv. 610586,
nonché, più di recente, Sez. 1, Sentenza n. 14416 del 07/06/2013, Rv.
626517);
(b) il disconoscimento dell’autenticità d’una sottoscrizione compiuta con le
parole “si contesta la documentazione prodotta” o altre simili (Sez. 2,
Sentenza n. 3655 del 13/04/1987, Rv. 452593).
Una contestazione della conformità all’originale d’un documento prodotto in
copia, insomma, è validamente compiuta ai sensi dell’art. 2719 c.c. quando
si indichi espressamente in cosa la copia differisca dall’originale, ovvero
quando si neghi l’esistenza stessa d’un originale. Limitarsi a dichiarare di
“contestare” un documento senza nemmeno indicare cosa ci sia da
contestare è un artificio che può trovar spazio nei manuali di retorica, non
negli atti d’un processo, e chi lo adotta non potrà che imputare a sé
medesimo le conseguenze derivanti dalla imperfetta contestazione.

eA’r/

esprime l’art. 118, comma 2, disp. att. c.p.c., il quale sebbene dedicato ai

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2.5. Da quanto esposto discende che nel presente giudizio:
(a) la conformità all’originale della copia del contratto prodotta dall’attrice
non è mai stata validamente né tempestivamente contestata dalla
Fondiaria-SAI;
(b) di conseguenza quel documento doveva essere utilizzato ai fini del

(c) ergo ha errato il Tribunale nel non tenerne conto, e ciò sotto due profili:
sia perché la contestazione fu generica; sia perché la contestazione fu
tardiva.

2.6. La sentenza va dunque cassata con rinvio al Tribunale di Lucera, in
diversa composizione, il quale deciderà la controversia applicando il
seguente principio di diritto:
La contestazione della conformità all’originale d’un documento
prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche,
quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la
documentazione perché inammissibile ed irrilevante”, ma deve
avvenire in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione
specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli
aspetti per í quali si assume differisca dall’originale. In mancanza di
tali requisiti la contestazione è priva di effetti.

3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole della sentenza
impugnata nella parte in cui l’ha condannata a restituire alla Fondiaria-SAI
le somme percepite in esecuzione della sentenza di primo grado,
assumendo che tale pronuncia sia avvenuta ultra petita.
Tale motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

4. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno
liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c..
P.q.m.

Pagina 11

decidere;

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Udienza del 11 febbraio 2014

la Corte di cassazione, visto l’art. 383, comma primo, c.p.c.:
-) accoglie il secondo motivo del ricorso;
-) cassa la sentenza impugnata a rinvia la causa al Tribunale di Lucera in
diversa composizione;
-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 11 febbraio 2014.

legittimità e di quelle dei gradi di merito.

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