Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7766 del 20/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 7766 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 24177-2012 proposto da:
HDI ASSICURAZIONI SPA 04349061004, in persona del
Sig. MAURO PRINCIPE, Responsabile Direzione sinistri,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI
STROZZI 32, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO
LANIGRA, che la rappresenta e difende giusta procura
2015

a margine del ricorso;
– ricorrente –

1701
contro

GANDOLFI UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA FEDERICO CESI, 72, presso lo studio dell’avvocato

1

Data pubblicazione: 20/04/2016

LUIGI ALBISINNI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati FILIPPO LEGNANI ANNICHINI,
MASSIMILIANO IOVINO giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrant –

MONARI ROBERTO, MONARI MARCELLO, MONARI MAURA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1341/2012 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/03/2012 R.G.N.

1146/11;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 16/07/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato FRANCESCA MARIA ESPOSITO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

non chè contro

I FATTI

La HDI Assicurazioni impugnò la sentenza con la quale il Tribunale
di Bologna, in accoglimento della domanda proposta da Umberto
Gandolfi nei confronti di Paola Scozzari, Roberto Monari e di essa
appellante, aveva condannato i convenuti in solido al risarcimento

sinistro stradale.
La corte di appello di Bologna rigettò il gravame.
Osservo il giudice territoriale, nel confermare la sentenza

di

primo grado, che la liquidazione del danno non patrimoniale
operata dal primo giudice, discostandosi motivatamente dai
parametri risarcitori indicati nelle tabelle milanesi (parametri
che questa Corte ha

indicato

come applicabili, sia pur in via

equitativa, da ogni giudice di merito: Cass.

12408 e Cass. 14402

del 2011), trovava il suo fondamento nella particolarità ed
eccezionalità del caso di specie (ciò che, secondo le stesse
indicazioni contenute nelle predette tabelle, consentiva di
discostarsi dai relativi criteri di quantificazione matematica),
rappresentate:
– quanto alla voce di danno

biologico, rettamente intesa come

cempromissione delle attività dinamico-relazionali del
danneggiato, dalla particolare

rilevanza, tra l’altro,

del

danno estetico, tale da incidere sensibilmente sulla
esistenza del ricorrente sul piano delle relazioni esterne,
tanto più in ragione della sua età;

3

dei gravissimi danni patiti dall’attore in occasione di un

- quanto al pregiudizio psichico, altrettanto rettamente inteso
come danno morale, dalle sofferenze conseguenti ai vari
interventi chirurgici cui egli era stato costretto a causa
della negligenza altrui, ed alla irrimediabile compromissione
del Suo aspetto fisico e del suo stato di salute.

proposto ricorso sulla base di 2 motivi di censura.
Resiste Umberto Gandolfi con controricorso.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
1.11 ricorso è infondato.
1.1.

Con il primo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt.
1226, 2043, 2056 e 2059 c.c. – erroneità

1223,

e iniquità delle somme

conteggiate dalla Corte di appello di Bologna manifesta
illogicità della parte motiva della sentenza.
Il motivo – con il quale si ripongono, nella sostanza, le medesime
doglianze svolte in sede di appello, contestandosi con esse
criteri risarcitori adottati dalla Corte territoriale nella parte
in cui questi risultano palesemente disomogenei rispetto a quelli
generalmente applicabili

alla stregua delle tabelle milanesi – è

privo di pregio.
Esso si infrange, difetti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha
esaustivamente e puntualmente argomentato la propria decisione,
un

canto,

richiamando

per relationem

la ancor più ampia e

convincente motivazione della sentenza di prime cure,

4

da

dall’altro,

Per la cassazione della sentenza della Corte felsinea la HDI ha

evidenziando come la peculiarità e la eccezionalità del caso
concreto consentissero (ed anzi imponessero) una adeguata
personalizzazione del danno.

