Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7765 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. III, 18/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 18/03/2021), n.7765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32381-2019 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO BORSALINO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO GRASSO;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO TORINO;

– intimati –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

A.F., cittadina (OMISSIS) ha proposto appello avverso la decisione con cui il Tribunale di Torino ha rigettato il ricorso L. n. 286 del 1998, ex art. 31.

La ricorrente aveva agito in giudizio per evitare l’allontanamento dal territorio nazionale, dove era giunta, insieme alle due figlie piccole, per ricongiungersi con il marito, il quale però, nel frattempo, era stato arrestato e poi condannato per un reato di violenza sessuale.

La donna aveva prospettato la situazione di fragilità delle minori, anche in ragione della loro condizione di salute, nonchè il radicamento delle ragazze in Italia, dove entrambe frequentavano le scuole primarie.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso, ritenendo doversi bilanciare l’interesse all’unità familiare con quello all’ordine pubblico ed alla sicurezza nazionale.

La corte di appello ha condiviso l’esito negativo di tale bilanciamento in ragione del fatto che il padre è stato condannato definitivamente e che la madre continua a ritenerlo innocente; che le cure di cui hanno bisogno le minori non è detto che non possano essere attuate in (OMISSIS), che infine non è dimostrato alcun radicamento sul territorio a cagione della giovanissima età delle bambine.

A. ricorre con un motivo. Non v’è costituzione del Ministero.

Diritto

RITENUTO

CHE:

p..- Il ricorso è inammissibile, a prescindere dai motivi su cui è fondato.

Infatti, la procura non indica il nome della persona fisica che l’ha rilasciata. Ora, la procura, come dichiarazione negoziale di conferimento del mandato alle liti, deve necessariamente nel suo contenuto dichiarativo identificare il dichiarante e, dunque, la parte conferente. Se la sottoscrizione è leggibile, il valore della stessa di attribuzione e, dunque, a monte, di identificazione della paternità della dichiarazione, certamente rende superabile la mancanza di indicazione nel testo che esprime il conferimento. Si tratta di un’applicazione del criterio della idoneità al raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. Senonchè, la sottoscrizione del conferente è illeggibile e, pertanto, il vizio che rende la procura nulla e, dunque, tamquam non esset è irrimediabile. Nè può essere superato dall’autenticazione del difensore, che, evidentemente, è del tutto inidonea, dato il tenore della dichiarazione e l’illeggibilità della sottoscrizione autenticata, a superare il difetto di indicazione del conferente.

In altri termini, la certificazione del difensore nel mandato alle liti in calce o a margine di atto processuale riguarda solo l’autografia della sottoscrizione della persona che, conferendo la procura, si fa attrice o della persona che nell’atto si dichiara rappresentante della persona fisica o giuridica che agisce in giudizio, e non altro, con la conseguenza che deve considerarsi essenziale, ai fini della validità della procura stessa, che in essa, o nell’atto processuale al quale accede, risulti indicato il nominativo di colui che ha rilasciato la procura, facendosi attore nel nome proprio o altrui, in modo da rendere possibile alle altre parti e al giudice l’accertamento della sua legittimazione e dello “ius postulandi del difensore. In difetto di queste indicazioni, la procura, ove la firma apposta sia illeggibile, deve considerarsi priva di effetti tutte le volte che il vizio formale abbia determinato l’impossibilità di individuazione della sua provenienza e, perciò, di controllo (anche “aliunde”) dell’effettiva titolarità dei poteri spesi. Da ciò consegue che quando la sottoscrizione illeggibile, nel caso di mandato conferito da una società, sia apposta sotto la menzione della carica sociale, in una procura priva dell’indicazione del nominativo non possa neppure desumersi dall’atto al quale la procura medesima accede, pur ritenendosi che il soggetto astrattamente titolare del potere rappresentativo possa essere indirettamente identificabile attraverso le risultanze del registro delle imprese o con altro mezzo, rimane, in ogni caso, indimostrata l’effettiva provenienza della sottoscrizione dal predetto soggetto, poichè la certificazione dell’autografia, da parte del difensore, non si riferisce – come precisato – anche alla legittimazione e non può di per sè consentire l’individuazione indiretta della persona fisica che ha firmato dichiarandosi dotata del potere di rappresentanza senza indicare il proprio nome, con la configurazione, in definitiva, della nullità dell’atto processuale cui accede siffatta procura (Cass. 13018/ 2006). Non essendo leggibile la sottoscrizione e mancando nel testo della procura il nome del conferente, la procura stessa deve ritenersi nulla, con conseguente inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte da atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo, di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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