Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7751 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13515/2019 proposto da:

U.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Conca d’Oro 184/190

presso lo studio dell’avvocato Discepolo Maurizio, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

-controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

U.M., proveniente dal (OMISSIS), ricorre per cassazione, con quattro motivi, nei confronti del decreto del tribunale di Ancona in data 28-3-2019, che gli ha negato la protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso;

il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – il primo motivo, col quale il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 13 t.u. imm. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10 per mancata traduzione della decisione amministrativa in lingua nota, è inammissibile, poichè la eccepita nullità del provvedimento amministrativo, emesso dalla commissione territoriale, per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non esonera il giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, stante che oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale comunque il giudice deve statuire, così come nella specie ha infine statuito (v. Cass. n. 26576-20, Cass. n. 7385-17);

nè d’altronde il ricorrente ha specificato quale tipo di lesione al diritto di difesa sarebbe derivata dall’omessa traduzione, volta che il provvedimento è stato infine comunque impugnato;

II. – il secondo motivo, con cui cuii è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 a proposito della sequela procedimentale stabilita ai fini della valutazione della credibilità personale, è inammissibile per difetto di interesse, non avendo il tribunale incentrato la decisione sul difetto di credibilità;

III. – il terzo motivo, col quale è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5 e 14 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine al diniego di protezione sussidiaria, è inammissibile per genericità, avendo il tribunale escluso sia l’esistenza delle condizioni indicate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (per mancanza di adeguati riferimenti della vicenda allegata a base del timore persecutorio e stante la presenza nello stato di provenienza di istituzioni pubbliche in grado di garantire adeguata protezione), sia la dedotta condizione (art. 14, lett. c) di violenza indiscriminata da conflitto armato nella zona di provenienza del richiedente;

sotto entrambi i profili si tratta di una valutazione in fatto, motivata e come tale non sindacabile in sede di legittimità;

IV. – il quarto motivo, col quale il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 e 19 t.u. imm. (e delle afferenti previsioni costituzionali e internazionali) circa il diniego di protezione umanitaria, è parimenti inammissibile;

il livello di vulnerabilità soggettiva risulta esser stato ancorato alla mancanza di prospettive di lavoro in (OMISSIS), alla giovane età e alle condizioni di salute;

per converso il tribunale ha motivatamente negato la rilevanza delle dette condizioni, poichè il ricorrente non aveva dato prova di un percorso di integrazione sociale e lavorativa e poichè la situazione di salute non era comunque di particolare gravità, cosicchè non impediva di ricevere cure adeguate nel paese di provenienza;

anche in tal caso di tratta di valutazioni di fatto, coerentemente motivate e insindacabili in questa sede;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 2.100,00 EUR oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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