Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7771 del 27/03/2017

Cassazione civile, sez. I, 27/03/2017, (ud. 30/01/2017, dep.27/03/2017),  n. 7771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23043/2012 proposto da:

B.P.A., (c.f. (OMISSIS)), S.S. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in Roma, Via Tuscolana n. 4,

presso l’avvocato Pepe Marco, rappresentati e difesi dagli avvocati

Morelli Roberto, Parrillo Giuseppe, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P.S. Gestione Crediti Banca S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 343/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/01/2017 dal cons. MARULLI MARCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

Alberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con sentenza 343 del 2.3.2012 la Corte d’Appello di Bologna ha accolto l’appello di MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. avverso la decisione di primo grado che, su ricorso di B.P.A. e S.S. aveva ordinato alla banca convenuta di prestare, a seguito della parziale estinzione del debito, il consenso alla riduzione della garanzia ipotecaria a suo tempo da essi prestata e che la banca aveva rifiutato poichè, essendo stato il debito estinto dai fideiussori ed essendosi costoro surrogati ex lege alla creditrice originaria, non era stato previamente acquisito il consenso dei nuovi creditori e la banca, in difetto di ciò, non poteva perciò pregiudicarne le ragioni.

Nell’occasione il giudice d’appello, riformando il deliberato di prima istanza, ha ritenuto di dover affermare che nella descritta situazione di fatto, essendo la banca tuttora l’unica legittimata a consentire la riduzione dell’ipoteca, in quanto all’intervenuta surrogazione non era seguita anche la relativa annotazione, “essa gode altresì del diritto di rifiutare quanto ordinatole (…) restando altrimenti sottoposta al rischio delle ipotizzabili iniziative risarcitorie” dei creditori surrogati nel credito e con esso pure nelle garanzie che lo assistono.

1.2. Per la cassazione di detta sentenza B.P.A. e S.S. instano questa Corte con tre motivi di ricorso, ai quali non ha replicato la banca intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’errore di diritto commesso dal giudice d’appello nell’applicazione dell’art. 2843 c.c. risultando in maniera incontrovertibile che, in difetto di annotazione a margine dell’iscrizione dell’intervenuta surroga, legittimamente era stata convenuta in giudizio la banca creditrice trattandosi “dell’unico soggetto cui, ex lege”, in assenza di annotazione, competeva il potere-dovere di procedere alla chiesta cancellazione.

1.2. Il secondo motivo allega ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1203 e 1949 c.c. che la Corte adita avrebbe applicato “assolutamente fuori luogo” dal momento che l’intervenuta surroga non era stata mai messa in discussione dai ricorrenti che avevano invece inteso sollecitare l’iniziativa dell’unico soggetto legittimato.

1.3. I primi due motivi di ricorso – che possono essere associati in una comune declaratorie – vanno ritenuti inammissibili per estraneità alla ratio decidendi sposata dalla decisione impugnata.