Anche le voci di danno liquidate – il danno dinamico/relazionale,
corrispondente al radicale sconvolgimento della dimensione della

realtà esterna – tutto ciò che costituisce “l’altro da se stessi”;
la sofferenza morale, scaturente dalla diversa ed intimistica

relazione del soggetto con se stesso – risultano correttamente
individuate dalla Corte di merito e altrettanto correttamente
implementate, rispetto alle tabelle milanesi, con riferimento alla
eccezionalità del caso concreto.
2. La motivazione della Corte di appello, alla luce delle censure
mosse dal ricorrente con il motivo in esame, deve essere peraltro
integrata con le considerazioni che seguono.
2.1 In premessa, va riaffermato, su di un piano generale

(Cass.

4379/2016) che il nostro ordinamento positivo conosce e disciplina
(soltanto) la duplice fattispecie del danno emergente e del lucro
cessante (art. 1223 c.c.) e quella del danno patrimoniale e del
danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.).
La natura unitaria del danno non patrimoniale, espressamente
predicata dalle sezioni unite di questa Corte, deve essere intesa,
secondo tale insegnamento, come unitarietà

rispetto alla

lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non
suscettibile di valutazione economica (Case. ss.uu. 26972/2008).

5

vita quotidiana, e cioè di quel rapporto dell’essere umano con la

Natura unitaria sta a significare che non v’è alcuna diversità
nell’accertamento e nella liquidazione del danno causato dalla
lesione di un diritto costituzionalmente protetto, sia esso
costituito dalla lesione alla reputazione, alla

libertà

religiosa

o sessuale, piuttosto che a quella al rapporto parentale.

liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale, il giudice
di merito deve tener conto di tutte le conseguenze che sono
derivate dall’evento di danno, nessuna esclusa,

con il concorrente

limite dì evitare duplicazioni risarcitorie, attribuendo nomi
diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia
minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti cd.
bagattellari (in tali termini, del tutto condivisibilmente, Cass.
4379/2016).
2.2 L’accertamento e la liquidazione del danno non patrimoniale
costituiscono, pertanto, questioni concrete e non astratte.
2.2.1 Ma, se esse non richiedono il ricorso ad astratte tassonomie
classificatorie, non possono per altro verso non tener conto della
reale fenomenologia del danno alla persona, negando la quale il
giudice rischia di incorrere in un errore ancor più grave, e cioè
quello

di

sostituire una meta-realtà giuridica ad una realtà

fenomenica.
Oggetto della valutazione giudiziaria, quando il giudice è
chiamato ad

occuparsi della persona

e dei suoi diritti

fondamentali, è, nel prisma del danno non patrimoniale,

6

Natura onnicomprensiva sta invece a significare che, nella

sofferenza umana conseguente alla

lesione di un diritto

costituzionalmente protetto.
2.3. Le sentenze del 2008 offrono, in proposito, una implicita
quanto non equivoca indicazione al giudice di merito nella parte
della motivazione ove si discorre di centralità della persona e di

vero e proprio statuto del danno non patrimoniale sofferto dalla
persona per il nuovo millennio.
La stessa (meta)categoria del danno biologico fornisce a sua volta
risposte al quesito circa la “sopravvivenza descrittiva” (come le
stesse sezioni unite testualmente la

definiranno) del cd. danno

esistenziale, se è vero come è vero che “esistenziale” è quel
danno che, in caso di lesione della stessa salute (ma non solo),
si colloca e si dipana nella sfera dinamico relazionale del
soggetto, come conseguenza della lesione medicalmente accertabile.
Queste considerazioni confermano la bontà di una lettura delle
sentenze del 2008 condotta, prima ancora che secondo una logica
interpretativa di tipo formale-deduttivo, attraverso una
ermeneutica di tipo induttivo che, dopo aver identificato
l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello
• costituzionale (oltre alla salute, il rapporto familiare e
parentale, l’onore, la reputazione, la libertà religiosa, il
diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello
all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio
pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione

e

di

libertà religiosa ecc.), consenta poi al giudice del merito una

7

integralità del risarcimento del valore uomo – così’ dettando un

rigorosa analisi ed una conseguentemente rigorosa valutazione, sul

piano della prova, tanto dell’aspetto interiore del danno (la
sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo in pejus
con la vita quotidiana (il danno cd. esistenziale, in tali sensi
rettamente inteso, ovvero, se si preferisca un lessico meno

