Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7770 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. II, 05/04/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 05/04/2011), n.7770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.R., M.G., F.G., G.

R., nonche’, nella qualita’ di eredi di C.E., i Sig.ri

A.F., C.F., C.P. E C.

E., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

CICORIA MICHELE;

– ricorrenti –

contro

COM. BACOLI in persona del Sindaco pro tempore Avv. Co.

A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

N. RICCIOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato CAIAZZA BRUNELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SETTEMBRE ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2554/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’Avvocato Cicoria Michele difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’architetto B.R., l’architetto F.G., l’architetto M.G., l’ingegnere G.R. e gli eredi dell’ingegnere C.E. ( A.F., F., P. e E.C.) convenivano in giudizio il Comune di Bacoli chiedendone la condanna al pagamento di L. 629.400.586 a titolo di compenso per lo svolgimento della commissionata attivita’ professionale consistita nella redazione del piano particolareggiato di esecuzione dell’ambito portuale di (OMISSIS).

Il Comune di Bacoli, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda che l’adito tribunale di Napoli, con sentenza 28/5/2003, accoglieva condannando il Comune al pagamento della somma di Euro 164.508,50.

Avverso la detta sentenza il Comune di Bacoli proponeva gravame al quale resistevano gli appellati.

Con sentenza 30/8/2004 la corte di appello di Napoli, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda proposta dagli attori – appellati. Osservava la corte di merito: che effettivamente, come dedotto dall’appellante, il tribunale aveva errato nel promuovere a piano particolareggiato di esecuzione quello che era solo un simulacro di piano; che i piani particolareggiati hanno funzione normativa generale, impongono limitazioni efficaci “erga omnes” (dalle quali scaturisce il potere di espropriare gli immobili necessari per le sistemazioni urbanistiche in essi previste) ed hanno il compito di sviluppare, per limitate porzioni del territorio comunale, i criteri dettati dal piano regolatore generale e di trasformarli in soluzioni concrete; che solo l’approvazione della Regione imprime forza normativa ai piani regolatori generali; che nella specie, come era pacifico, tale approvazione non vi era stata e, comunque, anche se fosse stato trasmesso per l’approvazione, il piano redatto sarebbe stato ritrasmesso al mittente per l’impossibilita’ di ravvisare l’utile collegamento con il piano regolatore generale in virtu’ di quanto previsto dalla L. n. 431 del 1985; che era mancata dall’origine la direttrice alla quale ispirarsi per i dettagli e le specificazioni (costituenti l’essenza del piano particolareggiato di esecuzione) per cui, come sostenuto dall’appellante, le parti avevano stipulato un atto nullo inidoneo, come tale, a generare il diritto al compenso preteso dagli appellati.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Napoli e’ stata chiesta da B.R., F.G., M. G., G.R., A.F., F., P. e C.E. (gli ultimi quattro quali eredi di C.E.) con ricorso affidato a cinque motivi. Il Comune di Bacoli ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano vizi di motivazione sostenendo che dalla lettura della sentenza impugnata non e’ dato comprendere il vizio cui collegare la pronunciata nullita’ del contratto e, in particolare, se per difetto di causa, per vizio di forma, per illiceita’ dell’oggetto o per inesistenza dell’oggetto. La detta incomprensione e’ frutto della volonta’ del giudice di secondo grado di applicare a tutti i costi l’istituto della nullita’ richiamando tutti i potenziali vizi di cui all’art. 1418 c.c. pur non puntualizzandone nessuno. La motivazione posta a base della sentenza impugnata e’ contraddittoria ed e’ anche insufficiente avendo tralasciato alcune eccezioni rilevanti come, ad esempio, quella collegata all’art. 10 concernente l’approvazione del PPR da parte degli Enti ed indicata come condizione meramente potestativa. La corte di appello ha ritenuto l’approvazione del progetto alla stregua di un elemento essenziale del contratto nulla disponendo circa la prospettata condizione. Del pari la corte di merito, con riferimento alla sollevata eccezione di tardivita’ dell’azione di nullita’ esercitata nel secondo grado del giudizio, si e’ limitata a ricollegare il rigetto dell’eccezione a ragioni di “spesa pubblica”.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1418 c.c. in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c. lamentando l’errore commesso dalla corte di appello nel rilevare la nullita’ del contratto stipulato dalle parti inammissibilmente dedotta per la prima volta in sede di gravame – non essendo stata proposta in primo grado ne’ come azione, ne’ come eccezione – con l’introduzione nel dibattito processuale di una pluralita’ di tematiche nuove e differenti rispetto a quelle precedenti. Cio’ ha comportato una “mutatio libelli” ed al riguardo ha errato la corte di appello nel rigettare la proposta eccezione di tardivita’ facendo discendere il superamento della mancata allegazione della nullita’ dalla parte della motivazione della sentenza di primo grado relativa alla “constatazione del carico alla comunita’ della spesa per prestazione inutile”. Da tale argomento non e’ dato comprendere il principio giuridico cui vincolare il rigetto della eccezione di tardivita’ specie se collegato solo alla “inutilita’ della spesa”.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1418 c.c. sostenendo che l’istituto della nullita’ e’ inapplicabile nella specie non sussistendo alcuno degli elementi di cui all’art. 1418 c.c. in quanto i vincoli e gli strumenti paesaggistici di cui alla L. n. 431 del 1985 non potevano – per evidente diversita’ logica e giuridica delle materie affrontate – motivare alcuna nullita’ della convenzione in esame. E’ noto infatti che il Piani Regolatori Generali (PRG) determinano il programma urbanistico relativo all’assetto del territorio comunale, come e’ noto che i Piani Particolareggiati di Esecuzione (PPE) sono strumenti attuativi del PRG in quanto tesi a dare, per una durata minima di dieci anni, effettivo realizzo al programma urbanistico da questo contemplato. Il Piano Territoriale Paesistico (PTP) viceversa e’ di competenza regionale ed ha una funzione particolare e limitata: quella della tutela del paesaggio ed allo stesso devono uniformarsi gli strumenti urbanistici comunali. Sono evidenti le differenze – sia di competenza sia di materia – e la reciproca “indifferenza” tra i tre indicati strumenti. E’ indubbio che il particolare interesse paesistico prevale sul generale interesse urbanistico per cui il PRG deve uniformarsi all’interesse protetto dalla L. n. 431 del 1985, tutelandolo. Uniformare non significa pero’ caducare automaticamente:

il PRG non puo’ essere considerato inoperante a seguito e per effetto della citata legge (come ritenuto dalla corte di appello).

Uniformarsi significa invece fare in modo che i Piani Regolatori gia’ approvati o quelli da approvare si adeguassero ai predetti interesi tutelati anche mediante “varianti” o specifici PPE i quali dovranno tenere in debita considerazione i vincoli paesaggistici. Quindi e’ inaccettabile far discendere dalla mera entrata in vigore della L. n. 431 del 1985 l’effetto automatico de l’intera ed assoluta caducazione di un PRG. Pertanto il PRG del Comune di Bacoli era operante anche a seguito dell’entrata della detta legge per cui ben potevano essere predisposti ed approvati PPE di attuazione del PRG in ossequio anche ai vincoli di cui a tale legge. Ne consegue che il PPE redatto dai professionisti (ed a tanto incaricati dallo stesso Comune di Bacoli) non puo’ essere ritenuto “un simulacro di piano”: sussisteva infatti un PRG ancora valido e da attuarsi con apposito piano da inviare agli organi competenti per il previsto controllo di conformita’.

Con i quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1418 c.c. deducendo che la tesi della corte di appello – secondo cui il progetto redatto dai professionisti non poteva essere ritenuto un PPE non solo perche’ non sussisteva un operante PRG da attuare, ma anche perche’ il progetto non aveva ricevuto (ne’ avrebbe potuto ricevere) l’autorizzazione da parte degli Enti competenti – e’ errata. Infatti la mancanza di un possibile progetto da redigere (ossia la mancanza di un progetto idoneo a formare oggetto del contralto sottoscritto dalle parti) non puo’ materializzare gli estremi della mancanza dell’oggetto di cui all’art. 1418 c.c. allorquando la stessa venga ricollegata solo alla (presunta) non approvazione da parte degli Enti competenti del Progetto redatto. Secondo la corte di appello la mancanza dell’oggetto sussisterebbe “ad initio” perche’ mancante “la direttrice alla quale ispirarsi per i dettagli e le specificazioni che costituiscono l’essenza del PPE”. Tale assunto non e’ condivisibile perche’ subordina l’applicazione dell’istituto della nullita’ non alla presenza dei vizi di cui all’art. 1418 c.c. ma a mere arbitrarie e presuntive considerazioni circa la prevedibile mancata approvazione del PPE. Non puo’ parlarsi di rigetto di un progetto non inviato all’Ente delegato per l’approvazione. Peraltro la mancata approvazione e’ circostanza da verificare dopo la sottoscrizione del contratto stipulato dalle parti per cui il vizio va visto quale funzionale (e non genetico) producendo gli stessi effetti legati alla risoluzione del contratto e non alla nullita’.

