Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 774 del 16/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/01/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 16/01/2020), n.774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17744-2019 proposto da:

N.N., K.M., nella qualità di genitori esercenti

la potestà sulla minore K.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato

GIROLAMO OLIVIERO DE SENA PLUNKETT, rappresentati e difesi

dall’avvocato MICHELE MAIELLARO;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA, PRESSO IL TRIBUNALE MINORENNI DI BARI,

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO BARI;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il

02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte di appello di Bari, con il decreto in epigrafe indicato, ha respinto il reclamo avverso il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Bari che aveva rigettato la richiesta avanzata da K.M. e N.N., cittadini marocchini nella qualità di genitori esercenti la potestà sulla minore K.A. (nata a (OMISSIS) il (OMISSIS)), ad essere autorizzati alla permanenza in Italia ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3.

Segnatamente, la Corte territoriale ha ritenuto che la tenerissima età della minore (tre mesi di vita al momento della presentazione del ricorso) consentiva di escludere che la stessa si fosse integrata nel tessuto sociale di Apricena o avesse instaurato significative relazioni con suoi pari, sicchè non era ipotizzabile un possibile trauma per l’eventuale trasferimento nel Paese di origine con la sua famiglia; ha anche puntualizzato che neppure i genitori risultavano particolarmente integrati in Italia, di guisa che il diritto della minore alla genitorialità avrebbe potuto essere adeguatamente soddisfatto con la decisione dei genitori di rientrare in Marocco.

I genitori hanno proposto ricorso per cassazione con due mezzi corroborato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, art. 28, comma 3, e art. 19, comma 2, lett. a), lamentando che si sia tenuto conto solo della tenera età della minore senza considerare la sua inespellibilità, che verrebbe pregiudicata nel caso dovesse rientrare in Marocco unitamente ai genitori.

2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando che la Corte di appello non abbia considerato di valutare l’intervenuta instaurazione di significative relazioni allacciate dalla minore sin dalla nascita con la nonna e gli zii materni, relazioni che, se interrotte, avrebbero potuto determinare un grave nocumento al suo sereno sviluppo psicofisico e l’integrazione del nucleo familiare in Italia.

3. I motivi sono infondati.

Va ricordato che il D.Lgs. cit., art. 31, comma 3, prevede “3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.”

Come puntualizzato da questa Corte l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso temporaneo in Italia, prevista dalla normativa in esame costituisce una misura incisiva a tutela e a protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori, mentre l’interesse del familiare ad ottenere tale autorizzazione riceve tutela in via riflessa, ovvero nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore, che è il bene giuridico protetto dalla norma nonchè la ragione unica del provvedimento autorizzatorio (Cass. Sez. U. n. 15750 del 12/6/2019, p.4).

Inoltre, secondo l’orientamento di questa Corte la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall’art. 31 cit., non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare (Cass. Sez. U. n. 21799 del 25/10/2010).

In altri termini, i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” ex art. 31, comma 3, cit., sono rappresentati da situazioni oggettivamente gravi comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della predetta misura autorizzativa.

Pertanto, la norma in esame non si presta ad essere intesa come generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori, interpretazione che, proprio come affermato dalle Sezioni Unite con la pronuncia sopra citata, avrebbe l’effetto di superare e porre nel nulla la disciplina del ricongiungimento familiare “tutte le volte in cui per effetto dell’espulsione del genitore irregolare si realizzi la rottura dell’unità familiare comprendente un minore, muovendo dal presupposto che quest’ultima comporti per lui sempre e comunque un danno psichico”: ne conseguirebbe l’applicazione automatica dell’autorizzazione de qua, in tal modo trasformata da eccezione a regola (cfr. Cass. n. 9391 del 16/4/2018).

Alla stregua di tali principi, quindi, le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al cit. art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, di guisa che incombe sul richiedente l’autorizzazione l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore (Cass. n. 9391 del 16/4/2018 e Cass., n. 26710 del 10/11/2017), non essendo sufficiente la mera indicazione del pericolo di disgregazione familiare, della necessità di entrambe le figure genitoriali, o l’allegazione di un disagio in caso di rimpatrio insieme ai genitori o a causa dell’allontanamento di un genitore: spetta, infine al giudice del merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione (Cass. n. 4197 del 21/02/2018).

La pronuncia impugnata si conforma, nella sostanza, all’interpretazione appena richiamata.

I ricorrenti non prospettano, se non in maniera del tutto generica e astratta, alcuna concreta situazione di grave pregiudizio per la minore trascendente la possibilità per la stessa di seguire i genitori in Marocco e le diverse possibili future condizioni di vita ivi ipotizzabili rispetto all’Italia, mancando altresì di censurare in maniera specifica quanto affermato, in maniera del tutto condivisibile, dal giudice di merito circa l’impossibilità di valorizzare il radicamento della minore sul territorio nazionale e il suo inserimento nel contesto sociale, avendo i ricorrenti presentato l’istanza soltanto pochi mesi dopo la nascita della figlia; non risultano, inoltre, nemmeno dedotte patologie o disagi psicofisici pregiudizievoli a carico della minore.

Quanto alla doglianza motivazionale, attesa la tenera età della minore, costituisce un mero assunto la maturazione di un rapporto affettivo intenso con la nonna e gli zii materni, di cui sarebbe stato omesso l’esame, giacchè non appare chiaro se e quando sia stato tempestivamente dedotto e/o provato, con evidenti ricadute sulla specificità del motivo – senza peraltro che vengano in concreto evidenziati i “gravi motivi” che costituiscono il presupposto imprescindibile della autorizzazione richiesta.

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, senza provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.

Va dato atto che il processo risulta esente e non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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