In questa semplice realtà naturalistica si cela la risposta (e la
conseguente, corretta costruzione di categorie che non cancellino
la fenomenologia del danno alla persona attraverso sterili
formalismi unificanti) all’interrogativo circa la reale natura e
la vera, costante essenza del danno alla persona: la sofferenza
interiore, le dinamiche relazionali di una vita che cambia.
Una indiretta quanto significativa indicazione in tal senso si
rinviene nel disposto dell’art. 612-bis del codice penale, che,
sotto la rubrica intitolata “Atti

persecutori”,

dispone che sia

“punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con
condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare
un perdurante

ingenerare

e grave

stato di ansia

un fondato timore

o

paura

(ovvero da

per l’incolumità propria o di un

prossimo congiunto o di persona al medesimo
affettiva),

di

legata da relazione

ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie

abitudini di vita”.

Sembrano efficacemente scolpiti, in questa disposizione di legge per quanto destinata ad operare in un ristretto territorio del
diritto penale

due autentici momenti essenziali della

8

inquietante, il danno alla vita di relazione).

sofferenza

dell’individuo:

il

dolore

interiore,

e/o

la

significativa alterazione della vita quotidiana.
Danni diversi e perciò solo entrambi autonomamente risarcibili,

se, e solo se,

rigorosamente provati caso per caso,

ma

al di là di

sommarie quanto impredicabili generalizzazioni (che anche il

figlio, può non avere alcuna conseguenza in termini di sofferenza
interiore e di stravolgimento della propria vita di relazione per
un genitore che, quel figlio, aveva da tempo emotivamente
cancellato, vivendo addirittura come una liberazione la sua
scomparsa; che anche la sofferenza più grande che un figlio può
patire, quale la perdita per morte violenta di un genitore, non
implica ipso facto la risarcibilità del danno, se danno non vi fu

perché, da tempo, irrimediabilmente deteriorato il rapporta
parentale).
E se è lecito ipotizzare, come talvolta si è scritto, che la
categoria del danno “esistenziale” risulti “indefinita e atipica”,
ciò appare la probabile conseguenza dell’essere la stessa
dimensione della sofferenza umana, a sua volta, “indefinita e
atipica”.
3. Su tali premesse si innesta la recente pronuncia della Corte
costituzionale, n. 235/2014, predicativa della legittimità
costituzionale dell’art. 139 del codice delle assicurazioni, la
cui (non superficiale o volutamente parziale) lettura conduce a
conclusioni non dissimili.

9

dolore più grave che la vita può infliggere, come la perdita di un

Si legge, difatti, al punto 10.1 di quella pronuncia, che

“la

norma denunciata non è chiusa, come paventano i remittenti, alla
risarcibilità

anche

del danno morale: ricorrendo in concreto i

presupposti del quale, il giudice può avvalersi della possibilità
di

incremento dell’ammontare

del

secondo la

danno biologico,

(aumento del 20t)”.
La limitazione

dell’eventuale liquidazione del danno

ex lege

morale viene così motivata dal giudice delle leggi:

“In un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per

la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata – in cui
le compagnie assicuratrici, concorrendo

ex lege

al

Fondo di

Garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini
solidaristici, l’interesse risarcitorio

particolare del

danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e
sociale, degli assicurati ad avere

un livello

accettabile e

sostenibile dei premi assicurativi – (punto 10.2.2.).
La Corte prosegue, poi, significativamente, sottolineando come
“l’introdotto meccanismo

standard di quantificazione del danno

attinente al solo, specifico e limitato settore delle lesioni di
lieve entità

e coerentemente riferito alle conseguenze

pregiudizievoli registrate dalla scienza medica in relazione ai
primi nove gradi della tabella – lascia comunque spazio al giudice
per personalizzare l’importo risaroitorio risultante
dall’applicazione

delle

suddette

lo

predisposte

tabelle,

previsione e nei limiti di cui alla disposizione del comma 3

eventualmente maggiorandolo fino a un quinto in considerazione
delle condizioni soggettive del danneggiato”.
3.1. La motivazione della Corte non sembra prestarsi ad equivoci.
3.1.2. Il danno biologico da micro permanenti, definito dall’art.
139 CdA come “lesione temporanea o permanente all’integrità psico-

