Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7771 del 20/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 7771 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA
sul ricorso 23716-2012 proposto da:
PAGANO COLOMBA PGNCLB73B64L259X, domiciliata ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
ANGELO D’ONOFRIO giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente –

2016
31

contro
ASSICURAZIONI GENERALI SPA, quale impresa designata
per la Regione Campania dal Fondo di Garanzia Vittime
della Strada, in persona del procuratore generale GBS

Data pubblicazione: 20/04/2016

GENERALI

BUSINESS

soggetta

alla

SOLUTIONS

direzione

S.C.P.A.,

società

coordinamento

e

di

Assicurazioni Generali SPA, in persona dei suoi
procuratori speciali dott. MARIO HUGUENEY RICCO’ e
Dott. FRANCESCO CAPUANO, elettivamente domiciliata in

dell’avvocato VALENTINO FEDELI, rappresentata e
difesa dall’avvocato RENATO MAGALDI giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente nonché contro
IAVICOLI PATRIZIA, INA ASSITALIA SPA ;
– intimati –

avverso la sentenza

n.

254/2011 del TRIBUNALE DI

TORRE ANNUNZIATA SEZIONE DISTACCATA DI TORRE

DEL

GRECO, depositata il 18/10/2011, R.G.N. 282/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/01/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA
GRAZIOSI;
udito l’Avvocato PAOLO MIGLIACCIO per delega;
udito l’Avvocato RENATO MAGALDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio

23716/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 15-18 ottobre 2011 il Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di
Torre del Greco, ha rigettato l’appello principale proposto da Pagano Colomba avverso
sentenza n. 2068/2008 con cui il giudice di pace di Torre del Greco aveva respinto la sua
domanda, presentata nei confronti di Iavicoli Patrizia e ma Assitalia, di risarcimento dei danni

da ma Assitalia e da Assicurazioni Generali S.p.A. per F.G.V.S.
2. Ha presentato ricorso la Pagano sulla base di quattro motivi.
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli
439 e 427 c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto tardiva la richiesta della attuale ricorrente di
mutare il rito da speciale a ordinario.
Il secondo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., lamenta omessa motivazione del
Tribunale sull’ordinanza con cui negò il mutamento del rito.
Il terzo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., denuncia violazione e falsa
applicazione degli articoli 1376, 2721 e 2864 c.c. per avere il Tribunale respinto la richiesta di
ammissione di prova testimoniale avanzata dalla attuale ricorrente per dimostrare che la
Iavicoli era proprietaria dell’auto danneggiante.
Il quarto motivo, ancora ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., denuncia violazione e falsa
applicazione degli articoli 144 d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209. 102 e 180 c.p.c., sempre
riguardo alla legittimazione passiva della Iavicoli.
Si è difeso dal ricorso con controricorso Assicurazioni Generali S.p.A., chiedendo che sia
disatteso.
Sia la ricorrente sia la controricorrente hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1 II primo motivo lamenta che il Tribunale ritenne tardiva la richiesta di mutamento del rito
da rito del lavoro ad ordinario, nonostante l’applicabilità alla fattispecie dell’articolo 439 c.p.c. e
rientrando quindi nei poteri del giudice d’appello mutare il rito se il primo grado era stato

3

derivati da sinistro stradale avvenuto il 13 febbraio 2007, nonché gli appelli incidentali proposti

celebrato con un rito erroneo. In particolare nel caso di specie, sostiene la ricorrente, il giudice
di pace, “sulla base dell’eccezione sollevata da controparte, ha deciso la causa senza mutare il
rito della stessa e quindi impedendo all’appellante (sic) di richiedere il termine ex art. 320
c.p.c. per provare, ove ve ne fosse stata la necessità, la legittimazione passiva” della lavicoli, e
Il Tribunale, poi, con ordinanza del 16 aprile 2010 accoglieva le relative argomentazioni
dell’appellante disponendo il mutamento del rito da quello speciale in quello ordinario e
rinviando “per la precisazione delle conclusioni la causa per verificare se il mancato mutamento
del rito aveva o meno pregiudicato il diritto di difesa” dell’appellante stessa; ma, nella

