Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7750 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1307/2019 proposto da:

T.K.Y., elettivamente domiciliato in Roma Via Conca

d’Oro 184/190 presso lo studio dell’avvocato Discepolo Maurizio, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’avvocatura

generale dello Stato che lo rappresenta per legge;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

T.K.Y., (OMISSIS), ricorre per cassazione, con due motivi, nei confronti del decreto del tribunale di Ancona in data 4-12-2018, che gli ha negato la protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno non ha svolto difese;

il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – il primo motivo, col quale il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5 e 14 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine al diniego di protezione sussidiaria, è inammissibile per genericità;

il tribunale ha escluso l’esistenza della dedotta condizione di violenza indiscriminata da conflitto armato nella zona di provenienza del richiedente; si tratta di una valutazione in fatto, motivata e come tale non sindacabile in questa sede di legittimità;

II. – il secondo motivo, col quale il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 t.u. imm. in ordine al diniego di protezione umanitaria è invece fondato;

III. – il tribunale ha respinto la domanda di protezione umanitaria con argomentazione confusa e in parte del tutto eccentrica; ha affermato difatti che erano stati prodotti attestati di partecipazione a corsi di formazione, volontariato e apprendimento della lingua italiana; ha poi menzionato promiscuamente e senza migliori esplicazioni sia talune promesse di impiego, sia l’assunzione a tempo determinato, sia il salario ridotto di 450,00 Euro; ha ancora ritenuto che tale salario fosse non sufficiente a rendere attuale e comunque tutelabile un diritto di rango costituzionale come quello al lavoro e alla retribuzione dignitosa; ha infine stabilito che il rapporto di lavoro instaurato dopo il deposito del ricorso introduttivo non poteva essere valutato affatto, poichè indice non univoco di integrazione lavorativa;

IV. – all’esito di codesta congerie di affermazioni il tribunale ha ritenuto che la prova del raggiungimento di un certo grado di integrazione, per quanto necessaria, non era comunque sufficiente, dovendo convergere altri aspetti da valutare congiuntamente, quali la situazione del paese di origine, al fine di rendere un “giudizio prognostico positivo” a proposito della compromissione dei diritti umani riconosciuti nel paese ospitante;

V. – l’onere di motivazione non può considerarsi soddisfatto;

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia isolatamente e astrattamente considerato (Cass. Sez. U n. 29549-19);

tale principio postula che il giudice del merito, senza cedere a aporie argomentative e ad astrazioni, debba svolgere, in base all’allegazione di parte, una concreta comparazione su base soggettiva e oggettiva;

la comparazione, della quale l’integrazione nel paese ospitante è solo uno dei termini di riferimento, serve a stabilire se il migrante si trovi, in rapporto alla situazione soggettiva e oggettiva vissuta nel paese di provenienza, in condizioni di vulnerabilità personale;

in sostanza, la comparazione è funzionale a ritenere esistente o meno il presupposto di vulnerabilità nel quale trova base l’istituto in esame;

mediante la citata sequela di frasi, neppure ben coordinate tra loro, il tribunale non ha mostrato di svolgere la valutazione richiesta, donde il provvedimento va cassato con rinvio, in parte qua, per nuovo esame;

il tribunale, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, inammissibile il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al tribunale di Ancona anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

 

 

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