Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7753 del 08/04/2020

Cassazione civile sez. III, 08/04/2020, (ud. 20/12/2019, dep. 08/04/2020), n.7753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10017/2018 proposto da:

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANTA TERESA 23, presso lo

studio dell’avvocato MAURIZIO HAZAN, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato STEFANO TAURINI;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato LUISA GOBBI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO LEARDINI;

– controricorrente –

e contro

M.L., V.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 950/2017 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 26/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/12/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

C.R. conveniva V.P., M.L., nonchè la Vittoria Assicurazioni, s.p.a., domandando il risarcimento dei danni per lesioni personali subite a seguito di un incidente stradale;

dopo un accertamento tecnico preventivo, il Giudice di pace adito accoglieva la domanda accertando, in particolare, il 2% di danno biologico afferente al rachide cervicale, e liquidando anche il danno morale nella misura di un terzo del danno permanente;

il Tribunale accoglieva solo parzialmente l’appello rilevando che, anche senza la possibilità di un referto attestante direttamente il pregiudizio al rachide cervicale, il danno biologico era stato accertato in modo obiettivo sul piano medico legale, in base a rilievi clinici e alla valutazione diagnostica delle complessive verifiche strumentali effettuate, mentre il distinto danno morale da sofferenza, normalmente sussistente nell’ipotesi di lesioni fisiche, era stato liquidato oltre il limite di legge di un quinto, cui invece andava ricondotto;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Vittoria Assicurazioni, s.p.a., articolando due motivi;

resiste con controricorso C.R.;

le suddette parti hanno depositato memorie.

Considerato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 139, comma 2, ultimo periodo, poichè il Tribunale avrebbe errato:

a) nell’omettere di applicare la norma quale riformata dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, già in vigore al momento della pubblicazione della sentenza di appello avvenuta il 26 settembre 2017, e affermando, quindi, la risarcibilità di danni da lesioni personali di lieve entità – ai sensi del c.a.p., codice delle assicurazioni private – seppur non suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo;

b) nel non applicare comunque correttamente anche la precedente disciplina dettata dal D.L. n. 1 del 2012, art. 32, commi 2 ter e 2 quater, convertito dalla L. n. 27 del 2012, già impositiva, per il riconoscimento del suddetto danno biologico permanente da lesione di lieve entità, degli accertamenti richiamati sub a), ferma restando, per tutti i danni da lesioni, anche temporanee, di lieve entità di cui all’art. 139 c.a.p., la necessità di un riscontro medico legale da cui risultasse visivamente o strumentalmente il pregiudizio fisico lamentato;

c) nel mancare di rilevare che l’esposta ricostruzione ermeneutica sarebbe stata avallata dalla Corte costituzionale, sentenza n. 235 del 2014 e ordinanza n. 242 del 2014, e sarebbe stata compatibile con la giurisprudenza unionale, esemplificata dall’arresto 23 gennaio 2014 in causa C371/12 della Corte di giustizia, che aveva ammesso diversi criteri di risarcibilità per i danni da lesioni personali conseguenti a incidenti stradali, anche meno favorevoli di quelli per lesioni personali correlate e sinistri differenti;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 139, comma 3, c.a.p., poichè il Tribunale avrebbe errato accordando in via accessoria il danno morale prescindendo dall’accertata esistenza di conseguenze pregiudizievoli ulteriori e diverse da quelle fisiche.

Ritenuto che:

1. il primo motivo è infondato;

questa Corte ha chiarito che i criteri di accertamento del danno biologico evocati stanno complessivamente a intendere la necessità di condurre a una obiettività dell’accertamento medico legale, sia che riguardi le lesioni sia che concerna i relativi postumi (Cass., 26/09/2016, n. 18773);