il Tribunale ha ritenuto “di non mutare il rito (già mutato)” per tardività della richiesta di
mutamento. In base a questo la ricorrente chiede che sia accolto il motivo in esame.
In primo luogo, deve rilevarsi che la doglianza è priva di autosufficienza, poiché non indica in
modo sufficientemente specifico né le ragioni per cui aveva chiesto il mutamento del rito al
giudice di primo grado (rito che peraltro aveva essa stessa scelto essendo l’attrice) e al giudice
d’appello, né le ragioni in base alle quali quest’ultimo, con l’ordinanza del 16 aprile 2010,
gliel’avrebbe concesso; né, poi, la ricorrente spiega la opzione che a suo dire il giudice
d’appello nella suddetta ordinanza avrebbe adottato, ovvero di passare alla fase decisoria per
verificare se il mancato mutamento del rito avesse leso il diritto di difesa dell’appellante.
Ma soprattutto deve rilevarsi proprio che l’error in procedendo non può essere denunciato di
per sé, bensì se sussiste reale interesse a denunciarlo, vale a dire se la violazione della norma
processuale ha cagionato una concreta lesione al diritto di difesa di chi denuncia, che deve
specificamente dolersene,

id est descriverne le conseguenze in punto di merito nella

controversia (sul principio per cui la corretta applicazione delle regole di rito non è tutelata di
per sé, bensì in relazione ad un conseguente pregiudizio concreto del diritto di azione e del
diritto di difesa che il ricorrente pertanto deve indicare cfr. ex multis Cass. sez. 1, 21 febbraio
2008 n. 4435, Cass. sez. 3, 12 settembre 2011 n. 18635 e Cass. sez. 2, 27 settembre 2013
n.22289; sul rispetto in tal senso del modello legale di impugnazione cfr. p. es . Cass. sez. 3,
29 gennaio 2010 n. 2053), pena l’inammissibilità della censura.
E dunque, nel caso in esame, la ricorrente non ha evidenziato quale pregiudizio in punto di
merito le sia derivato dalla mancata disposizione del mutamento del rito – e ciò per di più in un
contesto d’illustrazione del motivo contraddittoria laddove si ammette che il rito fu mutato -,
limitandosi ad un del tutto generico riferimento alla sua possibilità in tal caso di provare la
legittimazione passiva della Iavicoli, di cui avrebbe peraltro avuto necessità solo eventuale (si
rimanda ancora, nel ricorso, al già riportato passo di pagina 5: il giudice di pace ha deciso
senza mutare il rito “e quindi impedendo all’appellante di richiedere il termine ex art. 320
c.p.c. per provare, ove ne fosse stata la necessità, la legittimazione passiva”). Né tantomeno

4

c?

sentenza impugnata, “senza alcuna motivazione, né revocando il precedente provvedimento”,

in riferimento alla decisione di secondo grado la ricorrente individua una conseguenza
pregiudizievole sul merito di quanto ivi deciso a proposito del rito.
Il motivo, in conclusione, sotto ogni profilo risulta privo di pregio.
3.2 Il secondo motivo è in realtà un’appendice del precedente, in cui la ricorrente lamenta
omessa motivazione della sentenza sull’ordinanza dello stesso giudice d’appello che aveva
mutato il rito. Viene così riproposta la questione di error in procedendo già esaminata, alla cui

Comunque, non si può non ricordare che nel caso di specie trattasi di una questione di diritto,
e quindi (si tratti di diritto processuale come di diritto sostanziale) il vizio motivazionale non
rileva, perché quel che conta è soltanto la decisione in punto di diritto, non l’iter percorso per
raggiungerla (sull’incidenza unicamente della corretta applicazione da parte del giudice di
merito delle norme di diritto v. Cass. sez. 3, 14 febbraio 2012 n. 2107, Cass. sez. 5, 2 febbraio
2002 n. 1374; Cass. sez. 2, 10 maggio 1996 n. 4388; Cass. sez. 1, 14 giugno 1991 n. 6752;
Cass. sez. 2, 22 gennaio 1976 n. 199; trattasi di principio generale, relativo anche alla
giurisdizione di legittimità in materia penale: cfr. da ultimo Cass. pen. sez. 1, 20 maggio 2015
n. 16372 e Cass. pen. sez. 3, 23 ottobre 2014-11 febbraio 2015 n. 6174).
Anche questo motivo, pertanto, non merita accoglimento.
3.3 11 terzo motivo, come violazione e falsa applicazione degli articoli 1376, 2721 e 2864
(evidente errore materiale in riferimento a 2684) c.c., lamenta che la domanda della ricorrente
fu rigettata dal giudice di merito per preteso difetto di prova che Patrizia Iavicoli fosse la
proprietaria del veicolo danneggiante nel sinistro, a ciò pervenendo, però, mediante il rigetto
dell’istanza attorea di ammissione di prova testimoniale al riguardo. Osserva la ricorrente che
la prova testimoniale era invece ammissibile, dal momento che la vendita di automobile non è
un contratto con forma scritta ad substantiam, necessitando la forma scritta solo al fine della
trascrizione della vendita al P.R.A.

illustrazione a proposito del primo motivo, pertanto, si rimanda.

