Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7751 del 08/04/2020

Cassazione civile sez. III, 08/04/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 08/04/2020), n.7751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9760/2016 proposto da:

L.L., L.M.R., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI PARENTI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAZIO, 14,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LAGCTETA, che lo rappresenta

e difende;

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTO

AURELIO SIMMACO 7-OSTIA, presso lo studio dell’avvocato NICOLA NERI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8000/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 20/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato POMPONI GRAZIA TIBERIA per delega;

udito l’Avvocato BACCARI CATERINA per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso notificato in data 19.4.2016, L.L. e M.R. hanno impugnato per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., la sentenza emessa da questa Corte cass. Sezione terza, depositata in data 20.4.2015 n. 8000, con la quale veniva rigettato il ricorso straordinario dagli stessi proposto avverso la sentenza, emessa ai sensi degli art. 617 e 618 u.c. c.p.c., dal Tribunale di Vibo Valentia, in data 3.10.2012 n. 628, che dichiarava inammissibile la opposizione agli atti esecutivi proposta da L.M.R. – debitrice esecutata – avverso la ordinanza del Giudice della esecuzione di aggiudicazione dell’immobile di sua proprietà, giudizio nel quale aveva spiegato intervento volontario L.L. aderendo alla opposizione e formulando autonoma domanda risarcitoria nei confronti dell’aggiudicatario avv. A.R. e del creditore procedente avv. P.S., per i danni allo stesso derivati dalla vendita dell’immobile della zia.

Il ricorso per revocazione è affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resistono con distinti controricorsi l’avv. A.R., che eccepisce la inammissibilità del ricorso per decadenza dal termine prescritto per la impugnazione, e l’avv. P.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso per revocazione, per decorso del termine di decadenza prescritto per la impugnazione, è infondata.

Il termine di impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per il motivo di cui all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, è infatti regolato non dalla disciplina comune dei termini di impugnazione rinvenibile negli artt. 325,326 e 327 c.p.c., sibbene nella norma speciale di cui all’art. 391 bis c.p.c., comma 1.

La norma, nel testo applicabile “ratione temporis”, come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevedeva, infatti, al comma 1, che “Se la sentenza o l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 375, comma 1, nn. 4) e 5), pronunciata dalla Corte di Cassazione è affetta da errore di fatto ai sensi dell’art. 395, n. 4), la parte interessata può chiederne la revocazione con ricorso ai sensi degli artt. 365 e segg., da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa”.

Non può, infatti, trovare applicazione la riforma introdotta dal decreto L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 (in G.U. 29/10/2016, n. 254), con l’art. 1-bis, comma 1, lett. l) e comma 2), che ha ridotto il termine lungo di impugnazione in sei mesi (“La revocazione può essere chiesta entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione ovvero di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento”), atteso che l’art. 1-bis, comma 2) del D.L., ha previsto che “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (ndr 30.10.2016), nonchè a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in Camera di consiglio” e nel caso di specie il ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c., risulta notificato a mezzo posta ex lege n. 53 del 1994, in data 19.4.2016.

2. Occorre dare conto che in seguito al deposito in Cancelleria, in data 28.11.2019, della memoria ex art. 378 c.p.c. sottoscritta dall’avv. Luigi Parenti, difensore dei ricorrenti, L.L. “in proprio ed in quanto erede unico della defunta L.M.R.”, ribadendo quanto già comunicato – con fax pervenuto in Cancelleria in data 28.11.2019 – in ordine alla revoca del mandato professionale conferito al procuratore “ad litem” avv. Luigi Parenti, ha depositato in Cancelleria la nota in data 3.12.2019, intitolata “querela di falso con denuncia allegata per infedele patrocinio”, cui era unito anche un fax trasmesso il 27.11.2019 all’avv. Parenti nel quale si evidenziavano inesattezze nei fatti riferiti nella memoria illustrativa e si formulavano obiezioni alle eccezione di inammissibilità del ricorso proposta da uno dei resistenti, richiamando al proposito la denuncia di “falso in atto pubblico” contro ignoti presentata dallo stesso L., in data 17.3.2017, per essere stata – a suo dire – alterata la annotazione della data di notifica del ricorso per revocazione apposta sulla “copertina esterna” del fascicolo di ufficio custodito presso la Cancelleria di questa Corte (la data da 19.4.2016 sarebbe stata “corretta” in 26.4.2016).

