Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7763 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AUTOQUADRIFOGLIO SRL, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore Sig. D.G., amministratore

delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 118,

presso lo studio dell’avvocato VECCHI MARIA CARLA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROSEO EMI AUSILIA con procura

speciale del dott. Notaio Antonio IOLI in Roma, dell’11/01/2010, rep.

28288;

– ricorrente –

e contro

G.I.M.;

– intimato –

e sul ricorso n. 18803/2006 proposto da:

G.I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PIETRO DELLA VALLE 2, presso lo studio dell’avvocato BALDASSARINI

DESIDERIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GAVOTTI IPPOLITO MARIA difensore di sè medesimo, FANTE LUIGI giusta

delega in calce al controricorso contenente ricorso incidentale;

– ricorrente –

e contro

AUTOQUADRIFOGLIO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 71/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

Sezione Prima Civile, emessa il 25/01/2006, depositata il 22/02/2006;

R.G.N. 1056/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

18/01/2010 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

uditi gli Avvocati Maria Carla VECCHI e Roseo Emi AUSILIA;

udito l’Avv. Ippolito Maria GAVOTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per rigetto ricorso principale,

accoglimento per quanto di ragione dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue. “Con citazione notificata il 14.10.1993 (causa r.g. 4124/93) l’avv. G.I.M., proprietario di immobili siti in (OMISSIS), locati con contratto ad uso commerciale registrato in data (OMISSIS), con durata di sei anni dal (OMISSIS) rinnovabile, alla Autoquadrifoglio di Dogliotti S. e C. s.n.c., conveniva in giudizio la conduttrice davanti al Tribunale di Savona chiedendo dichiararsi la risoluzione del contratto per suo inadempimento all’obbligo contrattualmente pattuito di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria, e per violazione del divieto di subaffitto, e condannarsi la convenuta ai risarcimento dei danni ed alla rimessione in pristino. La convenuta si costituiva e resisteva e proponeva domanda riconvenzionale. Con altra citazione notificata il 15.12.1993, l’avv. G. (causa R.g. 4780/93), sul presupposto degli stressi fatti, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni per mancato rilascio dell’immobile, costituiti dalla mancata locazione ad un prezzo maggiormente remunerativo. .. omissis… La causa, .. omissis… veniva decisa con sentenza n. 577/2005 del 14 – 27.5.2005, che dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice e la condannava all’immediato rilascio ed al risarcimento dei danni, liquidati, sulla scorta della ctu in Euro 39.061,24, oltre rivalutazione e interessi, respingeva le altre domande perchè infondate e non provate, e compensava integralmente tra le parti le spese di giudizio e di ctu. Contro la sentenza proponeva appello davanti a questa Corte la AUTOQUADRIFOGLIO S.R.L. (già Autoquadrifoglio di Dogliotti S. e C. s.n.c.), con citazione notificata il 17.6.2005, chiedendone, previa sospensione della provvisoria esecutività, la riforma con rigetto delle avverse domande per i seguenti motivi…omissis,..La parte appellata si costituiva in giudizio, chiedendo la conferma della impugnata sentenza, resistendo sotto tutti i profili, e proponendo appello incidentale per l’accoglimento delle proprie domande respinte, …omissis……omissis… La causa veniva discussa e decisa all’udienza del 25.1.2006, all’esito della quale veniva data lettura del dispositivo della sentenza”.

Con sentenza 25.1 – 22.2.2006 la Corte d’Appello di Genova decideva come segue.

“.. .Definitivamente pronunciando. In parziale accoglimento dell’appello principale, Condanna Autoagrifoglio s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare all’avv. G. I.M. la somma di Euro 31.428,01, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme annualmente rivalutate a far data dal 1.1.1999 sino all’effettivo soddisfo a titolo di risarcimento dei danni da omessa manutenzione.

Respinge l’appello incidentale e ogni altra istanza, conferma nel resto, Dichiara compensate le spese del grado”.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l..

G.I.M. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale. Quest’ultima parte ha depositato anche nota di deposito documenti ex art. 372 c.p.c..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto disposta la riunione dei ricorsi.