che

esplica un incidenza negativa sulle attività quotidiane e

sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”,
può essere “aumentato in misura non superiore ad un quinto, con
equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del
danneggiato” secondo la testuale disposizione della norma: e il
giudice delle leggi ha voluto esplicitare una volontà legislativa
che, alla luce delle considerazioni svolte, limitava la
risarcibilità del danno biologico da micro permanente ai valori
tabellari stabiliti
l’aumento del

quantum

ex lege,

contestualmente circoscrivendo

risarcitorio in relazione alle condizioni

soggettive del danneggiato e cioè attraverso la
personalizzazione del danno, senza che “la norma denunciata
chiusa al risarcimento anche del danno morale”

sia

al 20% di quanto

riconosciuto per il danno biologico.
3.2. Viene così definitivamente sconfessata, al massimo livello
interpretativo, la tesi predicativa della “unicità del danno
biologico”, qual sorta di primo motore immobile dell’intero
sistema risarcitorio.
Anche all’interno del micro-sistema delle micro-permanenti, resta
ferma (né avrebbe potuto essere altrimenti, non potendo

1]

fisica della persona suscettibile di accertamento medico – legale

giuridiche

sovrastrutture

ottusamente

sovrapporsi

alla

fenomenologia della sofferenza) la distinzione concettuale tra
sofferenza interiore e incidenza sugli aspetti relazionali della
vita del soggetto.
Ma tante dispute sarebbero forse state evitate ad una più attenta

formulazione dell’art. 139 come del 138 del codice delle
assicurazioni nel suo aspetto morfologico (una lesione
medicalmente accertabile), ma diversa in quello funzionale,
discorrendo la seconda delle norme citate di lesione “che esplica

un’incidenza negativa sulla

attività

quotidiana e sugli aspetti

dinamico relazionali del danneggiato”.
Una dimensione, dunque, dinamica della lesione, una proiezione
tutta (e solo) esterna al soggetto, un

vulnus a tutto ciò che è

“altro da se” rispetto all’essenza interiore della persona.
3.2.1. La distinzione dal danno morale si fa dunque ancor più
cristallina ad una (altrettanto attenta) lettura dell’art. 138,
che testualmente la Corte costituzionale esclude dalla portata
precettiva del proprio

decisum

in punto di limitazione

ex

lege

della liquidazione del danno morale.
Il meccanismo standard di quantificazione del danno attiene,
difatti,

“al

solo, specifico, limitato settore delle lesioni di

lieve entità” dell’art. 139 (e non sembra casuale che il giudice
delle leggi abbia voluto rafforzare il già chiaro concetto con
l’aggiunta di ben tre diversi aggettivi).

12

lettura della definizione di danno biologico, identica nella

L’art. 138, dopo aver definito, alla lettera a) del comma 2, il
danno biologico in maniera del tutto identica a quella di cui
all’articolo successivo, precisa poi, al comma 3, che “qualora la
menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici
aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno

e motivato apprezzamento

delle condizioni soggettive

del

danneggiato”.

Lo stesso tenore letterale della disposizione in esame lascia
comprendere il perché la Corte costituzionale abbia specificamente
e rigorosamente limitato il suo dictum alle sole micropermanenti:
nelle lesioni di non lieve entità, difatti, l’equo apprezzamento
delle condizioni soggettive del danneggiato è funzione necessaria
ed esclusiva della rilevante incidenza della menomazione sugli
aspetti dinamico relazionali personali.
Il che conferma, seppur fosse ancora necessario, la legittimità
dell’individuazione della doppia dimensione fenomenologica del
danno, quella

di tipo relazionale,

oggetto espresso della

previsione legislativa in aumento, e quella

di natura

interiore,

da quella stessa norma, invece, evidentemente non codificata e non
considerata, lasciando così libero il giudice di quantificarla
nell’an e nel quantum con ulteriore, equo apprezzamento.
Il che conferma che, al di fuori del circoscritto ed eccezionale
ambito delle micropermanenti, l’aumento personalizzato del danno
biologico è circoscritto agli aspetti dinamico relazionali della
vita del soggetto in relazione alle allegazioni e

