Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7764 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. III, 18/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 18/03/2021), n.7764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Pres. di sez. –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33148-2018 proposto da:

N.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

LARGO DI TORRE ARGENTINA, 11, presso lo studio dell’avvocato EMILIO

BOLLEA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA,

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI

PADOVA, MINISTERO DEL LAVORO DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI,

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

nonchè contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUIGI NAPOLITANO, ed elettivamente domiciliata presso

il suo studio in ROMA, via GIROLAMO DA CARPI n. 6;

– controricorrente –

UNIVERSITA’ SACRO CUORE DI ROMA, rappresentata e difesa dagli

avvocati ELENA SAIO, e PAOLO PANARITI, ed elettivamente domiciliata

presso il loro studio in ROMA, VIA CELIMONTANA, 38;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2127/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

C.A. e altri medici ricorrono per la cassazione della sentenza n. 2127 del 2018 della Corte di appello di Roma esponendo che:

– avevano seguito, dal 1999, corsi di specializzazione in relazione ai quali avevano percepito, sino all’anno accademico 2005/2006, la borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991, anzichè la maggior remunerazione di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999, attuativo della direttiva n. 93/16/CEE;

– la borsa di studio non era stata neppure oggetto dell’incremento annuale indicizzato nè della rideterminazione triennale ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6;

– la direttiva del 1993 era diretta ad allineare la categoria a livello unionale anche dal punto di vista retributivo e contributivo;

– l’incremento stabilito nel 1999 era stato differito dall’art. 46 medesimo D.Lgs., quale modificato dal D.Lgs. n. 571 del 1999, art. 8, comma 3, disponendo, nelle more, la perdurante applicazione della disciplina del 1991;

– l’incremento in parola, infine, era stato attuato con D.P.C.M. 7 marzo e D.P.C.M. 6 luglio 2007, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in elusione dell'”acquis”;

-avevano pertanto convenuto la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri della salute, dell’istruzione e università, dell’economia e finanze, e le Università di Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Padova, Cattolica del Sacro Cuore Gemelli di Roma, chiedendone la condanna in solido, in via subordinata a titolo aquiliano, al correlativo pagamento;

– il Tribunale per un verso aveva dichiarato inammissibili gli interventi di alcuni dei ricorrenti che avevano proposto domande fondate sulle medesime ragioni, in quanto estranei al perimetro dell’art. 105 c.p.c., comma 1, e per altro verso aveva rigettato nel merito le residue pretese affermando l’adeguatezza della borsa di studio rispetto agli obblighi comunitari e la natura discrezioriale della scelta legislativa con cui era stato previsto l’incremento, escluso dagli adeguamenti D.L. n. 384 del 1992, ex art. 7, comma 5, convertito dalla L. n. 438 del 1992;

-la Corte di appello confermava l’esclusione della spettanza dell’incremento decorrente dall’anno accademico 2006/2007 per le medesime ragioni, escludendo, inoltre, che la differenziazione ponesse dubbi di ragionevolezza costituzionale, vista la possibilità, per il legislatore ordinario, di disporre un differente trattamento normativo della fattispecie in tempi successivi;

il ricorso si articola in tre motivi ed è avversato da tre controricorsi, dell’Università la Sapienza di Roma, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e delle restanti amministrazioni;

le due Università controricorrenti ha depositato altresì memoria.

Diritto

RILEVATO

Che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 102, c.p.c., poichè la Corte territoriale avrebbe errato mancando di rispondere ai motivi di appello con cui era stato dedotto che il medico C.A. era attore e non interveniente, e, inoltre, che era stata illegittima la statuizione d’inammissibilità degli altri atti d’intervento atteso che si trattava d’interventi litisconsortili diretti a realizzare “ex post” la stessa situazione “ex ante” del litisconsorzio facoltativo, con domande connesse la cui risoluzione dipendeva dalla valutazione di questioni di diritto identiche;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 disp. gen., comma 1; del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 5 del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 37, 39, 41 e 46 del D.Lgs. n. 517 del 1999, art 8 della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 300, degli artt. 234, 249 Trattato CEE, e delle direttive nn. 82/76, 75/363, 75/362, dell’art. 13 direttiva n. 82/76 CEE, dell’art. 1, comma 1, della direttiva 93/16, dei principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con le sentenze 25 febbraio 1999 – causa C-131/97 (Carbonari) e 3 ottobre 2000 – causa C-371/97 (Gozza), del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7 convertito, con modifiche, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 36, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36 poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i ricorrenti avevano maturato una legittima aspettativa di contrattualizzazione venuta meno in elusione della piena attuazione della normativa comunitaria;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 delle disp. gen., comma 1; del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 del D.L. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, della L. n. 488 del 1999, art. 22 e della L. n. 289 del 2002, art. 36 poichè la Corte di appello avrebbe errato negando la spettanza della rideterminazione triennale con funzione perequativa, soggetta a una disciplina differente rispetto a quella dell’adeguamento annuale;

RILEVATO Che:

le Università controricorrenti hanno sollevato, in via di eccezione, una questione preliminare rilevabile d’ufficio, afferendo alla procedibilità o ammissibilità del ricorso, ossia quella della carenza di procura, posto che i ricorrenti richiamano quella, generica e non speciale, in calce all’atto di citazione davanti al Tribunale;

la questione è fondata nei termini che si specificano;

la procura non risulta allegata agli atti prodotti in questa sede da parte ricorrente;

deve osservarsi come la procura in parola risulta rinvenibile nel fascicolo di parte prodotto dall’Università Cattolica, in coerenza con quanto dichiarato a pag. 3 del ricorso, e si connota per un tenore del tutto generico e privo di riferimenti al futuro e allora solo eventuale giudizio di legittimità;

questa Corte ha ripetutamente affermato che la procura per il ricorso per cassazione ha carattere speciale ed è valida solo se rilasciata in data successiva alla sentenza impugnata, attesa l’esigenza di assicurare, in modo giuridicamente certo, la riferibilità della specifica attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa: ne consegue che il ricorso è inammissibile qualora la procura sia conferita a margine dell’atto introduttivo di primo grado, ancorchè per tutti i gradi di giudizio (cfr., in termini, da ultimo, Cass., 27/08/2020, n. 17901);

ne deriva che il ricorso è radicalmente inammissibile;

spese secondo soccombenza;

trattandosi di attività processuale di cui il legale assume la responsabilità esclusiva in mancanza di procura speciale, su di esso grava la pronuncia relativa alle spese processuali, e anche, di conseguenza, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass., 11/09/2014, n. 19226, pag. 12).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’avvocato Emilio Bollea al pagamento delle spese processuali delle due Università controricorrenti e delle restanti amministrazioni controricorrenti, liquidate, per i due enti universitari in Euro 4.500,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali, e per le restanti amministrazioni controricorrenti in 4.000,00 Euro oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte dell’avvocato Emilio Bollea, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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