Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7752 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/04/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 05/04/2011), n.7752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.G. (OMISSIS), V.M.

(OMISSIS), V.S. (OMISSIS), tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALARIA 332, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO DE MAJO, rappresentati e difesi dall’avvocato

CELLINI PARDO, giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.L. (OMISSIS), S.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA PIO XI

n. 62, presso lo studio dell’avvocato GENTILE ORAZIO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato OCCHIPINTI DOMENICO,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 994/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

28.4.09, depositata il 17/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Giuseppe de Majo (per delega avv.

Pardo Cellini) che si riporta ai motivi del ricorso;

udito per i controricorrenti l’Avvocato Orazio Gentile che si riporta

ai motivi del controricorso. E’ presente il Procuratore Generale in

persona del Dott. NICOLA LETTIERI che nulla osserva rispetto alla

relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Si riporta di seguito, con emendamenti e integrazioni formali, la relazione redatta, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere relatore.

La Corte di appello di Firenze con sentenza pubblicata il 17 luglio 2009 ha riformato la sentenza resa il 29 maggio 2003 dal locale tribunale e ha respinto la domanda proposta da V.S., V.M. e D.G., odierni ricorrenti, e da T.A., avverso S.A. e L., volta ad ottenere il risarcimento danni conseguenti a modifiche apportate dagli odierni resistenti nell’edificio condominiale sito in (OMISSIS). Ha ritenuto che non sussistesse alcuna alterazione pregiudizievole del decoro architettonico del fabbricato.

V.S., V.M. e D.G. hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi.

T. è rimasto intimato.

I S. si sono costituiti con controricorso.

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1120 c.c., comma 1 e 2, lamentando che il giudice di merito, in presenza di unanime dissenso degli altri condomini rispetto all’esecuzione di opere volute da un partecipante al condominio, abbia ignorato la norma che prevede la necessità dell’approvazione di tali lavori da parte della maggioranza dell’assemblea, trattandosi di innovazioni ai sensi dell’art. 1120 c.c..

Il motivo, come rilevato in controricorso, è inammissibile.

In tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della questione, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della stessa questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 22540/06; 12992/10).

Nel caso di specie nulla si legge in sentenza circa la questione della natura delle opere (innovazioni soggette, in tesi, al disposto dell’art. 1120 c.c.), nè intorno alle deliberazioni assembleari. Il ricorso riferisce soltanto che i condomini avevano lamentato di non essere stati “informati” dei lavori cui si opponevano, ma nulla dice in ordine alla sottoposizione ai giudici di merito, a fondamento della domanda risarcitoria, della mancata preventiva approvazione delle opere da parte dell’assemblea.

Nè vi si legge alcunchè circa un’omessa pronuncia sul punto da parte del giudice di primo grado; omissione che non risulta infatti essere oggetto di gravame in appello.

Se ne trae la conseguenza sopraindicata. Il secondo motivo lamenta omessa motivazione circa due profili della decisione: a) la necessità del consenso unanime o maggioritario dell’assemblea; b) la lesione del decoro architettonico.

Quanto al primo profilo la doglianza è inammissibile per i motivi già enunciati con riferimento al primo motivo.

Quanto al secondo profilo, la censura è inammissibilmente formulata con una generica critica al contenuto “sbrigativo” della decisione, senza sviluppare adeguatamente una critica specifica al giudizio dato dalla Corte territoriale circa la lesione del decoro architettonico.

La censura è comunque manifestamente infondata, perchè la motivazione sul punto non è stata omessa, ma si è soffermata specificamente su ogni singola opera denunciata, spiegandone la collocazione simmetrica e armoniosa nel contesto dell’edificio.

Ovviamente le valutazioni di merito rese in proposito, con contenuti congrui e non contraddittori, restano incensurabili in sede di legittimità, non senza rilevare che esse non sono state neanche denunciate sotto il profilo della insufficienza o illogicità.” Dopo la comunicazione della relazione, parte ricorrente ha depositato memoria, pervenuta fuori termine, in data 6 dicembre 2010. Il Collegio condivide pienamente la relazione. Mette conto qui ricordare che in relazione alla denuncia di vizi in iudicando (art. 360 c.p.c., n. 3 e 5) la Corte di Cassazione non ha accesso agli atti di causa (citazione, comparsa, verbali, sentenza di primo grado) per desumerne elementi di fatto che non siano specificamente e testualmente riportati in ricorso.

Pertanto non può essere oggetto di ricerca da parte del giudice di legittimità l’eventuale trattazione in detti atti della questione concernente la necessità dell’approvazione dei lavori da parte della maggioranza dell’assemblea, in quanto innovazioni ai sensi dell’art. 1120 c.c..

Giova aggiungere che in ricorso vi è solo un cenno, nella narrativa dei fatti di causa, alla contrarietà manifestata dai condomini alle modifiche che i S. erano intenzionati ad apportare. Ciò ovviamente non rileva ai fini della novità della questione giuridica sollevata. In ricorso occorreva infatti far constare che la questione giuridica della necessità di preventiva delibera condominiale era stata posta in citazione quale ratio fondante della domanda volta a far accertare l’illegittimità dell’opera e il conseguente obbligo risarcitoria.

Il ricorso, per contro, nel riportare in forma virgolettata le conclusioni svolte in primo grado, evidenzia che a fondamento della domanda fu posta soltanto la violazione del decoro architettonico i (su cui si è soffermato il giudice d’appello). Ne discende la infondatezza della odierna doglianza.

Segue da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna di parte soccombente alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 3000 per onorari, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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