L’approvazione puo’ poi qualificarsi al piu’ quale condizione, ossia come un elemento non essenziale del negozio con inconferenza del richiamo alla regola della nullita’, in definitiva l’oggetto del contratto non era ne’ indeterminato, ne’ indeterminabile ed era – al momento della stipula della convenzione – esistente e lecito.

Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1418 c.c. – in relazione all’art. 1425 c.c. e all’art. 180 c.p.c. – e dell’art. 1453 c.c. deducendo che nella specie non e’ applicabile l’istituto della nullita’ posto che gli elementi essenziali del negozio sono tutti esistenti. La corte di appello ha quindi errato nell’applicare il detto istituto potendo al piu’ applicare quello dell’annullabilita’ (per un possibile vizio nel processo interno di formazione della volonta’) o quello della risoluzione (per inadempimento conseguente alla cattiva formulazione del Piano commissionato).

La Corte rileva l’infondatezza dei detti motivi per le ragioni che di seguito vengono esposte con riferimento a ciascuna censura.

1) Dalla lettura della sentenza risulta in modo palese ed inequivoco che la corte di appello ha ritenuto fondato il primo motivo dell’appello proposto dal Comune di Bacoli con il quale – in relazione al contratto del quale i professionisti avevano chiesto l’esecuzione – era stata prospettata la “nullita’ assoluta per illiceita’ dell’oggetto” (pagina 7 della detta sentenza). In particolare la corte di merito ha affermato che le parti avevano stipulato un atto nullo ponendo in evidenza…..a sostegno di detta affermazione – che il piano particolareggiato di esecuzione commissionato dal Comune e redatto dai professionisti incaricati era “solo un simulacro di piano” privo della necessaria forza normativa in quanto inidoneo ad imporre “limitazioni efficaci erga omnes” ed a svolgere il compito di sviluppare i criteri dettati dal PRG trasformandoli in soluzioni concrete: cio’ per l’impossibilita’ di un utile collegamento con il piano regolatore generale procurata dalla previsione della L. n. 431 del 1985. Quindi, al contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti con il primo motivo, il giudice di secondo grado:

a) ha ritenuto che il contratto invocato dai professionisti a sostegno della proposta domanda era nullo per impossibilita’ giuridica dell’oggetto (elemento essenziale e non accidentale del negozio) perche’ in contrasto con norme imperative;

b) e’ pervenuto a tale conclusione all’esito di un collegamento del contratto stipulato dalle parti – con particolare riferimento all’oggetto della convenzione – con la normativa dettata dalla L. n. 431 del 1985, dando conto del motivo di tale collegamento ed esponendo adeguatamente le ragioni del proprio convincimento attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici.

La corte territoriale ha sviluppato le dette argomentazioni dopo aver superato l’eccezione mossa dagli appellati professionisti – relativa alla asserita tardivita’ della questione di nullita’ del contratto di affidamento dell’incarico stipulato dalle parti – facendo riferimento alta rilevabilita’ di ufficio (anche in grado di appello) della nullita’ del detto contratto (profilo oggetto anche del secondo motivo di ricorso) ed aggiungendo, per mera completezza e come osservazione ulteriore e rafforzativa, che gia’ il giudice di primo grado aveva constatato il “carico alla comunita’ della spesa per prestazione inutile”.

2) La corte di merito ha correttamente esaminato nel merito lo specifico motivo di appello relativo alla nullita’ del contratto posto a base della domanda avanzata dai professionisti appellati dopo aver espressamente e ineccepibilmente riconosciuto che si trattava di questione rilevabile di ufficio, in qualsiasi fase del processo, con la conseguenza che la relativa eccezione si sottraeva alle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c. e non soggiaceva alle limitazioni che incontrano la proposizione di domande nuove e la formulazione di nuove eccezioni in senso proprio.

Con tale pronuncia, il giudice di appello si e’ attenuto al consolidato insegnamento di questa Corte, secondo il quale, quando la domanda e’ diretta all’esecuzione di un contratto nullo, la nullita’ puo’ essere dal giudice rilevata d’ufficio ai sensi dell’art. 1421 cod. civ. in qualunque stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attivita’ assertiva delle parti, con i limiti che discendono dal passaggio in giudicato. Tale principio della rilevabilita’ di ufficio della nullita’ del contratto deve essere coordinato con le regole fondamentali del processo, tra cui quella della preclusione derivante da giudicato interno, con la conseguenza che il predetto principio non puo’ essere applicato quando vi sia stata una pronuncia, del primo giudice, non impugnata dalla parte, di validita’ del contratto.

Questa ipotesi, tuttavia, non ricorre nel caso di specie.

3) La corte di appello ha ritenuto nullo il contratto stipulato dalle parti in applicazione del combinato disposto delle norme dettate dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, art. 1 quinquies e bis.