Va poi dichiarata l’inammissibilità ex art. 372 c.p.c. del deposito documenti (v. la nota predetta) ora citato, in quanto trattasi (come si legge nella prima facciata dell’atto) di “…copia della sentenza del Tribunale di Savona n. 907 dell’11.08.2005 munita di certificazione di avvenuto passaggio in giudicato..” e quindi di un documento che non riguarda nè la nullità della sentenza impugnata nè l’ammissibilità del ricorso e del controricorso.

I primi due motivi del ricorso principale vanno esaminati insieme in quanto connessi.

Con il primo motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l. denuncia “ex art 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione di norme di diritto con specifico riferimento alle norme relative alla interpretazione del contratto (art 1362 c.c. e segg.)” esponendo doglianze che possono essere riassunte come segue. La Corte di Appello di Genova nel ritenere condivisibile la sentenza di primo grado, (la quale si è concentrata esclusivamente sul tenore letterale della clausola L la quale recita: “La conduttrice dichiara che gli immobili a lei locati sono in perfetto stato di manutenzione a lei noto e gradito e si impegna a conservarli e riconsegnarli alla fine della locazione nello stesso identico perfetto stato di conservazione, assumendone a proprie spese ed oneri ogni opera di manutenzione e ripristino con rinuncia ad ogni pretesa di rimborso”) ha individuato la reale intenzione delle parti contraenti sulla base di detto tenore letterale ed in particolare dell’uso delle parole ” ogni opera di manutenzione e ripristino”; violando l’art. 1362 c.c..

E’ ben vero che successivamente la Corte di Appello di Genova esamina anche il comportamento delle parti, ma addivenendo ad una totale inversione dei criteri : l’esame del comportamento delle parti anzichè costituire il criterio logico e principe diviene un mero criterio di riscontro e quindi sussidiario e strumentale all’interpretazione effettuata sulla base dell’elemento letterale.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “ex art 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omessa motivazione circa le ragioni in forza delle quali la Corte di Appello di Genova ha ritenuto il dato letterale chiaro ed univoco” lamentando che la Corte di Appello non spiega minimamente quali siano gli elementi sulla base dei quali la clausola L avrebbe un tenore letterale chiaro preciso ed univoco (anche considerato che tale clausola neppure contiene l’espressione manutenzione straordinaria).

I due motivi in esame vanno respinti poichè l’impugnata sentenza si basa su una motivazione immune dai vizi denunciati.

In particolare va rilevato:

-A) che sussiste una esauriente motivazione sia in ordine al predetto “tenore letterale” (basata essenzialmente sull’aggettivo “ogni”) sia in ordine alle altre regole interpretative rilevanti in questione;

-B) che, contrariamente a quanto assume la parte ricorrente, in tema di interpretazione dei contratti, è il comportamento delle parti (anche successivo) alla conclusione del contratto ad avere rilievo interpretativo sussidiario (cfr tra le altre Cass. Sentenza n. 15306 del 29/11/2000; Cass. Sentenza n. 6953 del 14/05/2002 e Cass. Sentenza n. 10719 del 27/10/1998); più precisamente va ribadito il seguente principio di diritto (correttamente applicato dalla Corte di merito): “In tema di interpretazione delle clausole contrattuali, ai sensi dell’art. 1362 c.c., comma 1 e dell’art. 1363 c.c., il giudice non può limitarsi ad una considerazione atomistica delle singole clausole, pur ove le une e le altre possano apparire rappresentative d’una manifestazione di volontà di senso compiuto, ma deve procedere secondo un “iter” che, partendo dall’accertamento del senso letterale di ciascuna, questo poi verifichi nel confronto reciproco e, infine, armonizzi razionalmente nella valutazione unitaria dell’atto. Per contro, il ricorso al criterio del comportamento “complessivo” delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., comma 2, è possibile solo quando quelli letterale e del collegamento logico tra le varie clausole si rivelino inadeguati all’accertamento della comune volontà delle parti”. (Cass. Sentenza n. 12477 del 07/07/2004;

precedenti conformi; Cass. Sentenza n. 17879 del 24/11/2003 e Cass. Sentenza n. 16022 del 14/11/2002).

Con il terzo motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l. denuncia “ex art 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omessa – insufficiente motivazione ovvero contraddittoria motivazione in relazioni a punti decisivi della controversia in quanto fatti e comportamenti delle parti rilevanti ex art. 1362 c.c.” esponendo doglianze che possono essere riassunte come segue. Secondo la Corte di Appello “è emerso dall’istruttoria che il canone pattuito era stato ridotto proprio perchè le spese erano state poste a carico del conduttore e ciò non si giustificherebbe se si fosse trattato della sola manutenzione ordinaria”; ma tale Giudice non precisa da quali elementi istruttori emerga una siffatta riduzione del canone, nè indica di quale misura si sarebbe operata tale riduzione. E in realtà risulta il contrario e cioè che il conduttore oltre al canone pattuito doveva pagare una somma aggiuntiva, dalla scrittura privata intercorsa tra le parti in data (OMISSIS) (uguale data di sottoscrizione del contratto di locazione) ove le originarie parti contrattuali avevano stabilito che il conduttore, a fronte di un pattuito canone di L 300.000, versasse ulteriori L. 200.000, Detto importo, si legge nella scrittura, era versato a titolo di ” …rimborso per le importanti opere di manutenzione già eseguite… unitamente al camme di locazione con le stesse modalità e condizioni…dovrà essere aggiornato…..e verrà corrisposto per tutto il perdurare del contratto e suoi eventuali rinnovi”. La sentenza della Corte di Appello di Genova nega che nel corso del rapporto di locazione la proprietà abbia eseguito lavori di straordinaria manutenzione dell’immobile. Su tale aspetto avrebbe dovuto essere considerata determinante la lettera a firma Avv. G. (OMISSIS) indirizzata all’Autoquadrifoglio ove è scritto testualmente “Come ben sapete nel corrente anno ho dovuto affrontare spese di straordinaria manutenzione per oltre L. 14.000.000”. Invece la Corte, qualifica come innovazioni (e non come lavori di straordinaria manutenzione) i lavori in questione menzionati nella lettera. Alla luce della lettera 15.12.1989 (comportamento successivo certamente rilevante ex art. 1362 c.c.) non pare dubbio che i lavori eseguiti nel 1989 dalla proprietà fossero considerati nella intenzione delle parti come veri e propri lavori di straordinaria manutenzione e da ciò avrebbe dovuto desumersi che essendo stati eseguiti dalla proprietà, non fossero a carico de conduttore.

Il motivo va respinto dato che i vizi denunciati non sussistono.

In particolare la doglianza secondo cui “…tale Giudice non precisa da quali elementi istruttori emerga ima siffatta riduzione del canone.” non considera (ritualmente) il contesto (esplicito ed implicito) della motivazione; ed è quindi inammissibile (prima ancora che priva di pregio) per tale ragione. Quasi tutte le altre doglianze sono inammissibili (prima ancora che privo di pregio) in quanto, al di là della formate prospettazione, in realtà si basano semplicemente su una diversa valutazione delle risultanze processuali (cfr. Cass. n. 9234 del 20/04/2006; Sentenza n. 1754 del 26/01/2007;

Sentenza n. 5066 del 05/03/2007; Cass. Sentenza n. 15489 del 11/07/2007; Cass. Sentenza n, 17477 del 09/08/2007; Sentenza n. 18119 del 02/07/2008; Cass. Sentenza n. 42 del 07/01/2009). Le censure residue sono poi prive di pregio dato che – con riferimento a tutta la sentenza – si è di fronte a tipiche valutazioni di merito della Corte, che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati (cfr, tra le altre Cass. Sentenza n. 42 del 07/01/2009: “La valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegali dalle parti”).

Con il quarto motivo la predetta ricorrente denuncia “ex art 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto con specifico riferimento all’art. 1363 c.c.” lamentando che a pag 8 della sentenza la Corte ha ritenuto di interpretare il contratto intercorso tra l’Avv. G. e la Autoquadrifoglio e in particolare la clausola L relativa alle spese di manutenzione utilizzando un altro contratto di locazione intercorso tra parti diverse e cioè tra l’Avv. G. e la SILMET (società che conduceva in locazione altri locali posti nello stesso compendio immobiliare concesso in locazione all’Autoquadrifoglio ma ubicati al piano sovrastante); mentre gli artt. 1362 e 1363 c.c. impongono di interpretare il contratto facendo riferimento alle clausole del contratto medesimo poichè il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetto rispetto ai terzi.

Anche il quarto motivo è infondato poichè si era di fronte ad; una risultanza istruttoria liberamente valutabile dal Giudice di merito.

