Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7739 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7739 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 10010-2008 proposto da:
BRUNI

SANDRA

BRNSDR65C64E151Y,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
DI MATTEO ELIA;
– ricorrente contro

2014
292

ANGELINETTI

GIOVANNI

C.GF.NGLGNN47M22I252D,

CHE

AGISCE IN PROPRIO PER SUCCESSIONE DELLA MADRE BRUNI
CAROLINA, E QUALE PROCURATORE DI BRUNI ROSA,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 38,

Data pubblicazione: 02/04/2014

presso lo studio dell’avvocato NICASTRO LUCIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato ORTELLI
LEONARDO;
– controricorrente-

avverso la sentenza n. 514/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato Di Matteo Elia difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento e il rinvio al giudice di primo grado.

di MILANO, depositata il 21/02/2007;

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 9.12.1999 Carolina e
Rosa Bruni e, per esse, il loro procuratore Angelinetti

di Como, Sandra Bruni, chiedendone la condanna alla
demolizione di un fabbricato, in parte edificato ex novo
ed in parte ampliato,sito a distanza inferiore a mt. 3 da
quello di esse attrici ed ubicato nel Comune di S. Maria
Rezzonico.
La convenuta si costituiva; assunta la prova orale, espletata C.T.U., con sentenza 20.12.2002, il Tribunale condannava Sandra Bruni a demolire il corpo di fabbrica realizzato in sopraelevazione rispetto a quello preesistente e
quello costruito a confine, per le parti ubicate a distanza
inferiore a mt. 3 dal confinante fabbricato delle attrici;
compensava per metà le spese di lite, ponendo la residua
metà a carico della convenuta.
Avverso tale sentenza Sandra Bruni proponeva appello
cui resisteva Giovanni Angelinetti, quale procuratore di
Carolina e Rosa Bruni.
Con sentenza depositata il 21.2.2007 la Corte d’Appello
di Milano respingeva l’appello condannando l’appellante
al pagamento delle spese del grado.
Osservava la Corte di merito che la sopraelevazione
dell’originario corpo di fabbrica era assimilabile ad una

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Giovanni, convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale

nuova costruzione, in relazione alla quale valevano i limiti minimi inderogabili, ex art. 873 c.c., di mt. 3 di distanza tra le costruzioni, non trovando applicazione, nel-

zone a) le distanze preesistenti per le sole operazioni di
risanamento conservativo e per le ristrutturazioni”. Per
la cassazione di tale decisione propone ricorso Sandra
Bruni formulando due motivi con i relativi quesiti di diritto. Resiste con controricorso Angelinetti Giovanni, dichiarando di agire sia in proprio, per successione alla
madre Bruni Carolina, deceduta nelle more del giudizio e
sia quale procuratore di Bruni Rosa.
I difensori di quest’ultima, con istanza 28.12.2013,
chiedevano l’interruzione del processo, per morte di Bruni Carolina, esponendo: di non aver difeso Bruni Sandra
nei due gradi del giudizio di merito e che solamente in
sede di il ricorso per cassazione avevano accertato
l’avvenuto decesso, in data 11.4.2002, di Bruni Carolina,
rappresentata nel giudizio di appello dall’Angelinetti, il
quale solo nel controricorso avrebbe genericamente riferito del decesso di Bruni Carolina senza indicarne la data. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art.
378 c.p.c.
Motivi della decisione
Con i motivi di ricorso Sandra Bruni deduce:

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la specie, l’art. 9 del D.M. 1444/68 che ” fa salve, per le

1)violazione o falsa applicazione degli artt. 869-871873-877 c.c.,nonché degli artt. 27 e 28 della L. n.
457/78; dell’art. 7 L. n. 1497/1939; del D.M. 11.9.1973;

punto 2, lettera e); contrariamente a quanto affermato dai
giudici di merito in ordine alla irrilevanza della regolarità delle concessioni edilizie, doveva ritenersi che la ricorrente “aveva il diritto/ dovere di realizzare il progetto, così come licenziato dal Comune e dalla Regione
Lombardia”, in difetto di ogni contestazione di controparte sul progetto e le autorizzazioni, avendo la L.n.
457/78 natura integrativa del codice civile e prevalendo
sulla normativa di cui al D.M. 1444/68; inoltre trovava
applicazione il criterio della prevenzione, secondo cui il
preveniente può costruire sul confine oppure ad una distanza inferiore ed, a sua volta, il prevenuto può costruire sul confine oppure alla distanza necessaria per il rispetto della distanza complessiva di mt. 3;
2)omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove la sentenza impugnata affermava ( pag. 5- 6):
a) che il sopralzo era stato eseguito a mt. 1,80 di distanza dal fabbricato confinante, mentre, in realtà, si trovava
a mt. 3, tenuto conto di ulteriori mt. 1,20 costituiti dalla
“distanza / arretramento della parete del ripostiglio”;