Il primo articolo dispone testualmente:

“LE AREE E I BENI INDIVIDUATI Al SENSI DEL D.M. 21 SETTEMBRE 1984, ART. 2, PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE N. 265 DEL 26 SETTEMBRE 1984, SONO INCLUSI TRA QUELLI IN CUI E’ VIETATA, FINO ALL’ADOZIONE DA PARTE DELLE REGIONI DEI PIANI DI CUI ALL’ART. 1-BIS, OGNI MODIFICAZIONE DELL’ASSETTO DEL TERRITORIO NONCHE’ OGNI OPERA EDILIZIA, CON ESCLUSIONE DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE ORDINARIA, STRAORDINARIA, DI CONSOLIDAMENTO STATICO E DI RESTAURO CONSERVATIVO CHE NON ALTERINO LO STATO DEI LUOGHI E L’ASPETTO ESTERIORE DEGLI EDIFICI”.

Il secondo articolo detta quanto segue:

“CON RIFERIMENTO AI BENI E ALLE AREE ELENCATI dal D.P.R. 24 LUGLIO 1977, N 616, ART. 82, COMMA 2 COME INTEGRATO DAL PRECEDENTE ART. 1 LE REGIONI SOTTOPONGONO A SPECIFICA NORMATIVA D’USO E DI VALORIZZAZIONE AMBIENTALE IL RELATIVO TERRITORIO MEDIANTE LA REDAZIONE DI PIANI PAESISTICI O DI PIANI URBANISTICO – TERRTTORIALE CON SPECIFICA CONSIDERAZIONE DEI VALORI PAESISTICI ED AMBIENTALI, DA APPROVARSI ENTRO IL 31 DICEMBRE 1986.

2. DECORSO INUTILMENTE IL TERMINE DI CUI AL PRECEDENTE COMMA, IL MINISTRO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI ESERCITA I POTERI DI CUI AL D.P.R. 24 LUGLIO 1977, N 616, ARTT. 4 E 82”.

Cio’ posto va rilevato che. come e’ pacifico, all’epoca della conclusione del contratto in esame il Comune di Bacoli rientrava tra quelli indicati nell’apposito elenco ove ogni modificazione dell’assetto del territorio era vietata fino all’approvazione del piano paesistico territoriale da parte della Regione di concerto con il Ministero dei beni culturali ed ambientali. Pertanto il vincolo paesistico imposto dalla L. n. 431 del 1985 precludeva, in assenza di piano paesistico regionale, la possibilita’ di redigere piani attuativi quali il PPE contenenti irrealizzabili (non potendo avere concreta attuazione) modifiche dell’assetto del territorio.

Il piano paesistico stabilisce le direttive in base alle quali dovra’ avvenire la sistemazione del territorio comunale, costituendo altresi’ il presupposto per l’emanazione dei piani particolareggiati di esecuzione, che dovranno, in dettaglio, prevedere la sistemazione delle singole zone secondo le predette direttive.

Va aggiunto che, come e’ noto, il divieto di modificazione dei luoghi, stabilito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 quinquies.

conv. in L. 8 agosto 1985, n. 431, rimane in vigore anche successivamente alla data del 31 dicembre 1986, fissata per l’approvazione da parte delle regioni dei piani di cui all’art. 1 bis dello stesso decreto, essendo connesso non a questo termine, ma a quello finale “incertus quando”, coincidente con l’adozione del piano paesistico da parte della singola Regione, o, in via sostitutiva, da parte dello Stato.

Ne consegue la nullita’ della convenzione in questione per netto ed insanabile contrasto con inderogabili disposizioni di legge.

4) Il PPE redatto dai professionisti – per le considerazioni sopra svolte – era inidoneo a conseguire una qualsiasi possibilita’ di esecuzione sotto il profilo giuridico e concreto sicche’ non avrebbe mai potuto ottenere l’approvazione dalle regione per il rilevato contrasto con la L. n. 431 del 1985. Nella detta impossibilita’ di successiva approvazione del PPE non va ravvisata la mancata realizzazione di una condizione del negozio concluso tra le parti, ma una mera ed inevitabile conseguenza della nullita’ di tale convenzione in contrasto con norme inderogabili.

5) Dal piu’ volte segnalalo contrasto del contratto stipulato dalle parti discende non l’annullabilita’ del negozio (per vizio della volonta’) o la risoluzione contrattuale per inadempimento, bensi’ – come e’ ovvio – la nullita’ per illiceita’ dell’oggetto per contrasto con norme inderogabili di legge.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Per la sussistenza di giusti motivi – ravvisabili. in particolare, tenendo conto del comportamento superficiale tenuto dal Comune nello stipulare il contratto in esame – le spese del giudizio di cassazione vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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