Con il quinto motivo l’AUTOQUADRIFOGLlO s.r.l. denuncia ex “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto con specifico riferimento alle norme interpretative del contratto in relazione al momento in cui sorge l’obbligo” esponendo censure da riassumere nel modo seguente. La Corte non ha accolto la tesi interpretativa prospettata dalla conduttrice secondo cui, quand’anche sussistente, l’eventuale obbligo di esecuzione di lavori di manutenzione nell’immobile sorgerebbe solo alla fine della locazione. Infatti, ha scisso in due parti la clausola L del contratto ed ha interpretato separatamente ciascuna delle due parti utilizzando criteri ermeneutici differenti: il Collegio ha proposto un’interpretazione letterale della seconda parte della clausola L (“assumendone a proprie spese ed oneri ogni opera di manutenzione e ripristino con rinuncia ad ogni pretesa di rimborso”) valorizzando il significato del termine “Ogni” mentre per la prima parte (“conduttrice dichiara che gli immobili a lei locati sono in perfetto stato di manutenzione a le noto e gradito e si impegna a conservarli e riconsegnarli alla fine della locazione nello steso identico perfetto stato di conservazione assumendone”) ha fornito un’interpretazione che va oltre il dato letterale non attribuendo alla espressione “alla fine della locazione” alcun significato.

Il motivo quinto deve ritenersi (prima ancora che privo di pregio dato che si è di fronte a tipiche valutazioni di merito della Corte, che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati; v. sopra) inammissibile in quanto le censure della parte ricorrente, al di là della formale prospettazione, in realtà si basano semplicemente su una diversa valutazione delle risultanze processuali (v. sopra).

Con il sesto motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO srl denuncia”… ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: contraddittoria motivazione in relazione alla qualificazione dei lavori svolti dalla società conduttrice” lamentando che la Corte di Appello, incoerentemente qualifica come innovazioni i lavori di rifacimento degli impianti termo – idraulici effettuati dalla proprietà Avv. G. mentre qualifica come straordinaria manutenzione gli analoghi lavori di rifacimento degli impianti elettrici eseguiti dalla conduttrice. La Corte avrebbe dovuto considerare che gli interventi sugli impianti elettrici non potevano non essere a carico dell’Autoquadrifoglio trattandosi di interventi necessitati dalla peculiare attività ivi esercitata; e che quindi si trattava di elemento irrilevante ai fini dell’interpretazione del contratto.

Pure il sesto motivo deve ritenersi, prima ancora che privo di pregio (dato che si è di fronte a tipiche valutazioni di merito della Corte, che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati; v. sopra) inammissibile in quanto le censure della parte ricorrente, al di là della formale prospettazione, in realtà si basano semplicemente su una diversa valutazione delle risultanze processuali (v. sopra).

Con il settimo motivo detta ricorrente denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’entità e precisa individuazione dei lavori da eseguirsi a cura di parte conduttrice” esponendo censure da riassumere nel modo seguente. L’affermazione della Corte secondo la quale i lavori effettuati nell’immobile dall’Avv. G. (quelli di cui alla lettera Avv. G. del 15/12/1989) non assumono rilevanza ai fini interpretativi del contratto perchè relativi all’intero stabile e non solo alla parte locata all’Autoquadrifoglio, sarebbe vera se detti lavori fossero stati eseguiti tutti dall’Avv. G. sulla porzione di immobile non locata all’Autoquadrifoglio, ma poichè essi furono relativi a tutta la porzione locata all’Autoquadrifoglio (e la lettera dell’Avv. G. 15/12/1989 nè la prova inconfutabile) si trattava di un comportamento assolutamente rilevante ex art. 1362 c.c. Inoltre lo stesso Avv. G. ha sempre preteso dalla Autoquadrifoglio l’esecuzione di qualunque opera senza discenderne la tipologia, e senza distinguere se si riferisse alla parte locata, oppure rimasta nella disponibilità esclusiva del proprietario, oppure ad una parte comune.

Il settimo motivo è privo di pregio poichè la motivazione della Corte sul punto in questione si sottrae al sindacato di legittimità essendo immune dai vizi denunciati.

Con l’ottavo motivo detta ricorrente denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 1367 c.c. in relazione alla interpretazione della Clausola C del contratto” criticando l’assunto della Corte (concernente il contenuto della clausola C, che stabiliva che l’eventuale asfaltatura del cortile sarebbe stata a carico degli inquilini) secondo cui la clausola medesima avrebbe avuto ragione d’essere anche ritenendo che il contratto ponesse a carico della conduttrice l’onere di eseguire lavori di straordinaria manutenzione. Mentre invece se veramente le parti avessero intesso porre a carico dell’inquilino tutte le spese straordinarie, la clausola C sarebbe superflua e quindi priva di senso.

Pure l’ottavo motivo è privo di pregio in quanto la motivazione della Corte sul punto in questione si sottrae al sindacato di legittimità essendo immune dai vizi denunciati.

Con il nono motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l. denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: contraddittoria motivazione in relazione interpretazione della Clausola C del contratto” rilevando che secondo detto Giudice “nulla impedisce che le parti, oltre a prevedere l’obbligo di far fronte alle future spese di manutenzione ordinaria e straordinaria abbiano anche individuato in contratto una spesa di manutenzione già attuale, concordando stilla sua necessità”, mentre, per adempiere al suo obbligo di motivazione, la Corte avrebbe dovuto chiarire le ragioni per cui aveva ritenuto che una clausola esplicativa potesse essere collocata prima della clausola che prevede l’obbligo generale.

Anche il nono motivo è privo di pregio in quanto la motivazione della Corte sul punto in questione si sottrae al sindacato di legittimità essendo immune dai vizi denunciati (non era necessario, ai fini dell’adeguatezza della motivazione, che la Corte prendesse posizione su detto punto privo di rilevanza decisiva).

Con il decimo motivo la ricorrente principale denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione in relazione alla valutazione dell’inattendibilità del teste D.P.” lamentando:

– che l’inattendibilità della testimonianza del teste D.P. è stata motivata dalla Corte solo enunciando la circostanza che nel 1992 lo stesso aveva notificato all’Avv. G. atto di citazione volto ad ottenere il pagamento di somme relative ai lavori effettuati nel compendio immobiliare per cui è causa e che il giudizio venne successivamente abbandonato;

– che tale circostanza non è di per sè sufficiente a motivare i giudizio di inattendibilità del teste D.P. in merito alla effettuazione di lavori da parte della proprietà G. nel compendio immobiliare sito in (OMISSIS);

– che secondo una costante massima della giurisprudenza di legittimità, il giudizio circa l’inattendibilità di un teste “può essere formulato solo in base ad una rigorosa valutazione della sua deposizione”;

– che nel caso de quo peraltro non vi è stata alcuna valutazione della deposizione del teste D.P..

Il motivo va rigettato in quanto giuridicamente errato.

Va infatti confermato il seguente principio di diritto: “La valutazione in ordine all’attendibilità di un teste deve avvenire soprattutto in relazione, al contenuto della dichiarazione e non aprioristicamente per categorie, in quanto in quest’ultima ipotesi il giudizio sull’attendibilità sfocerebbe impropriamente in quello sulla capacità a testimoniare in rapporto a categorie di soggetti che sarebbero, di per sè, inidonei a fornire una valida testimonianza, laddove la capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull’attendibilità del teste, operando su piani diversi, atteso che l’una, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura aggettiva (la precisione e completezza delle dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite” (Cass. n. 16529 del 21/08/2004;

Cass. n. 27722 del 16/12/2005; Cass. n, 12362 del 24/05/2006).

Dunque gli elementi che il giudice può e deve valutare sono non solo quelli di natura oggettiva attinenti alla deposizione, ma anche quelli di carattere soggettivo; va peraltro precisato che anche uno solo di questi ultimi, se di ritenuto di particolare rilevanza, ben può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.

La Corte ha fatto buon governo di tale principio di diritto e la doglianza va dunque respinta.

I motivi undicesimo, dodicesimo e tredicesimo vanno esaminati insieme in quanto connessi.

Con l’undicesimo motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa interpretazione di norme di diritto in relazione alla sussistenza del grave inadempimento che comporta la risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c.” lamentando che la Corte ha ritenuto che il presunto inadempimento dell’Autoquadrifoglio fosse tale da integrare gli estremi dell’art. 1455 c.c. per la dichiarazione di risoluzione del contratto, omettendo di verificare l’importanza del mancato adempimento in relazione all’interesse della controparte; e che la Corte avrebbe dovuto considerare che l’inquilino non aveva avuto contezza della pretesa del locatore e quindi non aveva mai avuto una reale percezione del proprio presunto inadempimento. Nè può seriamente ritenersi, per le motivazioni di cui al successivo punto del ricorso che il proprietario Avv. G. avesse realmente costituito in mora il proprio inquilino.

Con il dodicesimo motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l. denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa interpretazione di norme di diritto in relazione alla mancata costituzione in mora del debitore art. 1219 c.c.” lamentando che la Corte di Appello di Genova ha ritenuto non meritevole di accoglimento l’appello proposto da parte Autoquadrifoglio in relazione alla mancata costituzione in mora della conduttrice da parte dell’Avv. G., violando l’art. 1219 c.c. e segg. che impongono al creditore di costituire in mora il debitore; e rilevando che l’unica lettera inviata dal G. alla Autoquadrifoglio porta la data del 12.10.1993 ed è di un solo giorno precedente alla notifica dell’atto di citazione introduttiva della causa.

Con il tredicesimo motivo la ricorrente lamenta “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa interpretazione di norme di diritto in relazione al combinato disposto dagli artt. 1362 e 1455 c.c.” rilevando che la mancala costituzione in mora del debitore, avrebbe dovuto dalla Corte di appello essere considerato altresì quale rilevante comportamento ex art. 1362 c.c. essendo singolare che un così grave inadempimento non fosse mai stato oggetto di formale e pregressa doglianza e/o contestazione e ciò ancor più se si considera la specifica qualifica professionale della parte locatrice.

Anche i motivi in questione sono privi di pregio in quanto la motivazione della Corte si sottrae ai sindacato di legittimità essendo immune dai vizi denunciati (va tra l’altro rilevato che non era necessario ai fini dell’adeguatezza della motivazione che la Corte prendesse posizione su punti privi di rilevanza decisiva).

Con il quattordicesimo motivo l’AUTOQUADRIFOGLIO s.r.l. denuncia “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione in relazione alla esistenza di un grave inadempimento ex art. 1455 c.c.” assumendo: – che la predetta parte motiva della sentenza impugnata si presenta altresì insufficientemente motivata in relazione alla circostanza che il presunto inadempimento di parte Autoquadrifoglio fosse idoneo ad integrare gli estremi de grave inadempimento rilevante ai sensi dell’art. 1455 c.c.;

– che la Corte peraltro ha motivato la sua decisione sul punto risoluzione del contratto solo facendo riferimento al presunto ammontare dei danni riportati dall’immobile che vengono espressamente qualificati come ingenti; mentre avrebbe dovuto indicare quali fossero gli interessi del locatore gravemente: lesi dal danno accertato.

Anche il quattordicesimo motivo è privo di pregio in quanto la motivazione della Corte sul punto in questione (specie se considerata nel suo intero contesto e con riferimento pure alle parti implicite) si sottrae al sindacato di legittimità essendo immune dai vizi denunciati.

Il ricorso principale va dunque respinto.

Il ricorrente incidentale G.I.M., con il primo motivo, denuncia “errore materiale di calcolo nella riduzione del risarcimento da Euro 39.061,24 (come da sentenza di 1^ grado) a Euro 31.428,01 (cfr. pagg. 10 e 11 della sentenza della Corte di Appello).

Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 ovvero n. 5 a seconda che l’aritmetica si consideri una specie di norma giuridica ovvero un dato di fatto da rispettare ai fini di una corretta motivazione” esponendo: – che la Corte ha ridotto di Euro 7.633,23 l’importo liquidato dal Tribunale; – che le voci decurtate (L. 1.380.000, L. 800.000, L. 400.000, L. 6.480.000 e L. 4.320.000) fra loro sommate ammontano però a L. 13.380.000 pari ad Euro 6.910,19; e che pertanto doveva essere riconosciuto un risarcimento di Euro 39.061,24 – Euro 6.910,19 = Euro 32.151,05.

Il motivo deve ritenersi fondato.

Va anzitutto rilevato che di tale motivo, la parte essenziale e preliminare (preliminare anche all'”errore di calcolo”, dato che per parlare di errore occorre prima comprendere l’iter logico – giuridico di una motivazione), pur se parzialmente implicita, consiste nella lamentata impossibilità di capire come nell’impugnata motivazione si sia pervenuti alla determinazione della somma di Euro 31.428,01.

Tale doglianza (ex art. 360 c.p.c., n. 5) deve ritenersi fondata; in quanto in effetti il punto in questione della motivazione è incomprensibile (in particolare non è compiutamente indicato il computo de qua).

Con il secondo motivo G.I.M., in relazione al giudizio R.G. n. 4780/93 (Tribunale di Savona), avente ad oggetto il risarcimento del danno subito dal locatore per il mancato guadagno conseguito al fatto che la conduttrice non ha rilasciato l’immobile a far data dell’intervenuta risoluzione (12.10.93), denuncia “violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) e/o erronee e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5)” esponendo doglianze da riassumere come segue. Il magistrato di prime cure aveva posto al CTU il seguente quesito: “Determini, infine, il canone corrente di mercato per la locazione del compendio immobiliare de quo alla data del 10.01.1980”. Nel contratto di locazione è previsto un corrispettivo mensile di L. 300.000. Il CTU, sia pur riduttivamente, aveva stabilito che il canone mensile alla data del 10.01.1980 avrebbe dovuto ammontare a L. 3.800.000. E’ quindi provato per tabulas una “differenza – canone” mensile, tra quello corrente di mercato e quello praticato nel 1980 di L. 3.500.000. Lo stesso D.S. ha riconosciuto nell’interpello reso all’udienza 27.09.2001 che la Autoquadrifoglio versava un corrispettivo abbondantemente al di sotto del prezzo di mercato. All’epoca riferì:

“Ricordo di aver pagato un affitto abbastanza basso essendo una delle parti locatarie il figlio della proprietaria”. Il canone corrente di mercato, rivalutato secondo gli indici ISTAT al momento dell’intervenuta risoluzione contrattuale 12.10.2003, ammontava a L. 12.253.233 mensili, come emerge dal conteggio (prod. n. 6 fascicolo di parte nel giudizio davanti la Corte di Appello). Dunque in tale epoca l’Autoquadrifoglio versava un corrispettivo mensile inferiore al prezzo di mercato di L. 9.067.708. (L. 12.253.233 – L. 3.185.525= L. 9.067.708). Questo è – mensilmente – il danno patito in questione. Parte locatrice, nel giudizio di primo grado, ha fornito prova testimoniale del geom. P.M., che, all’epoca, la Sidis Penice (marchio Gulliver) aveva offerto di affittare i locali de quibus al canone mensile di L. 10.000.000 (che, come si evince, era, all’incirca, il canone corrente di mercato debitamente rivalutato). Tale circostanza viene confermata dalla missiva Sidis Penice 18.01.1994 inviata alla conduttrice. Identica proposta venne inviata dalla Lombardini discount S.p.a. con missiva 28.06.1094, il contratto, estremamente vantaggioso per la proprietà, non si potè stipulare perchè la Autoquadrifoglio non abbandonò i locali a tempo debito.

Il motivo va accolto.

Nell’impugnata decisione si legge quanto segue:

“Quanto alle valutazioni del ctu – a parte la considerazione che sono riferite all’epoca di espletamento della ctu, e non riferite all’epoca della risoluzione, i cui effetti risalgono alla data della domanda -, trattasi, evidentemente, di vantazioni basate su generiche considerazioni di mercato, che non soddisfano i requisiti di specificità della prova, richiesti per il riconoscimento del maggior danno di cui all’art. 1591 c.c..

Quanto alle dichiarazioni testimoniali, si tratta di dichiarazioni di un consulente di parte che, nell’ambito degli accertamenti commessigli dalla parte ha appreso dell’esistenza di offerte di conduzione della Sidis, Peraltro, le dichiarazioni testimoniali circa il canone offerto dalla Sidis, e quello indicato nella lettera di quest’ultima, risalente al 1994 e prodotta in sede di appello nel 2005, non coincidono, mentre non indicato è l’ammontare del canone dell’altro soggetto interessato alla conduzione, di cui all’altra lettera, pure risalente all’epoca e prodotta nel 2005, mentre in nessuna delle lettere è specificato se l’offerente avesse visionato gli immobili, in allora occupati dall’Autoquadrifoglio, anche all’interno, ed avesse quindi piena cognizione delle loro caratteristiche.

Ancora, va considerato che gli importi del canone di mercato indicato dal ctu si avvicinano a quelli indicati dal geom. P.M., ma sono riferiti ad un’epoca di quattro anni successiva a quella delle offerte, il che ulteriormente conferma”.

Circa tali valutazioni va rilevato quanto segue:

-A) le risultanze processuali concernenti la dimostrazione di un qualsivoglia fatto vanno valutate nel loro complesso, essendo ben possibile che: singolarmente considerate siano non decisive ma acquistino valore decisivo se considerate nel loro insieme; rientrava ovviamente nel giudizio di merito spettante alla Corte (motivando adeguatamente) ritenere le risultanze disponibili nella presente causa idonee o no a dimostrare l’assunto in questione; ma avrebbe dovuto comunque prenderle in esame con una valutazione complessiva. A tal proposito, con riferimento alle doglianze ex art. 360 c.p.c., n. 3 (anche nelle loro parti implicite) va precisato che la giurisprudenza citata nell’impugnata decisione che parla della necessità di dimostrare la diminuzione patrimoniale in questione (solo) “….attraverso la prova dell’esistenza di ben precise proposte d’affitto o di acquisto, ovvero di,altri, concreti propositi di utilizzazione…” (v. alle pagg. 13 e 14 della sentenza) è stata superata dalla giurisprudenza successiva secondo la quale “La materia di danni per ritardata restituzione ex art. 1591 c.c., trattandosi di responsabilità del conduttore di natura contrattuale, il danno deve essere rigorosamente provato nella stia esistenza, e nel suo preciso ammontare dal locatore; a tal fine è utilizzabile qualsiasi mezzo di prova, comprese le presunzioni, le quali non solo devono essere gravi precise e concordanti, ma debbono essere anche idonee a provare in concreto il danno del locatore, non essendo sufficiente invocarle in astratto, al solo scopo di provare un maggior canone di mercato” (Cass. Sentenza n. 8071 del 31/03/2007).

-B) dalla motivazione non emerge chiaramente se secondo la Corte ogni C TU. volta a stabilire l’entità del canone di mercato in cause concernenti l’art. 1591 cit. è sempre e comunque irrilevante in quanto comunque inidonea a soddisfare i suddetti requisiti di specificità della prova; o se lo è solo con riferimento a specifiche peculiarità della fattispecie concreta in esame; ed in tale secondo caso se il C.T.U. ha risposto o meno con precisione al quesito postogli; e perchè, anche nel caso vi fosse stato un errore di qualche anno con riferimento all’epoca alla quale ha fatto riferimento, la sua indicazione non avrebbe potuto comunque offrire una valida base per una valutazione (eventualmente anche ex art. 1226 c.c.).

-C) dalla motivazione non emerge se i testi siano stati considerati radicalmente inattendibili (ma in tal caso si sarebbe dovuto precisare perchè); o se talune risultanze siano stata ritenute inidonee a costituire piena prova solo a causa della non perfetta coincidenza dei dati forniti. Soprattutto non è ben chiaro se la Giudicante ha ritenuto provato che sussistevano precise proposte (più d’una o quanto meno una sola) di locazione e che quindi era provato che il bene era in concreto suscettibile di produrre un reddito superiore rispetto a quello in realtà corrisposto, ma è stata la molteplicità di risultanze in ordine a detto reddito superiore che lo ha condotto a rigettare la doglianza. In tale ultimo caso intatti sarebbe stato necessario spiegare perchè non è stato ritenuta raggiunta la prova in questione con riferimento al reddito di mercato più basso tra quelli emergenti (o facilmente deducibili) dalle risultanze di causa.

Sulla base dei rilievi che precedono (tutti esplicitamente od implicitamente oggetto dei motivi di ricorso) deve concludersi che la motivazione contenuta nel l’impugnata decisione è costituita da un percorso argomentativo logicamente non compiuto e esauriente, e deve quindi ritenersi insufficiente. Detto percorso deve inoltre ritenersi viziato in diritto per non aver correttamente applicato il principio di diritto sopra indicato (Cass. Sentenza n. 8071 del 31/03/2007).

Il ricorso incidentale va dunque accolto.

L’impugnata sentenza va cassata in relazione a detto accoglimento e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

A detto Giudice del rinvio va rimessa anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale e cassa in relazione l’impugnata sentenza; rinvia la causa, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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