Indipendentemente dal dirimente rilievo che la difesa personale della parte non è ammessa non il giudizio di legittimità, è appena il caso di osservare: a) che la questione relativa alla falsa correzione della annotazione apposta sulla copertina del fascicolo rimane del tutto priva di rilevanza, atteso l’accertamento compiuto dal Collegio, alla stregua degli atti contenuti nel fascicolo di parte, della tempestività della notifica del ricorso per cassazione; b) che la revoca della “procura ad litem”, in quanto atto espressione della autonomia negoziale della parte e rimesso esclusivamente a quest’ultima nell’esercizio del diritto potestativo di recesso dal rapporto professionale instaurato con il contrato d’opera intellettuale, non integra (come peraltro esplicitamente previsto dall’art. 301 c.p.c., comma 3) causa interruttiva del processo, diversamente dalla morte dell’unico difensore, avvenuta dopo il deposito del ricorso e prima dell’udienza di discussione (Corte Cass. Sez. U., Sentenza n. 477 del 13/01/2006) e sempre che la parte, avuta conoscenza dell’evento non abbia provveduto a nominare un nuovo difensore sebbene avesse un congruo tempo a disposizione per la sostituzione (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24681 del 24/11/2009), trattandosi di evento sottratto alla disponibilità della parte che, peraltro, non determina l’interruzione del processo, ma attiva il potere della Corte di differire l’udienza di discussione, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore (Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21608 del 20/09/2013); c) che alcun pregiudizio al diritto di difesa si è in concreto verificato, avendo partecipato alla udienza il difensore dei ricorrenti; d) del tutto irrilevante è poi il sopravvenuto decesso della ricorrente L.M.R. intervenuto in pendenza della celebrazione della udienza pubblica, come dichiarato a verbale della udienza pubblica dal difensore dei ricorrenti, in quanto, nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo (Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 14385 del 21/06/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 22624 del 31/10/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 24635 del 03/12/2015 – con riferimento all’intimato-; id. Sez. L, Sentenza n. 1757 del 29/01/2016).

3. Venendo ad esaminare l’unico motivo di ricorso per revocazione, il

Collegio lo dichiara inammissibile.

L’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., può essere proposta soltanto se la sentenza viene censurata per un errore di fatto risultante dagli atti o documenti del giudizio di cassazione (e non del giudizio di merito: Corte Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 7795 del 29/03/2018; id. Sez. 1 -, Ordinanza n. 26643 del 22/10/2018): errore che si palesa tale quando la decisione è fondata sulla supposizione o sulla inesistenza di un fatto, la cui verità è incontrastabilmente esclusa od è viceversa positivamente stabilita, e sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ha pronunciato (Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27094 del 15/12/2011; id. Sez. 1 -, Sentenza n. 9527 del 04/04/2019).

Le parti ricorrenti allegano che nel corso del processo di opposizione agli atti esecutivi, dopo che la causa era assunta in decisione, era stata presentata dal difensore degli stessi – che aveva rilevato la mancanza del fascicolo di parte – istanza per la rimessione della causa in istruttoria onde procedere alla ricostruzione del fascicolo, istanza che era stata rigettata dal Giudice, in quanto ritenuta tardiva, con provvedimento inaudita altera parte che era stato reclamato al Collegio ai sensi dell’art. 178 c.p.c.. Allegano ancora di avere presentato nel giudizio di legittimità definito dalla sentenza oggetto di revocazione note difensive in data 16.1.2015 volte ad illustrare la veridicità dei fatti di causa. Su tali premesse i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte di cassazione avrebbe pronunciato la sentenza n. 8000/2015 “senza la disamina del reclamo ex art. 178 c.p.c., al Collegio” e “senza la valutazione delle note del 16.1.2015”.

Gli stessi ricorrenti, tuttavia, danno conto che il Giudice di legittimità ha esaminato la questione relativa alla pronuncia – dichiarativa della inammissibilità dell’intervento e della opposizione agli atti esecutivi – emessa dal Tribunale di Vibo Valentia senza attendere l’esito del procedimento di reclamo proposto avverso la ordinanza del medesimo Giudice di rigetto della istanza di rimessione della causa sul ruolo per ricostruzione del fascicolo di parte. Ed infatti, come emerge dalla lettura della sentenza oggetto di revocazione, la Corte aveva ritenuto conforme a diritto la decisione del Tribunale in quanto, il fascicolo di parte risultava regolarmente ritirato, giusta autorizzazione rilasciata dal Giudice alla udienza 25.5.2012, mentre mancava la annotazione della restituzione del fascicolo – che sarebbe dovuta avvenire entro il termine di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2, con la conseguenza, da un lato, che sarebbe stato onere della parte interessata verificare, almeno al momento del deposito della prima memoria conclusionale, se il fascicolo fosse stato nuovamente depositato, e quindi formulare tempestivamente – prima del passaggio in decisione della causa avvenuto con la scadenza del termine per il deposito delle repliche – la istanza di ricostruzione del fascicolo, allegando i fatti giustificativi idonei a dimostrare che il mancato deposito del fascicolo era dipeso da omissione involontaria; dall’altro, che correttamente aveva agito il Giudice di merito non accogliendo la istanza di rimessione sul ruolo, in quanto priva di qualsiasi allegazione in ordine alla causa non imputabile alla parte e comunque presentata tardivamente, dopo che la causa era pervenuta in decisione con la scadenza dei termini assegnati ai sensi dell’art. 190 c.p.c.. Pertanto, in alcun vizio di nullità processuale era incorso il Tribunale decidendo la causa senza considerare i documenti contenuti nel fascicolo di parte non ridepositato e senza attendere l’esito di un – peraltro ipotetico – reclamo al Collegio ex art. 178 c.p.c., del quale i ricorrenti non avevano fornito alcun elemento identificativo – in ordine alla data in cui era stato depositato od era stato comunicato dalla Cancelleria alle altre parti – nè alcuna indicazione indispensabile al rinvenimento del ricorso tra gli atti processuali, e che risultava per di più anche in tesi improponibile ai sensi dell’art. 178 c.p.c., comma 2.

Orbene la questione relativa, tanto alla inammissibilità della istanza di rimessione della causa in fase istruttoria, quanto alla proposizione del reclamo avverso il provvedimento di rigetto del Giudice di prime cure, è stata quindi trattata ex professo dalla Corte di legittimità, difettando in conseguenza gli stessi presupposti di accesso della impugnazione per revocazione richiesti dall’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, nel primo caso, si verte in tema di valutazione giuridica in ordine alla completezza e tempestività della istanza, mentre, nel secondo caso, non sussiste la condizione negativa per cui il fatto non deve avere costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.

Non è dato ravvisare, peraltro, un errore percettivo neppure in relazione alla – ipotetica – “querela contro ignoti” che sarebbe stata presentata dal difensore dei L., ai sensi dell’art. 351 c.p. (per il reato di sottrazione o distruzione di documenti assoggettati a pubblica custodia), sembra dopo aver proposto il reclamo di cui si è in precedenza trattato. Premesso che tale circostanza non viene riportata nella parte del ricorso in cui vengono esposte le vicende processuali (ricorso pag. 3 e 6), ma della stessa viene fatto cenno, unitamente alla proposizione del reclamo, soltanto alla pag. 9 del ricorso per cassazione, e premesso altresì che la allegazione è priva del requisito richiesto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, neppure essendo indicata la data di presentazione della querela, e dove, come e quando tale documento sia stato prodotto ed acquisito agli atti del giudizio di merito e di quello legittimità, osserva il Collegio che viene meno proprio la incontrovertibilità del fatto (presenza in atti della querela) sul quale sarebbe caduto l’errore percettivo del Giudice di legittimità, dovendo aggiungersi peraltro che alcun elemento decisivo, evincibile da detta querela, è stato indicato dai ricorrenti, nè potrebbe desumersi dalla querela in ordine all’effettivo avvenuto deposito del fascicolo di parte nei termini di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2, sebbene in assenza di annotazione da parte della Cancelleria, ed alla conseguente sottrazione ad opera di ignoti.