Il giudice d’appello si è invero indotto ad accogliere il gravame della banca aderendo – nell’interpretazione da dare all’art. 2843 c.c., laddove esso dispone che la trasmissione dell’ipoteca anche nel caso di surrogazione non ha effetto fino a che non sia annotata a margine dell’iscrizione, in relazione alla surrogazione ex lege prevista in favore del fideiussore dagli artt. 1949 e 1203 c.c. alla tesi, già accolta da questa Corte (Cass., Sez. 3, 29/03/200&, n. 7236), secondo cui “qualora il creditore assistito da ipoteca su immobile del debitore, pur essendo stato soddisfatto dal fideiussore, mantenga la qualità d’intestatario dell’iscrizione ipotecaria, per non avere, detto fideiussore, esercitato la facoltà di variare a suo nome tale iscrizione (con l’annotazione a margine prevista dall’art. 2843 c.c.), il fideiussore medesimo, anche se non può opporre la garanzia reale nei confronti dei terzi, ha la veste di successore nella garanzia stessa nel rapporto con l’obbligato, ai sensi degli artt. 1203 e 1949 c.c. e, quindi, legittimamente subordina al proprio consenso la possibilità di detto obbligato di reclamare dal creditore la cancellazione dell’ipoteca” e di condividere perciò in relazione alle vicende circolatorie che può vivere il credito ipotecario, l’assunto in considerazione del quale si rende necessario – nell’ipotesi appunto in cui il fideiussore non provveda ad annotare l’avvenuta surrogazione nei diritti di garanzia del creditore originario – distinguere tra un profilo interno della successione che riguarda il rapporto trilatero tra il creditore originario, il debitore e il fideiussore ed un profilo esterno che riguarda i terzi e che si lega alla natura costitutiva della formalità prevista dall’art. 2843 c.c.. E su questo presupposto ha rettamente individuato, nel caso in cui l’annotazione faccia difetto, in sintonia con un risalente insegnamento di questa Corte, nell’originario creditore il soggetto pur sempre legittimato a prestare il consenso all’esecuzione della formalità restrittiva con la precisazione, che, essendosi il rapporto perfezionato nel suo profilo interno, “il creditore originario è obbligato ad astenersi da qualsiasi atto che possa pregiudicare le garanzie ipotecarie e perciò anche, principalmente da prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca”, a questo fine rendendosi necessario che “il creditore originario abbia ottenuto l’assenso alla cancellazione da parte del creditore a lui surrogato”.

1.4. Rispetto a questo ordito concettuale la duplice doglianza dei ricorrenti, che lamentano, da un lato, la violazione dell’art. 2843 c.c. perchè essi avrebbero rettamente convenuto in giudizio l’unico soggetto legittimato a prestare il consenso all’annotazione e, dall’altro, la violazione degli artt. 1203 e 1949 c.c. in quanto il loro richiamo nella specie non sarebbe giustificato, pone capo ad una critica di diritto che resta ai margini del ragionamento decisorio sviluppato dal giudice d’appello e non ne intercetta la ratio. Il giudice d’appello, infatti, nel rinsaldare l’asserto secondo cui in difetto di annotazione il creditore soddisfatto dal fideiussore deve astenersi da ogni atto che possa risultare pregiudizievole per i diritti di costui e non può perciò prestare il consenso alla formalità restrittiva se non dietro l’assenso del creditore surrogato, ha chiaramente ribadito la convinzione che il meccanismo circolatorio innescato dall’adempimento del fideiussorio, ancorchè efficace nel rapporto interno, è improduttivo di effetti verso l’esterno se, con riguardo alla garanzia ipotecaria, non faccia seguito anche l’annotazione dell’evento successorio.

Ne discende allora che le doglianze dei ricorrenti non si rivelano pertinenti, vero, da un lato, che il tema illustrato con la prima di esse, non solo non è stato affrontato dal giudice d’appello, che non ha infatti ricusato la legittimazione della convenuta banca, ma anzi ha sostenuto, se si vuole, l’esatto contrario, ritenendo che solo questa, nella descritta situazione di fatto, fosse legittimata a dar seguito a quanto reclamato dai debitori; e vero, dall’altro, che il tema di cui si occupa la seconda di esse non ha parimenti formato oggetto di alcuna determinazione decisionale, semmai avendo costituito ragione di riflessione per il decidente in funzione della conclusione concretamente assunta.

2.1. Con il terzo motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti si dolgono, in relazione al fatto costituito dalla legittimità del rifiuto opposto dalla banca, che la Corte abbia valorizzato ai fini decisionali l’argomento della “responsabilità” della banca nei confronti dei creditori surrogati e l’argomento secondo cui risulterebbe “indispensabile” l’autorizzazione dei co-fidejussori surrogatisi, ancorchè a nessuno di essi può essere evidentemente attribuito il rilievo accordato loro dal giudice d’appello.

2.2. Il motivo si rivela inammissibile poichè, allorchè esso denuncia, come testualmente si legge, “l’omesso e/o erroneo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato fatto oggetto di discussione tra le parti”, evoca una formulazione del vizio di motivazione che essendo stata introdotta D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, è inapplicabile alla specie per quanto disposto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3.

3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in difetto di costituzione dell’intimata.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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