13

alle prove

può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento con equo

specificamente

addotte,

del

tutto

a

prescindere

dalla

considerazione (e dalla risarcibilità) del danno morale.
Senza che ciò costituisca alcuna “duplicazione risarcitoria”.
In altri termini, se le tabelle del danno biologico offrono un
indice standard di liquidazione, l’eventuale aumento percentuale

concreto in relazione al

vulnus arrecato alla vita di relazione

del soggetto.
Altra e diversa indagine andrà compiuta in relazione alla patita
sofferenza interiore.
Senza che alcun automatismo risarcitorio sia peraltro predicabile.
3.3. Il sistema risarcitorio del danno non patrimoniale, così
inteso, conserva, dunque, una sua intima coerenza, e consente
l’applicazione dei criteri posti a presidio della sua applicazione
senza soluzioni di continuità o poco ragionevoli iati dovuti alla
specifica tipologia di diritti costituzionalmente tutelati.
Ogni

vulnus

arrecato ad un interesse tutelato dalla Carta

costituzionale si caratterizza, pertanto, per la sua doppia
dimensione del danno relazione /proiezione esterna dell’essere, e
del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza.
E se un paragone con la sfera patrimoniale del soggetto

fosse

lecito proporre, appare delinearsi una sorta di simmetria carsica
con la doppia dimensione del danno patrimoniale, I/

emergente

(danno

“interno”, che incide

danno

sul patrimonio già

esistente del soggetto) e il lucro cessante (che, di quel
patrimonio, è proiezione dinamica ed esterna).

14

sino al 30% sarà funzione della dimostrata peculiarità del caso

Altra significativa conferma della bontà di tale ricostruzione
sistematica della fattispecie del danno alla persona è oggi
offerta

dal progetto di riforma dell’art. 138

del codice delle

assicurazioni, contenuto nel cd. “decreto concorrenza”, il cui
terzo comma distingue, senza possibilità di equivoci, l’aspetto

particolare intensità, prevedendo in tali casi un aumento del
risarcimento, rispetto a quanto previsto nella tabella unica
nazionale, fino al 40%.
4. Nel caso di specie, non sembra seriamente discutibile che tale,
duplice dimensione della sofferenza umana – la compromessa
relazione con il mondo esterno, il

vulnus

arrecato al costante

dialogo con se stessi e al proprio equilibrio interiore – sia
stata correttamente individuata e altrettanto correttamente
valutata dal giudice felsineo, poiché, al di là delle sterili
diatribe terminologiche, sarebbe sufficiente al giudice (a
qualsiasi giudice) dismettere il supponente abito di

peritus

peritorum ed ascoltare la concorde voce della scienza psicologica,
psichiatrica, psicoanalitica, che comunemente insegna,
nell’occuparsi dell’essere umano, che ogni individuo è, al tempo
stesso, relazione con se stesso e rapporto con tutto ciò che
rappresenta “altro da sa”, secondo dinamiche chiaramente
differenziate tra loro, se è vero come è vero che un evento
destinato ad incidere sulla vita di un soggetto può (e viceversa
potrebbe non) cagionarne conseguenze sia di tipo interiore (non a
caso, rispetto al dolore dell’anima, la scienza psichiatrica

15

dinamico relazionale del danno dalla sofferenza psicofisica di

discorre di resilienza), sia di tipo relazionale, ontologicamente
differenziate le une dalle altre, non sovrapponibili sul piano
fenomenologico, necessariamente indagabili, caso per caso, quanto
alla loro concreta (e non automatica) predicabilità e conseguente
risarcibilità.

