Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7755 del 27/03/2017


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Cassazione civile, sez. un., 27/03/2017, (ud. 27/09/2016, dep.27/03/2017),  n. 7755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9082-2014 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA C. BECCARIA 29, presso l’Avvocatura dell’Istituto stesso,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO MANGIAPANE, per delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A., B.G., B.R.M., in proprio e

nella qualità di eredi di B.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PILO ALBERTELLI 1, presso lo studio

dell’avvocato EMANUELA ROANI, rappresentati e difesi dall’avvocato

FRANCESCA MACCIONI, per delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7509/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’01/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. BIAGIO VIRGILIO;

uditi gli avvocati Filippo MANGIAPANE e Francesca MACCIONI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per il rigetto del ricorso con ulteriore versamento

del contributo unificato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.A., B.R.M. e B.G., in qualità di eredi di B.R., proposero ricorso al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo la condanna dell’INPDAP alla restituzione della somma di Euro 17.508,35, trattenuta dall’ente, dal 1996 al 2005, a titolo di IRPEF quale sostituto d’imposta, sulla pensione di riversibilità ad essi corrisposta, erroneamente assoggettata a ritenuta sull’intero importo, anzichè solo sulla quota del 60% spettante alla vedova.

Il Tribunale adito, rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal convenuto (il quale aveva sostenuto che la controversia fosse devoluta alla giurisdizione del giudice tributario) accolse la domanda.

L’appello proposto dall’INPDAP (ora INPS) è stato rigettato dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 7509/13, depositata 1’1 ottobre 2013.

In particolare, la Corte ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione che l’appellante aveva nuovamente proposto, questa volta sostenendo la tesi dell’appartenenza della causa alla giurisdizione della Corte dei conti.

Ha ritenuto il giudice d’appello che “la giurisdizione in materia pensionistica è circoscritta ai ricorsi inerenti la sussistenza e la misura del diritto a pensione a carico totale o parziale dello Stato, sicchè esula dalla giurisdizione del giudice contabile “ogni controversia relativa alle trattenute operate indebitamente o meno dal datore di lavoro in veste di sostituto d’imposta, nei confronti del dipendente a titolo di ritenuta d’acconto per imposta IRPEF”, atteso che in siffatta controversia non viene in esame un rapporto pensionistico, ovvero un recupero di somme indebitamente corrisposte o trattenute o di assegni accessori al trattamento pensionistico”.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS.

3. F.A., B.R.M. e B.G. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ eccepita dai controricorrenti l’inammissibilità del ricorso per violazione dei principi di ragionevole durata del processo e di divieto di abuso del diritto, il cui rilievo costituzionale dovrebbe condurre ad interpretare l’art. 37 c.p.c. nel senso di precludere a una parte la possibilità di reiterare per la terza volta dinanzi a questa Corte l’eccezione di difetto di giurisdizione già rigettata sia in primo che in secondo grado. Viene, in subordine, sollevata questione di legittimità costituzionale della norma citata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.

La giurisprudenza di queste Sezioni Unite sull’art. 37 c.p.c., per il profilo che qui interessa, è pervenuta ad affermare (anche nell’ottica del bilanciamento tra il valore costituzionale del giudice precostituito per legge e quello dell’ordine e della speditezza del processo) che è consentito alle parti di impugnare le sentenze di primo e di secondo grado per difetto di giurisdizione, salvo che: a) quanto alle sentenze di primo grado, l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice sia rimasto soccombente nel merito, poichè in tal caso egli non è legittimato ad interporre appello per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto, non essendovi soccombenza su tale autonomo capo della decisione (Cass. Sez. U. 20/10/2016, n. 21260; 19/1/2017, n. 1309); b) per le sentenze di appello, non debba ritenersi formato il giudicato interno, esplicito o implicito, sulla giurisdizione (Cass. Sez. U. 9/10/2008, n. 24883; 18/12/2008, n. 29523; 28/1/2011, n. 2067).

Poichè nessuna di dette ipotesi ricorre nel caso di specie, l’eccezione di inammissibilità del ricorso va disattesa e la questione di legittimità costituzionale deve ritenersi manifestamente infondata.

2.1. Con l’unico motivo proposto, l’INPS denuncia la violazione dell’art. 37 c.p.c. e del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 62 insistendo nella tesi dell’appartenenza della controversia alla giurisdizione della Corte dei conti, quale giudice del rapporto, inerente a pensione pubblica.

Il ricorso è fondato.

2.2. Secondo il più recente e ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, le controversie tra sostituto d’imposta e sostituito, relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate direttamente dal sostituto, volontariamente o coattivamente, non sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario, trattandosi di diritto cui resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario (Cass. Sez. U. 26/6/2009, n. 15031; 8/4/2010, n. 8312; 8/11/2012, n. 19289).

Una volta esclusa, quindi, la giurisdizione del giudice tributario, va individuato il giudice del rapporto, munito della relativa giurisdizione.

2.3. A tale riguardo, è altrettanto consolidato il principio in virtù del quale spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei conti, a norma del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62 tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato, ancorchè non sia in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano l’importo (tra altre, Cass. Sez. U. 16/1/2003, n. 573; 27/2/2013, n. 4853; 9/6/2016, n. 11849).

In sostanza, poichè la Corte dei conti giudica sui ricorsi “in materia di pensione in tutto o in parte a carico dello Stato” (R.D. n. 1214 del 1934, art. 13), in questo ambito la sua giurisdizione è esclusiva e ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al diritto alla pensione dei pubblici dipendenti (Cass. Sez. U. n. 11849 del 2016, cit.).

La presente controversia rientra tra queste, poichè l’ammontare della ritenuta fiscale operata dall’INPS sulla pensione di riversibilità corrisposta ai controricorrenti (da essi contestato perchè determinato in misura superiore al dovuto) attiene al loro trattamento pensionistico e il giudice del rapporto è, quindi, il giudice contabile.

Resta aperta la questione dell’individuazione del giudice munito della giurisdizione nel caso in cui – a differenza di quello in esame – sia l’INPS ad agire nei confronti del pensionato per ottenere la restituzione di somme ritenute erroneamente versate, in relazione al quale queste sezioni unite hanno affermato l’appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario, sulla base della qualificazione dell’azione come ripetizione di indebito (Cass. Sez. U. 27/10/2011, n. 22381).

3. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e va dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti, dinanzi alla quale le parti vanno, pertanto, rimesse.

4. La menzionata complessiva evoluzione giurisprudenziale, ivi compreso il precedente da ultimo citato, induce a disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti, dinanzi alla quale rimette le parti. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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