Il Tribunale, effettivamente, afferma che la legittimazione passiva della Iavicoli è sfornita di
prova perché “l’attrice in primo grado avrebbe dovuto produrre documentazione da cui
desumerla che, invece, manca del tutto né è consentito porre a sostegno della prova la visura
P.R.A. allegata solo al fascicolo di secondo grado. Il titolo di proprietà dell’autovettura della
convenuta in primo grado non può certamente essere provato attraverso una prova
testimoniale vertendo su una circostanza squisitamente documentale”; condivisibilmente,
pertanto, secondo il giudice d’appello, per tale motivo il giudice di primo grado ha respinto la
domanda attorea; e per lo stesso motivo, quindi, il Tribunale rigetta l’appello.

c7

Con l’espressione, alquanto atecnica, “circostanza squisitamente documentale”, a ben guardare

il giudice d’appello impone al contratto di vendita di auto una forma legale quanto meno – per
5

quel che può intendersi dalla concisa motivazione – ad probationem: esclude, infatti, in modo
assoluto che una prova testimoniale sia idonea a dimostrare l’esistenza del contratto,
occorrendo allo scopo, evidentemente, una prova documentale.
L’asserto non vanta alcun espresso riscontro normativo, ma comunque non trova neppure
sostegno nella consolidata, e consapevolmente sistemica, interpretazione della giurisprudenza
di legittimità. Al contrario, proprio la giurisprudenza di questa Suprema Corte, con un una
sentenza su questa tematica – Cass. sez. 3, 11 aprile 2006 n. 8415, citata non solo dalla

affermato che per individuare l’effettivo proprietario di un veicolo i dati del P.R.A. forniscono
elementi meramente presuntivi, i quali possono essere vinti con ogni mezzo di prova, anche
testimoniale, dovendosi accertare la effettiva titolarità del veicolo secondo le regole civilistiche,
riguardanti la circolazione di beni mobili, tra cui l’articolo 1376 c.c.: norma che disciplina il
contratto con effetti reali in forza del mero consenso delle parti, e dunque in forma libera.
Il caso esaminato dal suddetto arresto è alquanto simile a quello oggetto della presente causa:
nell’ambito di un giudizio sorto da domanda risarcitoria dei danni derivati da un sinistro
stradale, il giudice di pace aveva rigettato la domanda perché secondo le risultanze del PRA
un’auto coinvolta non era di proprietà, in questo caso, della parte attrice; quest’ultima aveva
poi presentato ricorso per cessazione per violazione, appunto, degli articoli 1376, 2721 e 2684
c.c., affermando che – come sintetizza la motivazione dell’arresto citato – “il contratto di
compravendita di un’automobile non richiede la forma scritta ad substantiam, ma si
perfeziona, al pari della vendita di qualsiasi bene mobile, con il semplice consenso di venditore
ed acquirente validamente manifestato (art. 1376 c.c.)”. E il giudice di legittimità ha accolto in
pieno la doglianza, sottolineando che “la eventuale forma scritta è richiesta ai fini della
trascrizione al PRA, la quale non costituisce requisito di validità e di efficacia del trasferimento,
ma un mezzo di pubblicità, inteso a dirimere vari contrasti tra più aventi causa dal medesimo
venditore (e si aggiunge, ai fini dell’imputabilità fiscale del bollo di circolazione e di altri
adempimenti quali la revisione del veicolo). Ai fini della individuazione dell’effettivo proprietario
del veicolo i dati del PRA forniscono elementi meramente presuntivi, i quali possono essere
vinti con qualsiasi mezzo di prova, anche testimoniale”. Nel caso trattato dalla sentenza del
2006, il giudice di pace aveva peraltro ammesso la prova testimoniale, ma poi ne aveva
disatteso, senza motivazione alcuna, l’esito, per cui questa Suprema Corte ha ritenuto “violato
il principio generale del diritto in ordine al trasferimento della proprietà di quel particolare bene
mobile che è l’autoveicolo, trasferimento che non esige la forma scritta ad substantiam, ma la
prova dei consenso delle parti ai fini dell’effetto traslativo. Pertanto la presunzione semplice
che si ricava dai pubblici registri può essere vinta con ogni mezzo di prova, incluse le prove
testimoniali, dovendo la effettiva titolarità essere accertata alla stregua delle regole civilistiche,
relative alla circolazione dei beni mobili, tra cui l’art. 1376 c.c.”