è stato precisato (Cass., 19/01/2018, n. 1272; conf.: Cass., 11/09/2018, n. 22066, Cass., 28/02/2019, n. 5820, Cass., 24/04/2019, n. 11218) che le modifiche legislative del 2012 hanno assunto come obiettivo quello di rimarcare l’imprescindibilità di un rigoroso accertamento dell’effettiva esistenza delle patologie in parola, anche quando normativamente di modesta entità, e cioè con esiti permanenti contenuti entro la soglia invalidante del 9 per cento;

il legislatore, cioè, ha voluto dettare una norma che, in considerazione dei possibili margini di aggiramento, in specie per suggestione anamnestica, della prova rigorosa dell’effettiva sussistenza della lesione e del postumo, imponga viceversa una prova idonea;

ciò è del tutto ragionevole se si riflette sul fatto che le richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità sono, ai fini statistici che assumono grande rilevanza per la gestione del sistema assicurativo, le più numerose, sicchè, nonostante il loro modesto contenuto economico, esse comportano comunque ingenti costi collettivi;

e in questa cornice è stato sottolineato (Cass., n. 1272 del 2018, cit., p. 3.2., secondo capoverso) che anche la Corte costituzionale, tornando ad occuparsi della materia, dopo la sentenza n. 235 del 2014 (pronuncia d’infondatezza), con l’ordinanza n. 242 del 2015 (arresto di manifesta infondatezza), ha avuto modo di chiarire che il senso della normativa del 2012 è quello di impedire che l’accertamento diagnostico ridondi in una “discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati”, anche in considerazione dell’interesse “generale e sociale degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi”: il che conferma l’esigenza economica di un equilibrio tra i premi incassati e le prestazioni che le società di assicurazione devono erogare;

1.1. ciò posto, come chiarito ripetutamente da questa Corte con arresti di cui parte ricorrente nella memoria si mostra consapevole (cfr., nello stesso senso, Cass., 18/04/2019, n. 10816, Cass., 18/04/2019, n. 10819, menzionata pure nella memoria del controricorrente), il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere non può essere inteso, però, nel senso che la prova della lesione e del postumo debba essere fornita esclusivamente con un referto strumentale, posto che è sempre l’accertamento medico legale corretto, tale riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale di postumo sia ad essa ricollegabile;

un accertamento medico non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a diversi dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo e del conseguente pregiudizio dev’essere conforme a criteri di ragionevolezza, rispetto alla tutela su cui incide;

la norma positiva, dunque, va letta nel senso della richiesta di un accertamento rigoroso in rapporto alla singola patologia, tenendo presente che vi possono essere situazioni nelle quali, data la natura della patologia e la modestia della lesione, l’accertamento strumentale risulta, in concreto, l’unico in grado di fornire la prova idonea che la legge sottolinea disciplinando la fattispecie (cfr., sul punto, ancora più di recente, Cass., 28/11/2019, n. 31072);

l’eventualità di cui sopra è quella del caso in scrutinio, nel quale si discute di una tipica patologia da incidente stradale, cioè la lesione del rachide cervicale;

in questa ipotesi l’accertamento non può dirsi effettuato sulla base del dato puro e semplice – e in sostanza non verificabile – del dolore più o meno accentuato che il danneggiato riferisca;

l’accertamento clinico strumentale, in simili casi, sarà, con ogni probabilità, lo strumento decisivo che consentirà al consulente tecnico giudiziale di rassegnare al giudice una conclusione scientificamente supportata, fermo restando il ruolo insostituibile sia della visita medico legale che dell’esperienza clinica;

parte ricorrente, sempre in memoria, richiama l’arresto di Corte Cost., 18 aprile 2019, n. 98, che si è pronunciata sulla ribadita legittimità costituzionale dell’art. 283 c.a.p., nella parte in cui prevede “(i)n caso di danni gravi alla persona, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all’importo di Euro 500, per la parte eccedente tale ammontare”, affermando che le esclusioni risarcitorie che residuano dalla norma, conforme agli indirizzi precettivi unionali, sono ragionevolmente volte a prevenire possibili frodi, simmetricamente al vigente “art. 139, come… sostituito dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 19 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza)” in cui è previsto “che le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”;