automatismi, poiché non esiste una tabella universale della
sofferenza umana.
E’

questo il compito cui è chiamato il giudice della

responsabilità civile, che non può mai essere il giudice degli
automatismi matematici ovvero delle super-categorie giuridiche
quando la dimensione del giuridico finisce per tradire apertamente
la fenomenologia della sofferenza.
Compito sicuramente arduo, attesa la dolorosa disomogeneità tra la
dimensione del dolore e quella del danaro, ma reso meno disagevole
da un costante lavoro di approfondimento e conoscenza del singolo
caso concreto o, se si vuole, di progressivo e faticoso
“smascheramento” della narrazione cartacea rispetto alla realtà
della sofferenza umana.
La questione si sposta così sul piano della allegazione e della
prova del danno, correttamente valutata dalla Corte territoriale,
la cui formazione in giudizio postula, va sottolineato ancora una
volta, la consapevolezza della unicità e irripetibilità della
vicenda umana sottoposta alla cognizione del giudice, altro non
significando il richiamo “alle condizioni soggettive del

16

E tali conseguenze non sono mai catalogabili secondo universali

danneggiato” che

legislatore ha opportunamente trasfuso in

il

norma.
Prova che, come efficacemente rammentato della sentenze delle
sezioni unite del 2008, potrà essere fornita senza limiti, e
dunque avvalendosi anche delle presunzioni e del notorio, se del

E di tali mezzi di prova il giudice di merito potrà disporre alla
luce di una ideale scala discendente di valore dimostrativo,
volta che essi, in una dimensione speculare rispetto alla gravità
della lesione, rivestiranno efficacia tanto maggiore guanto più
sia ragionevolmente presumibile la gravità delle conseguenze,
intime e relazionali, sofferte dal danneggiato.
Delle quali, peraltro, va ripetuto, nessun automatismo è lecito
inferire.
Con il secondo motivo,

si denuncia violazione e falsa applicazione

di norme di diritto (artt. 2697 c.c. -;manifesta erroneità e
illogicità
istruttorie,

della

decisione

in

relazione

ovvero alle risultanze della

alle

emergenze

CTU,

vizio di

motivazione della sentenza.
Il motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente all’assunto di parte ricorrente, che lamenta una
pretesa apoditticità della decisione impugnata, asseritamente
“viziata dalla illegittima inferenza di una serie di indimostrate
e opinabili conseguenze”, va osservato che

la parte oggi

resistente ebbe a produrre, sin dal giudizio di primo grado, ampia

documentazione attestante la assoluta gravità ed eccezionalità dei

17

caso, in via esclusiva.

postumi del sinistro, mentre la stessa CTU espletata in primo
grado e richiamata dal giudice di appello non manca di far
riferimento alla complessiva, rilevantissima gravità del
pregiudizio subito dal Gandolfi.
E’ agevole concludere, pertanto, che, nel loro complesso, entrambe

motivo in esame, pur formalmente abbigliate in veste di denuncia
di una pretesa violazione di legge e un di decisivo difetto di
motivazione, si risolvono, nella sostanza, in una (ormai del tutto
inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze
come definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente,
difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della
sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., si
volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze
procedimentali così come accertare

e ricostruite

dalla corte

territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto
inaccoglibili, perché la valutazione delle risultanze probatorie,
al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto
riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel
porre a fondamento del proprio convincimento e della propria
decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel
privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre
(pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del
proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare

18

le censure mosse alla sentenza impugnata nell’intestazione del

e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare
qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai
consolidato quello per cui l’art. 360 n. 5 del codice di rito non
conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di
Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa,

profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle
valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va
ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento valutando le prove (e la relativa significazione),
controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza,
scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei
fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali,
tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il
ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una
deficiente motivazione della sentenza di secondo grado,
inammissibilmente (perché in contrasto con gli stessi limiti
morfologici e funzionali del giudizio di

legittimità) sollecita a

questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai
cristallizzate

quoad effectum)

sì come emerse nel corso dei

precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad
una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un
nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale
ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai
cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, guanto
l’attendibilità maggiore o minore di questa o di guell

19

consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il

ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse
dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al
fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri
desiderata

, quasi che nuove istanze di fungibilità nella

ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente

Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della
soccombenza.
Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in
••••

complessivi euro 10.200, di cui 200 per spese
ra_c_civpky-v; ,thUC Luc
Così deciso in RbMa, li 16.7.2015

kAts- 8-exAut-c,-G

proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA