Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7749 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1512/2019 proposto da:

R.M., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Roberto Ricciardi, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 2343 del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il

23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3/02/2021 dal Consigliere Dott.ssa TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il Tribunale di Catanzaro, con il decreto depositato il 23/11/2018 in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da R.M., proveniente dal (OMISSIS). Questi ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Il cittadino straniero aveva riferito di avere lasciato il (OMISSIS) per motivi economici in quanto i guadagni, lavorando la campagna con il padre, erano modesti e non era riuscito a trovare un altro lavoro.

Il Tribunale ha ritenuto credibile il racconto del richiedente, evidenziando che non ricorrevano fatti persecutori nei suoi confronti. Ha quindi ritenuto insussistenti in concreto, sulla scorta della consultazione di fonti internazionali accreditate (EASO 2017), il rischio di danno grave, ai fini della protezione sussidiaria. Infine, ha escluso la ricorrenza di personali condizioni di vulnerabilità e di integrazione sociale in Italia, tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; l’omesso esame di circostanze decisive, la violazione del dovere di cooperazione istruttoria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in merito al diniego dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile.

Il richiedente si limita a sostenere la veridicità del racconto e a contestare genericamente la decisione impugnata, senza indicare alcun fatto decisivo di cui sia stato omesso l’esame, di guisa che le plurime censure non rispondono nemmeno al modello legale del vizio motivazionale e si palesano del tutto generiche (Cass. n. 3340 del 05/02/2019); di contro la decisione risulta articolata e adeguatamente motivata attraverso la accurata disamina delle dichiarazioni del richiedente assistite dalla riferita ragione economica dell’allontanamento dalla patria.

Inoltre, la doglianza risulta essere assolutamente generica anche quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, priva di decisività perchè non viene indicato quali siano le informazioni specifiche ed individualizzate – tempestivamente allegate dal richiedente dinanzi al giudice di merito – che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119/2019).

2. Con il secondo motivo il richiedente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 2, art. 3 della Direttiva 2011/95/UE, nonchè in subordine del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dolendosi del mancato riconoscimento del diritto di asilo, a suo dire, fattispecie autonoma di protezione rispetto allo status di rifugiato ed alla protezione sussidiaria e, in subordine, della protezione umanitaria.

Il motivo è infondato.

Con riguardo al diritto di asilo, costituzionalmente garantito, questa Corte ha già precisato che “il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine residuale di diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3″ (Cass. 16362/2016; Cass. 11110/2019).

Per quanto attiene alla protezione umanitaria, il Tribunale non ha affatto negato, come pare ritenere l’istante, che la stessa potesse trovare, in astratto, uno spazio applicativo: ha invece escluso che potesse essere in concreto riconosciuta, essendo mancata la dimostrazione di specifiche situazioni soggettive di vulnerabilità riferibili al richiedente e di integrazione in Italia, situazioni che neppure vengono dedotte con riferimento ad elementi specifici, non esaminati dal Tribunale, nè con richiami a fonti di conoscenza.

3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. Il Tribunale avrebbe deciso, erroneamente, presunzioni in merito alla condizione origine.

Il motivo è inammissibile perchè si traduce in una mera critica alla decisione assunta dal Tribunale, senza considerare quanto accertato dallo stesso con giudizio di fatto compiuto alla stregua dei criteri normativamente previsti e dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittima in merito al riparto dell’onere probatorio nella materia della protezione internazionale, che risultano rispettati.

Nonostante la valutazione in merito all’insussistenza della condizione di perseguitato, il Tribunale ha, infatti, attivato il dovere di cooperazione istruttoria desumibile dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che impone al giudice di verificare – in via preferenziale, ma non esclusiva, attraverso lo scrutinio dei cd. c.o.i., “country of origin informations” – se nel Paese di provenienza sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rientro del richiedente (Cass. n. 13940/2020), ma non di supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale del richiedente, essendo necessaria al riguardo soltanto la verifica di credibilità prevista nel suo complesso dall’art. 3, comma 5, cit., ed ha compiuto un accertamento che implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 23942/2020).

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva del resistente.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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