Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7744 del 20/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/03/2019, (ud. 15/01/2019, dep. 20/03/2019), n.7744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1435-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANGELA BARONE, GUGLIELMO BARONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1958/13/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

26/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 591/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa, che aveva accolto il ricorso proposto da I.S. avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso del 90% dei tributi versati per gli anni 1990-1992;

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi;

con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3., “violazione della L. n. 190 del 2004, art. 1, comma 665, in relazione alla qualifica soggettiva di “imprenditore” del libero professionista ai sensi dell’art. 2082 c.c. e secondo la nozione del diritto comunitario”;

con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, “violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.”;

il contribuente si è costituito deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso ed ha infine depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il secondo motivo di ricorso, che va preliminarmente esaminato per ragioni di ordine logico, l’Agenzia lamenta che la CTR abbia erroneamente imposto all’Ufficio l’onere della prova degli elementi costitutivi del diritto al rimborso, dichiarando “la tardività e irritualità dell’eccezione sollevata” dalla stessa “circa la non estendibilità al reddito derivante da attività professionale”, pur essendo, secondo la ricorrente, ” il Giudice… tenuto in ogni caso a valutare la caratteristica dell’attività professionale svolta dal contribuente”;

1.2 il motivo è fondato considerato che, secondo la giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. n. 21197/2014), in tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale, e che possono essere quindi essere dedotte per la prima volta anche in appello dall’Amministrazione finanziaria, trattandosi di questione che, pur non esclusivamente processuale, partecipa a tale natura ed è, dunque, rilevabile d’ufficio;

2.1. con il primo motivo si censura la sentenza impugnata relativamente all’affermata sussistenza dei presupposti per accogliere la richiesta di rimborso degli importi versati a titolo di IRPEF prevista dalla legge citata in premessa a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, essendo esclusi tutti coloro che svolgano attività d’impresa in conformità della Decisione della Commissione Europea C/2015 5549;

2.2. secondo quanto affermato da questa Corte, “in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, a seguito dell’intervento della Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di “impresa comunitaria”, rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionale, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto (persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico), rilevando esclusivamente lo svolgimento di una attività economica volta a fornire beni o servizi” (Cass. n. 29905 del 2017; conf. Cass. n. 10450 del 2018);

2.3. lo svolgimento di tali attività economiche costituisce, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, limite all’applicabilità del beneficio in esame; infatti la Commissione UE, con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549 final (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377/2017 e n. 29905/2017, cit.), ha stabilito all’art. 1 che “le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni, L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, ad. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni, L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2,comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. n. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, comma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni, e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione del trattato sul finanziamento dell’Unione Europea, art. 108, par. 3, sono incompatibili con il mercato interno”.

2.4. è fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (dec. Cit., art. 2), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione del regolamento (CE) n. 994/98, art. 1” (sull’applicazione del Trattato, artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 -, a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontati), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3 decisione cit.);

2.5. secondo la Commissione UE “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (5 134 dec. cit.);

2.6. precisato, quindi, che la citata decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), è stata confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, Centro Clinico e Diagnostico G. B. Morgagni, deve pervenirsi alla conclusione che, una volta che sia accertato lo svolgimento da parte del contribuente di un’attività economica (ovvero, di un’attività d’impresa intesa in senso Eurounitaria), l’esclusione dall’agevolazione richiesta è subordinata all’accertamento del Giudice di merito dell’applicabilità in concreto del regime c.d. de minimis;

2.7. al riguardo va infatti ricordato il principio secondo cui “in tema di aiuto di Stato erogato a un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento “de minimis” applicabile o, in difetto, se ricorrono le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107 TFUE, p. 2, lett. b) (e cioè che si tratti di aiuto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali). Da ciò deriva che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del “de minimis”, che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni (decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto e comprendente qualsiasi aiuto pubblico, accordato sotto qualsiasi forma) non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 107 TFUE, p. 2., lett. b), di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o derivanti da altre forme di aiuto)” (Cass. n. 10450 del 2018; v. anche Cass. n. 29905/2017, n. 1325/2018 e n. 3070 del 2018);

2.8. va peraltro precisato che, per il rispetto del principio de minimis non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

2.9 ovviamente l’onere di provare le suddette circostanze incombe al soggetto che invoca il beneficio, tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.);

2.10. si è precisato (Cass. n. 3070 del 2018), che “benchè la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (dec. Cit., 5150), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva. Non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica di aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato” (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Morgagni, cit., 596-97 e 598-104);

2.11. resta in disparte ogni eventuale futura evoluzione nella disciplina Euro-unitaria, che dovrà essere verificata sempre in sede di giudizio di rinvio (Cass., n. 1325/2018, cit.);

2.12. infine, “resta fermo che la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. sez. trib., 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278)”;

2. il ricorso va quindi accolto nei termini sopra enunciati, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto, osservando la decisione della Commissione UE del 14/08/2015 e le indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, verificando la posizione del ricorrente in relazione al richiesto rimborso dei tributi pagati in eccesso;

4. il Giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019

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