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del Regolamento Comunale e del P.R.G.-N.T.A.,art. 43,

b) che il fabbricato aggiunto era posto ad una distanza di
mt. 2,40 dal fabbricato originario, mentre tale distanza
riguardava il “fondo” e non il “fabbricato”; il giudice di

vazione carente e contraddittoria, per la demolizione del
fabbricato e non per il risarcimento del danno, non tenendo conto che il fabbricato di controparte, destinato a
c.d. “ripostiglio”, era privo di qualsiasi valore economico e commerciale, non ampliabile né sopraelevabile sicché difettava qualsiasi interesse di controparte alla pronuncia di demolizione.
Osserva il Collegio:
con riferimento all’istanza di interruzione del presente
giudizio, formulata dai difensori della ricorrente, deve
ritenersi ammissibile, ex art. 372, 1° comma c.p.c., la
documentazione allegata all’istanza stessa ( certificato
di morte di Carolina Bruni, sentenza Tribunale Como n.
87 del 20.12.2002 e sentenza della Corte di Appello di
Milano n. 514/07), essendo essa necessaria per la verifica della nullità della sentenza impugnata, per non essere stato il giudizio di appello proposto nei confronti
degli eredi di Carolina Bruni che, dopo il decesso, nel
corso del giudizio di primo grado, non poteva essere ulteriormente rappresentata da Giovanni Angelinetti.
Questa Corte ha,infatti, affermato che le nullità della

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appello aveva, peraltro, optato acriticamente, con moti-

sentenza, prese in considerazione dall’art. 372 c.p.c., al
fine di consentire la produzione di nuovi documenti in
cassazione, non sono solo quelle derivanti da vizi propri

ziali di forma e di sostanza della sentenza, ma anche
quelle originate, in via riflessa, da vizi radicali del procedimento che, attenendo alla identificazione dei soggetti del rapporto processuale e dunque alla legittimità
del contraddittorio, determino la nullità degli atti processuali compiuti, che può essere dedotta e provata per
la prima volta in sede di legittimità con idonea produzione documentale(Cass. n. 653/1989; n.9733/1998; n.
9374/2006).
Orbene, premesso che il giudizio di Cassazione é caratterizzato dall’impulso di ufficio e non è soggetto, quindi,
ad interruzione in presenza degli eventi di cui agli artt.
299 ss. c.p.c., dettati per il giudizio di merito(Cass. n.
8708/2000; n. 5626/2002), in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, va ribadito che qualora uno degli eventi idonei a determinare l’automatica interruzione del
processo ex art. 299 c.p.c., si verifichi nel giudizio di
primo grado e tale evento non venga dichiarato né notificato dal procuratore della parte cui l’evento si riferisce,
a norma dell’art. 300 c.p.c, il giudizio di impugnazione
deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti

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della sentenza, cioè dalla mancanza dei requisiti essen-

effettivamente legittimati(Cass.n.601/2009;n. 5387/2009;
n. 17692/2011), quali gli eredi della parte defunta.
Dal disposto dell’art.328 c.p.c. si desume, infatti, la vo-

zione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle
parti, indipendentemente sia dalla conoscenza

che

dell’evento abbiano avuto l’altra parte o il giudice, sia
da qualsiasi attività diretta a determinarla ed anche se
l’eventuale

ignoranza

dell’evento

sia

incolpevo-

le,rilevando l’effettiva conoscenza dell’evento interruttivo solo ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione.
Nella specie il giudizio di appello non è stato proposto
nei confronti degli eredi di Carolina Bruni, deceduta nel
corso del giudizio di primo grado, in data 11.4.2002,
come risulta dal relativo certificato di morte, sicché la
stessa non poteva, dopo il suo decesso, essere rappresentata da Giovanni Angelinetti che, invece, ha continuato a rappresentare la parte deceduta sino alla conclusione del giudizio di appello.
Com’è noto, in tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina
dei difensori e conferimento di procura alla lite, può
essere riconosciuto solo a colui che sia investito del potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al

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lontà del legislatore di adeguare il processo di impugna-

rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il
difetto di tali poteri costituisce causa di esclusione anche della “legittimatio ad processum” del rappresentante,

alla regolare costituzione del rapporto processuale, può
essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e,
quindi, anche in sede di legittimità( Cfr. Cass. n.
24179/2009).
Consegue che, non essendo stati attivati, nel caso di
specie, gli strumenti previsti per la prosecuzione del
giudizio nei confronti degli eredi della parte defunta,
tutti gli atti processuali posti in essere dopo l’evento
interruttivo- compresa la sentenza con cui è stato definito il processo- sono inidonei, perché nulli, a produrre effetti nei riguardi della parte deceduta.
Alla stregua dei rilievi svolti, la sentenza impugnata va
cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello
di Milano anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello
di Milano.
Così deciso in Roma il 28.1.2014

il cui accertamento, integrando un presupposto attinente

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