“quindi, attualmente” ha proseguito la Consulta, “nell’art. 139 occorre distinguere tra lesioni micropermanenti di incerta accertabilità, il cui danno non patrimoniale non è risarcibile (come danno assicurato), e lesioni micropermanenti che invece sono ritenute – dal legislatore che ha novellato la disposizione – adeguatamente comprovate e quindi tali da escludere plausibilmente il rischio che siano simulate”;

questa Corte, al riguardo, ha già evidenziato (Cass., n. 31072 del 2019, cit., pag. 11) che queste indicazioni argomentative della Consulta non spostano la sopra ricostruita conclusione nel senso preteso dal ricorrente per cui il parametro causale non sarebbe più, in tal caso, quello del “più probabile che non” ma dell’esclusione, “oltre ogni ragionevole dubbio”, della “incerta accertabilità”;

si tratta, più semplicemente, di proporzionare il tipo di danno, come in ogni caso, alle verifiche istruttorie da compiersi, non esistendo alcun pregiudizio d’incerta accertabilità che sia risarcibile, e non afferendo questa puntualizzazione al nesso causale in materia civile;

1.2. questa Corte, poi, ha chiarito altresì che:

sopravvenuti criteri legali di liquidazione del danno alla salute sono immediatamente applicabili senza che venga in gioco alcuna retroattività in ragione dell’antecedente commissione dell’illecito fonte del pregiudizio, non comportando quelli una modifica degli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, negando o impedendo il risarcimento di conseguenze dannose già realizzate (Cass., 11/11/2019, n. 28990), ma, al contempo, non si può viceversa addossare alla parte danneggiata un onere probatorio inesistente al momento in cui il giudizio viene promosso (Cass., n. 1272 del 2018, cit., p. 3.3);

1.3. ciò posto, è del tutto evidente che la modifica legislativa dell’agosto 2017, che ha abrogato dell’art. 32, il comma 3 quater, e ha fissato nell’art. 139, comma 2, c.a.p., i canoni di accertamento per le lesioni in parola (qual è il 2% di danno biologico) nei termini della suscettibilità dell’accertamento clinico strumentale obiettivo (ovvero visivo con riferimento a lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazione) non ha mutato il quadro di riferimento, semplicemente riordinato nella sua collocazione normativa (Cass., 16/10/2019, n. 26249, p.1.5, menzionata nelrincipit” della memoria di parte controricorrente);

così come è evidente che, nella fattispecie in delibazione, i canoni normativi ricostruiti non sono stati violati posto che il giudice, se da una parte ha indicato che la lesione al rachide cervicale non era attestata come tale e direttamente da un referto, la sua diagnosi era stata evinta con sicurezza da una plurima serie di rilievi clinici ed esami strumentali, tra cui la radiografia del rachide cervicale e lombosacrale, e l’ecografia della spalla sinistra (pag. 6 della sentenza gravata);

a fronte di ciò residua solo una inammissibile sollecitazione alla revisione di un accertamento fattuale;

2. il secondo motivo è fondato per quanto di ragione;

secondo l’avviso progressivamente consolidato di questa Corte (Cass., 31/01/2019, n. 2788, Cass., 11/11/2019, n. 28989, p.24) costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa (artt. 138 e 139 c.a.p.), come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali “categorie” o “voci” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (art. 32 Cost.), mentre una differente e autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute (come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138 c.a.p., lett. e);

la liquidazione finalisticamente unitaria di tale danno (non diversamente da quella prevista per il pregiudizio patrimoniale, nella sua duplice e distinta accezione di danno emergente e di lucro cessante) avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell’alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche (Cass., 20/04/2016, n. 7766, Cass., 17/01/2018, n. 901, Cass., 27/03/2018, n. 7513);

naturalmente, al pari delle personalizzazioni del danno biologico rispetto allo “standard” del punto d’invalidità, giustificabili in relazione a irripetibili singolarità dell’esperienza di vita individuale (Cass., n. 2788 del 2019, cit.), il danno da sofferenza morale dovrà essere allegato e provato specificatamente anche a mezzo di presunzioni ma senza che queste, eludendo gli oneri assertivi e probatori, si trasducano in automatismi che finiscano per determinare (anche) un’erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella legale;

e questo è quanto avvenuto nella fattispecie in esame, dove il danno da sofferenza morale è stato ricondotto nei limiti legislativi che la fondano in astratto, ma affermando che sarebbe in via generale da correlare “normalmente” a ogni lesione personale quale quella in questione (pag. 7 della sentenza impugnata), con ciò commettendo quell’errore sussuntivo da ritenere dedotto con la censura (pag. 31, secondo capoverso);

3. spese al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma perchè, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2020

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