Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7753 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/04/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 05/04/2011), n.7753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.B., B.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 4, presso lo studio

dell’avvocato MALDARI PAOLO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CAMPANER CLAUDIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.S., A.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA E. TAZZOLI 6, presso lo li studio dell’avvocato CONDEMI

LUIGI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALESSANDRO GALLO, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1367/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

7/07/09, depositata il 02/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Marco Antonelli, (delega avvocato Luigi Condenti),

difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che aderisce

alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Si riporta di seguito, con emendamenti e integrazioni formali, la relazione redatta dal consigliere relatore e comunicata alle parti, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

“Il 13 febbraio 2001 il tribunale di Treviso accoglieva la domanda, proposta dai signori A.- M., di accertamento dei confini e condanna dei convenuti C.- B. al rilascio di una striscia di terreno del fondo posto in (OMISSIS), delimitata dal prolungamento ideale “del mappale 212 verso il mappale 314 e 307″.

La Corte d’appello di Venezia con sentenza 2 settembre 2009 rigettava l’appello proposto da B.A. e C.B.. Osservava che i convenuti appellanti non avevano usucapito la striscia contesa, perchè avevano acquistato il terreno meno di venti anni prima dell’inizio della causa e non potevano sommare il proprio possesso con quello dei danti causa, giacchè l’oggetto del terreno a loro donato era identificato attraverso il frazionamento catastale, senza far cenno alla striscia di terreno in questione, che costituiva una deviazione rispetto al confine, per espressa ammissione contenuta in atto di appello.

I signori C.- B. hanno proposto ricorso per cassazione, al quale hanno resistito i signori A.- M..

Il ricorso, che non indica con idonea rubrica i motivi (art. 366 c.p.c., n. 4), contiene una sola censura, riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, essendo esposto un vizio di motivazione.

I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che nel loro atto di citazione essi avessero ammesso che il terreno in contestazione era diverso da quello compreso nel loro mappale in base al frazionamento catastale. Negano di aver riconosciuto che il terreno conteso fosse qualcosa in più rispetto a quanto donato dai danti causa e invocano le contrarie risultanze testimoniali e documentali.

Il motivo è inammissibile, perchè consiste nella richiesta di nuovo esame nel merito della controversia, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Si rileva che esso, nel richiedere una nuova valutazione di merito, sarebbe ammissibile solo nei limiti del controllo della logicità e congruità della motivazione.

A tal fine il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. 11886/06;

8960/06; 7610/06).

Nel caso di specie il primo atto processuale da riportare era l’atto di citazione di appello, del quale è contestata la decisiva interpretazione data dalla Corte territoriale a pag. 3 (in fine) della sentenza.

Mette conto rilevare che la Corte ha fatto riferimento ad un’oscillante linea difensiva relativa alla conformazione del terreno, sicchè aveva attribuito non casualmente rilevanza alla posizione definitivamente assunta in quell’atto, che questa Corte, per gli invalicabili limiti del giudizio di legittimità, non può esaminare e che non è stato portato al suo esame (cfr Cass 11477/10;

6937/10).

Altrettanto vale per le risultanze delle consulenze tecniche che, secondo il ricorso, smentirebbero la diversità tra oggetto dell’atto di donazione del 1976 e oggetto del possesso successivo dei ricorrenti.

In ricorso sono riportate poche righe della consulenza acquisita in grado di appello, del tutto insufficienti per comprendere se vi sia stato errore di valutazione da parte della Corte territoriale, giacchè si tratta di parte descrittiva delle proprietà degli appellanti, cui deve aver fatto seguito la descrizione dell’altra proprietà, il rilievo dei luoghi e la discussione delle risultanze, con le conclusioni assunte, conclusioni che, sebbene conosciute dal giudice d’appello, non sono state ritenute in contraddizione con la ricostruzione accolta in sentenza. Per far emergere la contraddittorietà logica tra detta risultanza (e le altre invocate) e la motivazione della sentenza impugnata era indispensabile riportarle per esteso nel corpo del ricorso, onde consentire alla Corte di Cassazione di valutarne la decisività (Cass. 5043/09).

In mancanza, il ricorso si risolve, come detto, nella richiesta di un nuovo autonomo e complessivo esame degli atti, precluso al giudice di legittimità.” Il procuratore Generale ha aderito alla relazione.

Il Collegio condivide pienamente la relazione preliminare, che ha posto in evidenza l’impossibilità per il giudice di legittimità di prendere in esame la istanza di parte ricorrente, la quale invoca un terzo grado di giudizio, laddove implicitamente chiede (pag. 8) che siano riconsiderati “la documentazione prodotta, le risultanze delle prove testimoniali e soprattutto la CTU”, che avrebbero confermato la corrispondenza tra l’atto di donazione del 1976 e gli attuali confini della proprietà C..

Alla Corte è però precluso un riesame del merito della vicenda, potendo essa soltanto valutare eventuali vizi di motivazione convenientemente denunciati ed evidenziati dal ricorrente, giacchè al giudice di legittimità è istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalle parti (ex multis:

Cass 11460/07).

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo a carico dei ricorrenti in solido e in favore dei controricorrenti, creditori solidali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 2.500 per onorari, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, tenuta il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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