6

ricorrente, ma anche dalla controricorrente che peraltro non la interpreta in modo corretto – ha

Questo arresto, come esso stesso rileva, si inserisce in una stabile corrente interpretativa che
ha sempre riconosciuto l’estraneità della registrazione alla validità e all’efficacia della vendita
dell’automobile, dichiarando che la registrazione del contratto al P.R.A. non è costitutiva
rispetto al contratto stesso, bensì finalizzata a dirimere, tramite il criterio della priorità della
trascrizione, eventuali conflitti tra più acquirenti dallo stesso venditore (v., tra le pronunce
massimate, tutte sulla stessa linea, Cass. sez. 1, 11 gennaio 1999 n. 157 – per cui appunto il
trasferimento di proprietà di un veicolo si realizza per effetto del consenso delle parti, e la

trasferimento ma soltanto un mezzo di pubblicità per risolvere gli eventuali conflitti tra più
aventi causa dallo stesso venditore, per cui, in conformità ai principi generali sull’efficacia
retroattiva dei contratti consensuali, le risultanze del P.R.A. assumono unicamente il valore
della presunzione semplice, superabile con ogni mezzo di prova -; Cass. sez. 1, 1 luglio 1996
n. 5954; Cass. sez. 1, 4 maggio 1994 n. 4315 – per cui l’effettiva titolarità della proprietà di un
automobile va accertata secondo le comuni regole civilistiche, onde l’effetto traslativo della
proprietà si verifica a seguito del mero consenso delle parti ex articolo 1376 c.c., la trascrizione
al P.R.A. assumendo invece il mero effetto di regolamento tra più aventi causa di cui sopra -;
Cass. sez. 1, 15 aprile 1992 n. 4565, citata anche dalla ricorrente; Cass. sez. 1, 10 maggio
1991 n. 5235; trattasi di orientamento tanto consolidato quanto risalente ormai nelle origini:
tra gli arresti massimati, p. es., già Cass. sez. 3, 12 ottobre 1964 n. 2574 e Cass. sez. 3, 16
dicembre 1971 n. 3681 attribuivano alla trascrizione al P.R.A. il valore di mera presunzione,
vincibile con ogni mezzo di prova idoneo, e Cass. sez. 3, 16 febbraio 1965 n. 241 evidenziava
la mera finalità della trascrizione suddetta a dirimere il conflitto tra un’eventuale pluralità di
aventi causa dallo stesso venditore del medesimo autoveicolo).
Proprio perché, allora, viene riconosciuto che ogni mezzo di prova, anche testimoniale, può
vincere il documento rappresentato dal certificato P.R..A., dalla giurisprudenza sopra citata è
d’altronde ben desumibile che il contratto di vendita di autoveicolo non è neppure a forma
scritta ad probationem, dato che, in tal caso la registrazione assurgerebbe a prova scritta (in
tal senso sembra aver argomentato il Tribunale), e l’unico spazio lasciato alla prova
testimoniale sarebbe quello dettato dal combinato disposto degli articoli 2725, primo comma, e
2724 n.3 c.c. In realtà, trattandosi di contratto i cui effetti reali sono collegati al mero
consenso delle parti, la prova dell’esistenza dello stesso dovrà formarsi secondo le regole
ordinarie: e pertanto l’ammissibilità o meno della prova testimoniale del contratto dovrà essere
valutata ai sensi degli articoli 2721 ss. c.c.
il motivo trova quindi fondatezza, e assorbe logicamente il motivo successivo, che sostiene la
legittimazione passiva della stessa Iavicoli anche come responsabile del danno, sempre per
contrastare il rigetto della domanda pronunciato dai giudici di merito sulla base di un preteso
difetto di legittimazione passiva della suddetta.

7

trascrizione dell’atto al P.R.A. non costituisce un requisito di validità o efficacia del

In conclusione, il ricorso, respinti i primi due motivi e assorbito il quarto, deve essere accolto
quanto al terzo motivo, dovendosi cassare la sentenza impugnata in relazione ad esso con
conseguente rinvio allo stesso Tribunale in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia al Tribunale di Torre
Annunziata in persona di diverso magistrato anche per le spese.

Così deciso in Roma il 12 gennaio 2016

Il Consig•re Estenso

Il P

nte

Rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso; accoglie il terzo motivo e assorbibil quarto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA