Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7773 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7773 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 29115-2010 proposto da:
ZAGO PIETRO ZGAPTR43S25B546S, ZETA PI SRL 01984200277
in persona dell’Amministratore Unico pro tempore LUCA
ZAGO, TRAMONTE SANDRA TRMSDR52D45B546H, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo
studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che li rappresenta
2014
343

e difende unitamente all’avvocato OMETTO MICHELE
giusta mandato a margine;
– ricorrenti contro

COMUNE DOLO 82001910270 in persona del sindaco pro

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Data pubblicazione: 03/04/2014

tempore, domiciato ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’avvocato STEFANO MARRONE giusta procura
speciale in calce alla comparsa di risposta del
15/5/2004;

procuratore di ENEL SPA in persona dell’Ing.
FRANCESCO RONDI Dirigente procuratore della Società,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI
MARCO, che la rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce;
BRAGATO MARIA LUISA, BOSCARO IDOLETTA, SPEZZATI
PIERLUIGI già, rispettivamente, socia accomandataria
e liquidatrice e soci accomandanti, costituenti
l’intera compagine societaria della disciolta società
EDIL BRACOS SAS 02286770272 DI BRAGATO MARIA LUISA &
C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RIMINI 14,
presso lo studio dell’avvocato ROBERTA CARUSO,
rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATO LUCIANO
giusta mandato a margine;
– controricorrenti nonchè contro

CONDOMINIO VIA CANTIERE 31 DOLO , ATER VENEZIA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 364/2010 della CORTE D’APPELLO

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ENEL DISTRIBUZIONE SPA 05779711000 in proprio e quale

di

VENEZIA,

depositata

il

16/02/2010,

R.G.N.

665/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/02/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;

udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

3

udito l’Avvocato EMANUELE COGLITORE per delega;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata Zago Pietro, Tramonte
Sandra e Zetapi srl esponevano che i primi due erano
comproprietari di una porzione di un immobile in Dolo,
costituita da un negozio e da un retrobottega, condotta in

calzature; che i coniugi Zago circa otto anni prima avevano
eseguito opere di restauro e consolidamento della propria
porzione mentre le altre parti dell’edificio e le altre porzioni
di proprietà di terzi (Comune di Dolo, Edilbracos sas ed Enel),
apparivano in stato di abbandono. Aggiungevano che, a causa del
predetto stato di abbandono, si erano verificate negli ultimi
anni consistenti infiltrazioni d’acqua che avevano causato danni
alle calzature. Ciò premesso, convenivano in giudizio il Comune
di Dolo, l’Edilbracos, l’Enel ed il Condominio chiedendone la
condanna al risarcimento dei danni subiti. In esito al giudizio,
in cui si costituivano i convenuti nonché la chiamata Ater di
Venezia, il Tribunale adito dichiarava la nullità della
citazione per violazione del principio del contraddittorio
perché gli attori Tremonte e Zago erano legati da vincolo di
solidarietà con il Comune. Avverso tale decisione i soccombenti
proponevano appello principale mentre il Comune di Dolo, l’Ater
e l’Enel proponevano appello incidentale. In esito al giudizio,
la Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data
16 febbraio 2010 in riforma della decisione impugnata rigettava
le domande attrici e provvedeva al governo delle spese. Avverso

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locazione dalla Zetapi Sri che vi esercitava commercio di

la detta sentenza Zago Pietro, Tramonte Sandra e la ZetaPI srl
hanno proposto ricorso per cassazione articolato in quattro
motivi, illustrato da memoria. Resistono con controricorso
l’Enel, il Comune di Dolo, nonché la socia accomandataria ed i
soci accomandanti della disciolta società Edil.bra.cos. Sas,

Pierluigi.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la nullità della sentenza e
del procedimento per violazione degli artt.696, 698 cpc nonché
l’omessa ed insufficiente motivazione, i ricorrenti hanno
censurato la sentenza impugnata per non aver la Corte di Appello
debitamente valorizzato le risultanze dell’A.T.P. avallando
invece la CTU, che ha del tutto pretermesso queste ed altre
risultanze idonee ad evidenziare in modo in equivoco il nesso di
causalità tra il comportamento omissivo ascritto ai convenuti ed
i danni lamentati dagli attori.
Con la seconda doglianza, deducendo l’omessa ed insufficiente
motivazione, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata
per aver la Corte di Appello ritenuto di basare il proprio
giudizio di infondatezza della domanda su un supposto contributo
causale assorbente dell’attrice Zetapi.
Con la terza

doglianza,

deducendo l’omessa ed insufficiente

motivazione, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata
per aver la Corte di Appello inadeguatamente considerato le
risultanze della CTU sul quantum del dr Candiotto, reputando di

5

esattamente Bragato Maria Luisa, Boscaro Idoletta e Spezzati

ravvisarvi una stima equitativa del danno in difformità dal
contenuto dello stesso accertamento peritale.
Con l’ultima doglianza, deducendo la nullità della sentenza e
del procedimento per violazione degli artt.696, 698 cpc nonché
l’omessa ed insufficiente motivazione, i ricorrenti hanno

debitamente valorizzato le risultanze dell’A.T.P. ed aver
conseguentemente pretermesso di compiere una qualunque
valutazione sul danno alla proprietà denunciato dai consorti
Zago, omettendo altresì di assumere le prove al riguardo
richieste dai proprietari dell’immobile danneggiato, idonee ad
influenzare con un giudizio di certezza e non di probabilità il
quadro istruttorio su cui è stata resa la decisione.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in
quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano
ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono in parte
inammissibili ed in parte infondati.
A riguardo, mette conto di sottolineare che le ragioni di
doglianza formulate come risulta di ovvia evidenza dal loro
stesso contenuto e dalle espressioni usate, non concernono
violazioni o false applicazioni del dettato normativo bensì la
valutazione della realtà fattuale, come è stata operata dalla
Corte di merito; nè evidenziano effettive carenze o
contraddizioni nel percorso motivazionale della sentenza
impugnata ma, riproponendo l’esame degli elementi fattuali già
sottoposti ai giudici di seconde cure e da questi disattesi,

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censurato la sentenza impugnata per non aver la Corte di Appello

mirano ad un’ulteriore valutazione delle risultanze processuali,
che non è consentita in sede di legittimità.

Ed invero, premesso

che la valutazione degli elementi di prova e l’apprezzamento dei
fatti attengono al libero convincimento del giudice di merito,
deve ritenersi inammissibile la doglianza mediante la quale la

istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del
giudice di merito, diretta all’ottenimento di una nuova
pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle
finalita’ del giudizio di cassazione. (cfr Cass.n. 9233/06)
Quanto, al dedotto vizio motivazionale, le ragioni di doglianza
sono

infondate in quanto la Corte di merito, per come sarà

evidenziato in seguito, ha argomentato in maniera corretta ed
esaustiva. Ed invero, la lettura della sentenza consente di
seguire con assoluta chiarezza il percorso argomentativo della
Corte di merito e di cogliere le ragioni fondamentali poste a
base della decisione, fondate sulla considerazione che nessuno
degli elementi probatori addotti dagli attori (ATP, deposizioni
testimoniali,

perizie

e

videocassetta)

tutti

loro

complessivamente erano sufficienti a dimostrare la fondatezza
della domanda.
Ciò,

in quanto:

1)

il consulente tecnico,

in sede di

accertamento tecnico preventivo, si era limitato ad un esprimere
la mera possibilità di un “nesso di riferimento” tra lo stato di
degrado dell’intero edificio ed i danni lamentati dagli attori
sottolineando subito dopo che sarebbe stata necessaria una più

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2///l(

parte ricorrente avanza, nella sostanza delle cose, un’ulteriore

approfondita analisi delle cause per rendere chiarezza sul
punto; 2) il consulente tecnico d’ufficio, in corso di causa,
essendo stato nel frattempo restaurato l’edificio, aveva fatto
presente l’impossibilità di indicare le cause aggiungendo subito
dopo che le uniche macchie riscontrate in corso del suo

bensì da umidità delle fondazioni; 3)1e foto prodotte non
avevano fornito alcun elemento, limitandosi a comprovare
l’assoluto degrado dell’edificio; 4) il filmato prodotto, con
riguardo alle foto tratte da esso, non era utile ai fini
probatori essendo stato girato oltre un anno e mezzo dopo la
vendita del ramo di azienda di cui faceva parte il negozio di
Dolo; 5) la CTU volta ad accertare i danni riguardanti le scarpe
non aveva riscontrato la distinta delle merce che sarebbe stata
danneggiata; 6) le prove testimoniali non avevano fornito
elementi utili sia per la loro genericità sia per la dubbia
attendibilità di una teste la quale aveva dichiarato di aver
lavorato alle dipendenze della Zetapi fino al 1995 quando era
certo che quel ramo di azienda era stato ceduto quattro anni
prima.
Tutto ciò premesso e considerato, risulta con chiara evidenza
come alla conclusione adottata la Corte sia pervenuta attraverso
un

iter assolutamente corretto e lineare rispetto al quale i

ricorrenti non hanno dedotto alcun vizio della motivazione in
senso proprio ma hanno semplicemente proposto una diversa
interpretazione, secondo la loro personale valutazione.

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sopralluogo non provenivano comunque da infiltrazioni piovane

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle
censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,

di cui al D.M. n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, a
favore di ciascuna delle parti contro ricorrenti, in
complessivi C 5.200,00 di cui E 5.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge, ed E 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 7.2.2014

liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri

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