Conclusivamente tale motivo di ricorso è inammissibile, in quanto la Corte di legittimità ha espressamente pronunciato sul punto controverso, e non potendo essere veicolato il sindacato di revocazione dalla mera denuncia della non condivisibilità della soluzione giuridica adottata nella sentenza di legittimità impugnata “perchè eccessivamente rigida o lesiva dei diritti dei ricorrenti”: in tal modo, infatti, i ricorrenti vengono a dolersi non di un errore percettivo sulla esistenza/inesistenza di un fatto, sibbene del giudizio di diritto – non sindacabile con il mezzo della revocazione – secondo cui la istanza di ricostruzione del fascicolo “smarrito”, in tanto può essere accolta soltanto in quanto sussista la certezza dell’avvenuto deposito del fascicolo e questo non sia rinvenuto sebbene non sia stata annotata alcuna autorizzazione al ritiro, non potendosi in tal caso imputare alla parte presunte negligenze della Cancelleria; ed invece deve essere rigettata nel caso in cui il fascicolo, successivamente non rivenuto, risulti essere stato in precedenza ritirato, giusta provvedimento autorizzativo del Giudice, sicchè la mancanza del fascicolo di parte non può che essere a questa presuntivamente imputata, dovendo ritenersi che il fascicolo sia rimasto nella sua disponibilità.

Ad analoga conclusione si perviene anche in ordine al dedotto mancato esame delle note scritte depositate all’esito della udienza del 22 gennaio 2015 in Cancelleria.

Indipendentemente dalla inammissibilità di detta censura per omessa esposizione del contenuto di tali “note” onde consentire di apprezzarne la rilevanza decisiva, è appena il caso di rilevare come la sentenza di legittimità impugnata abbia esaminato puntualmente (in motivazione pag. 4-5) anche la questione concernente tali note scritte, distinguendole dalla memoria illustrativa presentata ritualmente ai sensi dell’art. 378 c.p.c., e che ha dichiarato inammissibili, in quanto irritualmente predisposte dal difensore non comparso alla udienza pubblica, presentate in Cancelleria soltanto dopo la chiusura della discussione, e dunque neppure riconducibili alle brevi repliche alle conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale che le parti possono presentare direttamente nel corso della udienza ai sensi dell’art. 379 c.p.c., u.c..

Pertanto, risulta palese la mancanza di un errore percettivo in ordine alla esistenza delle predette note scritte, avendo queste costituito “punto controverso” su cui si è pronunciata la Corte di legittimità, circostanza che recide alla radice la ammissibilità del motivo di ricorso per revocazione.

Anche in relazione alle note scritte, pertanto, la critica mossa dai ricorrenti è volta alla contestazione di un giudizio di diritto e non può essere affidata al mezzo tipico di impugnazione utilizzato, inidoneo a sottoporre a verifica il percorso della argomentazione giuridica sottesa alla decisione di legittimità, non essendo deducibile con il ricorso ex art. 391 bis c.p.c., errori di natura valutativa dei fatti ma solo errori di percezione della esistenza od inesistenza di fatti incontrovertibili, che non debbono avere costituito “punto controverso” sul quale il Giudice si sia pronunciato.

In conclusione il ricorso è inammissibile. L.L. va condannato alla rifusione delle spese di giudizio in favore di entrambi i resistenti, atteso che nelle more del giudizio è deceduta L.M.R. che risultava essere stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di ciascuno in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2020

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