Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7765 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7765 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 18330-2012 proposto da:
COMUNE NOLE , in persona del Sindaco pro tempore rag.

ROBERTO VIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ATERNO 9, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
PELLICCIARI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARCO ROSSI giusta procura a margine del

2015

ricorso;

– ricorrente –

1100
contro

NOVA CAR SNC DI SPADA P & C , in persona del legale
rappresentante

sig.

PIERO

SPADA,

elettivamente

Data pubblicazione: 20/04/2016

domiciliata in ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio
dell’avvocato LUCIO LAURITA LONGO, che la rappresenta
e difende giusta procura a margine del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 153/2012 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/07/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ANNA MARIA FERRETTI per delega;
udito l’Avvocato LUCIO LAURITA LONGO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROT che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

di TORINO, depositata il 27/01/2012 R.G.N. 2266/10;

I FATTI

Nel maggio del 2007 la s.n.c. Nova Car convenne dinanzi al
Tribunale di Torino il comune di Noie, chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni nella misura di 3.550 euro.
Espose l’attrice:

Gerardo Quaranta, parcheggiata nella piazza V. Emanuele del
predetto comune, era rimasta danneggiata a seguito del crollo
della torre civica campanaria;
– Che il proprietario del veicolo aveva deciso di acquistarne
uno nuovo, e di vendere quello danneggiato al concessionario
Centrauto;
– Che il concessionario aveva incaricato di procedere alle
necessarie riparazioni la carrozzeria Nova Car, alla quale
cedette contestualmente il proprio credito;
– Che il comune e la sua compagnia assicuratrice, Generali
s.p.a., non avevano risarcito il danno.
Il giudice di primo grado accolse integralmente la domanda.
La corte di appello di Torino, investita dell’impugnazione
proposta dall’ente territoriale, la rigettò.
Per la cassazione della sentenza della Corte piemontese il comune
di Noie ha proposto ricorso sulla base di 3 motivi di censura.
Resiste con controricorso la Novacar.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

3

– Che, nel novembre del 2006, l’autovettura di proprietà di

Con il primo motivo,

si denuncia

violazione e falsa applicazione

del disposto degli artt. 83 e 125 c.p.c.; omessa, insufficiente
e/o

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e

decisivo per il giudizio.
Il motivo – che ripropone la medesima doglianza rappresentata in

necessaria sottoscrizione autografa del mandato a margine
dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado da parte della
Nova car – è privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che
l’originale dell’atto di citazione recasse, a margine, il mandato
sottoscritto dal legale rappresentante della Novacar e dal
difensore per autentica.
Posto che l’attestazione dell’ufficiale giudiziario di conformità
tra l’originale dell’atto di citazione e la copia notificata al
comune fa fede fino a querela di falso, e che tale querela non
risulta mai presentata nel corso del giudizio di merito
dall’odierno ricorrente, l’infondatezza del motivo emerge

ictu

°culi, come correttamente rilevato dal giudice di appello.
Con 11 secondo motivo,

si denuncia violazione o falsa applicazione

dell’art. 160 c.p.c.; omessa, insufficiente e/o

contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il motivo – con il quale si lamenta la mancata conoscenza, da
parte del comune, dell’atto introduttivo del giudizio di primo
grado e la conseguente mancata costituzione in quella sede, poiché

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sede di appello, lamentandosi nuovamente l’assenza della

la persona fisica

cui l’atto di citazione fu notificato, Aldo

Cornacchione, qualificato come segretario comunale nella relata di
notifica, non rivestiva in realtà tale qualifica, ricoperta di
converso da Marcello Cornacchione – è infondato.
Correttamente e condivisibilmente la Corte territoriale osserverà,

ricevente l’atto era stato frutto di un mero errore materiale, non
sussistendo alcuna incertezza circa il soggetto destinatario
dell’atto, i.e. il segretario comunale: la stessa persona,
aggiunge la Corte, che ricevette la notifica del verbale di
udienza ammissiva dell’interrogatorio formale –

r

mentre la

eventuale, mancata registrazione dell’atto stesso nel protocollo
comunale poteva ritenersi al più un fatto interno imputabile
all’amministrazione, ma di certo non rilevante ai

fini della

validità della notifica.
Con 11 terzo motivo,

si denuncia violazione e falsa applicazione

dell’art. 2053 c.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto decisivo della controversia.
Il motivo – con il quale il comune lamenta la sua estraneità ai
fatti di causa e la conseguentemente erroneità della declaratoria
di responsabilità a suo carico – non ha giuridico fondamento.
Premessa la correttezza della dichiarazione di inammissibilità
della produzione documentale depositata soltanto in grado di
appello e volta a comprovare una asserita responsabilità di terzi
nel crollo della torre (a tacere della sua irrilevanza ai fini del
decidere: così, motivatamente, la sentenza di appello al

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folio

/

in proposito, che l’erronea indicazione del nome del soggetto

la puntuale e diacronica ricostruzione della complessa vicenda
riguardante il comprovato difetto di manutenzione della torre
campanaria (f. 10 della sentenza impugnata) appare congruamente ed
esaurientemente motivata in punto di fatto, e si sottrae alle
critiche mossele con il motivo in esame.

infrangersi sul corretto impianto motivazionale adottato dal
giudice d’appello dianzi descritto, dacché esse, nel loro
complesso, pur formalmente abbigliati in veste di denuncia di una
(peraltro del tutto generica) violazione di legge e un di decisivo
difetto di motivazione, si risolvono, nella sostanza, in una
(ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di
fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di
merito. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa
Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui
all’art. 360 c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa
lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e
ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata
sentenza censure del tutto inaccoglibili, perché la valutazione
delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra
esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un
apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di
merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento
e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di
altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito
di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non

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Entrambe le censure sono, difatti, irrimediabilmente destinate ad

impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare
le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto
ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale
ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di
diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 n. 5 del

alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della
causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto
il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle
valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va
ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento valutando le prove (e la relativa significazione),
controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza,
scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei
fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali,
tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il
ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una
deficiente motivazione della sentenza di secondo grado,
inammissibilmente (perché in contrasto con gli stessi limiti
morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a
questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai
cristallizzate

sì come emerse nel corso dei

quoad effectum)

precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad
una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un
nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale
ridiscutere

analiticamente

tanto

7

il

contenuto,

ormai

codice di rito non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto

cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto
l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella

ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni

espresse

dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al
fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri
quasi che nuove istanze di fungibilità nella

ricostruzione dei

fatti di causa

fossero ancora legittimamente

proponibili dinanzi al giudice di legittimità.
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della
soccombenza.
Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in
complessivi euro 1900, di cui 200 per spese 0.4 €,Rt
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Così deciso iniPoMa, li 16.7.2015

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