Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7736 del 07/04/2020

Cassazione civile sez. un., 07/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 07/04/2020), n.7736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 35585/2018 proposto da:

DELTA MOTOR GROUP OY, in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

FIELDFISHER – STUDIO ASSOCIATO SERVIZI PROFESIONALI INTEGRATI,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO DURANTE ed ALESSANDRO

BOLLA;

– ricorrente –

contro

FCA ITALY S.P.A. (già Fiat Group Automobiles s.p.a.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE CARSO 77, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO

ALBERINI, rappresentata e difesa dagli avvocati CARLO PARVIS e

CESARE GABASIO;

– controricorrente –

e contro

INTERNATIONAL FACTOR ITALIA – IFITALIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 735/2018 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 13/02/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Alessandro Bolla, Marco Durante e Federico Restano

per delega dell’avvocato Carlo Parvis.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Torino ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano proposta da Delta Motor Group OY, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo ad un credito azionato in via monitoria da s.p.a. Fiat Group Automobiles nei confronti della società opponente, in relazione ad una pluralità di contratti aventi ad oggetto la distribuzione di veicoli Fiat, assistenza tecnica e rivendita ricambi. A sostegno della giurisdizione del giudice italiano, il Tribunale ha affermato che i contratti sottoscritti dalle parti prevedono l’esclusiva competenza del Tribunale di Torino e che non rileva al riguardo la cessazione del rapporto e neanche la cessione dei crediti ad una società di factoring, dal momento che la Fiat ha agito sia come procuratrice speciale della cessionaria che in proprio, dovendosi rilevare, peraltro, che la cessione non ha riguardato tutti i crediti nei confronti di Delta. Ne consegue che la cedente può opporre le clausole di proroga della giurisdizione e, per lo meno per connessione ex artt. 28 e 29 Reg. CE n. 44 del 2001, deve riconoscersi la giurisdizione del giudice italiano.

2. La sentenza di primo grado è stata impugnata da Delta Motor Group e la Corte d’Appello ha respinto l’impugnazione con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., con la quale ha confermato la giurisdizione del giudice italiano, rilevando, oltre a quanto già affermato dal giudice di primo grado, che della deroga potrebbe dolersi soltanto il cessionario del credito il quale non ha sottoscritto i contratti, ma non il debitore ceduto che ha espressamente accettato, con la clausola in oggetto, la giurisdizione del giudice italiano. La Fiat, in conclusione, può invocarne l’applicazione sia in quanto parte dei contratti sia come cessionaria dei crediti per connessione.

3. Avverso la pronuncia di primo grado ha proposto ricorso per cassazione Delta Group, accompagnato da memoria illustrativa. Ha resistito con controricorso Fiat Group, anch’esso accompagnato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Nel primo motivo di ricorso viene contestata l’affermazione della giurisdizione del giudice italiano. Si sostiene al riguardo che la società cedente abbia perso la legittimazione ad agire, dal momento che la cessione effettuata, è pro soluto, cosicchè non residua alcun credito commerciale in capo a Fiat, all’esito di essa. La società cessionaria Ifitalia risulta, pertanto, estranea al rapporto Delta – Fiat, con conseguente inapplicabilità della clausola di proroga della giurisdizione. Il cessionario del credito acquista soltanto la titolarità di esso ma non dell’intera posizione contrattuale. Ne consegue che non si applica la clausola di esclusiva. In ciò si coglie la distinzione con la cessione del contratto. La cessione è stata integrale come da sostanziale ammissione Fiat, desumibile dagli atti difensivi, e da documenti che vengono allegati. La Fiat non può far valere, nè in via diretta nè per connessione, la clausola di esclusiva perchè ha definitivamente perduto la legittimazione. Ifitalia non è subentrata nel rapporto contrattuale ma solo nella titolarità del credito, ragione per cui la clausola opera solo nei rapporti Fiat – Delta. Tale affermazione trova conferma nell’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale soltanto il debitore ceduto e non il cessionario può avvalersi della clausola compromissoria. Il negozio compromissorio è autonomo non si trasmette al cessionario. Pertanto le domande proposte autonomamente da Ifitalia non possono essere conosciute dal giudice italiano in ragione della normativa comunitaria nè l’intervento volontario di Ifitalia può essere idoneo ad invocare in suo favore la clausola derogatoria della giurisdizione.

La parte ricorrente richiama, infine, l’orientamento della Corte di Giustizia secondo il quale la clausola attributiva della competenza non può essere estesa a chi non l’abbia pattuita.

5. Devono essere preliminarmente affrontate le eccezioni d’inammissibilità del ricorso proposte dalla parte controricorrente.

5.1 In primo luogo viene evidenziato che la Corte d’Appello nell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., ha enucleato un’ulteriore ed autonoma ragione d’infondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, rilevando come la Delta avesse sottoscritto ed accettato le clausole relative alla giurisdizione del giudice italiano. Ciò avrebbe imposto l’autonoma impugnazione dell’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello, in quanto avente valore di sentenza di merito, mentre oggetto del ricorso per cassazione sono state esclusivamente le rationes di rigetto contenute nel provvedimento del Tribunale.

L’eccezione è infondata. La giurisprudenza di legittimità posta a base della prospettata eccezione (cfr. in particolare, oltre alle citate Cass. 13923 del 2015 e 15644 del 2017, anche la n. 5655 e la n. 25366 del 2018) si limita ad affermare l’ammissibilità dell’impugnazione dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., ove evidenzi l’inesattezza delle ragioni poste a base della decisione di primo grado e contenga rationes diverse da quelle giustificative della pronuncia del Tribunale. Non si rinviene in queste pronunce la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione rivolta verso la pronuncia di primo grado, come ritiene erroneamente la parte controricorrente, prospettando una lettura della norma (art. 348 ter c.p.c., comma 3) contrastante con la prescrizione specifica in essa contenuta. Ci si limita a ritenere, con gli orientamenti esaminati, che, ove ve ne siano i presupposti, da accertarsi rigorosamente, tenendo conto del perimetro dell’autonoma impugnabilità dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., indicati da S.U. 1914 del 2016, possa configurarsi una ulteriore facoltà difensiva e processuale in capo alla parte soccombente in primo e secondo grado rivolta alla pronuncia d’appello. Coerentemente con quanto affermato, nelle recenti pronunce n. 4870 e 18835 del 2019, viene precisato che l’eccesso motivazionale dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., “non costituisce vizio proprio dell’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., deducibile come motivo di ricorso per cassazione”, (Cass. 4870 del 2019) e che l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., non è autonomamente impugnabile “per il sol fatto che essa, pur condividendo le ragioni della decisione appellata, contenga anche proprie argomentazioni, diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado, perchè tale possibilità è consentita dall’art. 348 ter c.p.c., comma 4, che permette, in tal caso, l’impugnazione della sentenza di primo grado per vizio di motivazione (Cass. 18835 del 2019).

Nel caso di specie, peraltro, l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., non smentisce affatto le argomentazioni poste a base della pronuncia di primo grado ma le rafforza, con ulteriori profili strettamente attinenti al fondamento in diritto della giurisdizione del giudice italiano, ponendosi, di conseguenza, del tutto all’interno del requisito della non ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello che ne definisce legislativamente l’ambito di applicazione (art. 348 bis c.p.c., comma 1).

La parte ricorrente può, in conclusione, ove lo ritenga strategicamente utile, contestare tali argomentazioni nei motivi di ricorso ancorchè non esplicitamente espressi nella pronuncia di primo grado.

5.2. Deve essere disattesa anche la seconda eccezione d’inammissibilità formulate dalla parte controricorrente. Viene rilevato che oggetto di censura è la statuizione di merito relativa al fatto che non tutti i rapporti di credito-debito intercorsi tra le parti sono oggetto di cessione. Il rilievo, tuttavia, è strumentale alla affermazione, oggetto del ricorso, della giurisdizione del giudice finlandese. L’accertamento della giurisdizione richiede la cognizione dei fatti idonei alla corretta qualificazione della causa petendi e del petitum. Entro questi limiti la censura prospettata è del tutto ammissibile, così come il sindacato delle S.U. relativo alla giurisdizione.

5.3. Deve, infine, essere disattesa anche l’eccezione d’inammissibilità relativa al difetto di specificità nell’indicazione della concreta reperibilità dei documenti. Il ricorso ne consente agevolmente l’esame. Non può trascurarsi, inoltre, che le Sezioni Unite sono tenute all’esame degli atti processuali al fine della verifica dei fatti allegati a sostegno della qualificazione della domanda e del rapporto dedotto in giudizio quando sono chiamate a regolare od affermare la giurisdizione.

6. L’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione deve essere preceduto dalla sintetica esposizione del quadro normativo unionale applicabile, da individuarsi nel regolamento n. 44 del 2001 ed, in particolare, nell’art. 23, comma 1, nel quale si prescrive che: “Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano attribuito la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta a questo giudice o ai giudici di questo Stato membro”. La parte ricorrente ritiene non applicabile la norma in oggetto nell’ipotesi della cessione di credito pro soluto perchè, a causa del subentro, nella posizione creditoria, del cessionario, la clausola di determinazione convenzionale esclusiva della giurisdizione, non sarebbe più operante tra cedente e ceduto, avendo perso, il primo, la legittimazione ad avvalersi di essa, in quanto estromesso dal rapporto creditorio.

6.1 L’assunto contrasta con la giurisprudenza della Corte di giustizia e delle sezioni unite di questa Corte. Occorre premettere che il dibattito sull’efficacia della clausola contrattuale di proroga della giurisdizione ha riguardato in via pressochè esclusiva la posizione del cessionario, in quanto estraneo al rapporto contrattuale originario, e non il ceduto che la clausola ha sottoscritto impegnando irrevocabilmente (nei limiti delle regole normative e negoziali) la sua volontà. Di conseguenza, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte ricorrente non può trarsi dai principi elaborati dalla Corte di Giustizia alcuna conferma all’inapplicabilità sopravvenuta della clausola di proroga della giurisdizione invocata dalla Delta Motor Group. Nella sentenza del 27 gennaio 2000, caso Dansommer c. Andreas Goss, la Corte di Giustizia, in coerenza con i propri precedenti, ha stabilito che la competenza giurisdizionale esclusiva stabilita dalla Convenzione di Bruxelles, nel testo ratione temporis applicabile, in relazione al contratto di affitto di immobili, è applicabile anche ad una causa di risarcimento danni da cattiva manutenzione dei locali intentata dall’operatore turistico cui era stata affidata la gestione reddituale dell’immobile e che si è surrogato nella posizione del proprietario anche ai fini assicurativi. La diversità dei contratti (affitto d’immobili, nel caso sottoposte alla Corte di Giustizia e vendita di beni e servizi nella fattispecie dedotta nel presente giudizio) e la previsione legislativa, invece che convenzionale, della clausola di competenza esclusiva non escludono l’incidenza diretta del principio stabilito in sede unionale in ordine alla soluzione della questione di giurisdizione dedotta nel presente giudizio. Coerente con l’illustrato principio è anche la sentenza successiva, ancorchè citata dalla parte ricorrente a sostegno del difetto di giurisdizione del giudice italiano, del 20 aprile 2016 (causa C-366/2013), nella quale è stato affrontato specificamente il tema relativo all’ambito di applicazione della clausola di proroga della competenza giurisdizionale anche oltre le parti che l’hanno sottoscritta, ed è stato stabilito che ove sia contenuta in un prospetto di emissione di titoli obbligazionari, essa sia vincolante anche per il terzo che abbia acquistato i titoli da un intermediario finanziario che subentri nei diritti ed obblighi dell’intermediario. La Corte di Giustizia ha sottolineato il rilievo dell’accertamento dell’effettività del consenso in relazione alla clausola ma solo con riferimento al terzo subentrante od agente in surroga del contraente che aveva sottoscritto il testo negoziale contenente la clausola di competenza giurisdizionale esclusiva. Non viene mai posta in dubbio l’efficacia della clausola tra le parti originarie del contratto che abbia subito medio tempore una modificazione soggettiva.

6.2. Dalla medesima esigenza di definire la posizione del terzo subentrante sono scaturiti gli orientamenti delle Sezioni Unite di questa Corte. In particolare, nella sentenza n. 10312 del 2006 viene affermato, in relazione ad una fattispecie contrattuale sovrapponibile a quella dedotta nel presente giudizio: “il patto di proroga di competenza giurisdizionale esplica efficacia anche nei confronti dei soggetti cessionari del credito, che sono succeduti nella posizione del creditore cedente verso il debitore ceduto, poichè il soggetto obbligato e ceduto non può trovarsi rispetto al cessionario, che al momento dell’insorgenza dell’obbligazione era terzo e, quindi, estraneo alla pattuita proroga di competenza giurisdizionale, in una posizione diversa rispetto a quella che aveva nei riguardi del cedente, anche in relazione alla proroga di competenza, la quale, perciò, produce efficacia anche verso il terzo cessionario, proprio perchè questi subentra nella medesima posizione del suo dante causa”. La posizione del debitore ceduto, parte ricorrente nel presente giudizio, non può subire mutamenti in relazione al tessuto negoziale convenuto per effetto di una modificazione soggettiva relativa ad una delle obbligazioni previste nel contratto. Il principio di tutela dell’affidamento del debitore ceduto nel regolamento contrattuale sottoscritto originariamente con il cedente si applica anche alla clausola di proroga di competenza che, una volta accettata mediante la prestazione del consenso nelle forme previste dalla legge, rimane immutata, salvo una diversa ed alternativa pattuizione tra ceduto e cessionario, come stabilito nella successiva ordinanza delle Sezioni Unite n. 10862 del 2011. In questa pronuncia la Corte ha espressamente affermato: “la clausola di proroga della giurisdizione, ai sensi dell’art. 23 del regolamento CE n. 44 del 2001, ha efficacia anche nei confronti del soggetto cessionario del credito, il quale sia succeduto nella posizione del creditore cedente verso il debitore ceduto, ben potendo, tuttavia, risultare un diverso patto tra il cessionario ed il debitore ceduto, in sede di adesione alla cessione, dal quale legittimamente ed efficacemente risulti l’individuazione di una diversa autorità giudiziaria competente. Il ceduto non può trovarsi in virtù della cessione in posizione negoziale diversa da quella che aveva con il cedente. Ne consegue che, come rilevato anche nell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., della Corte d’Appello, l’inoperatività della clausola può essere fatta valere, nei limiti prefissati dalla giurisprudenza Eurounitaria e delle Sezioni Unite, soltanto dal cessionario e non dal ceduto, il quale, tuttavia, può opporre a quest’ultimo soltanto le eccezioni che poteva opporre al cedente.

7. Non può, pertanto, accogliersi, l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, formulata dalla parte ricorrente, perchè l’efficacia della clausola di proroga della competenza giurisdizionale in capo ai contraenti originari del contratto che abbia, successivamente alla stipulazione, subito una modificazione soggettiva relativa ad una delle obbligazioni in esso contenute, risulta univocamente confermata dalle norme unionali, dalle norme interne e dai principi giurisprudenziali sopra illustrati. Peraltro, anche in relazione alla posizione del cessionario, parte del presente giudizio ma rappresentato da F.C.A. italy S.P.A., la conclusione non muta. Tale parte non ha affatto invocato l’inoperatività della clausola per non aver direttamente sottoscritto il contratto e, comunque, ad essa era pienamente opponibile in virtù del principio sopra illustrato dell’immodificabilità senza mutuo consenso del regolamento contrattuale concluso e vincolante il debitore ceduto.

8. Deve, inoltre, rilevarsi, che la clausola convenzionale di proroga della giurisdizione non presenta alcuna omogeneità di contenuto ed effetti rispetto a quella compromissoria. Ne consegue la superfluità ai fini della decisione dell’indagine sul tema, peraltro controverso e dibattuto, in dottrina ed in giurisprudenza, relativo all’autonomia della clausola compromissoria rispetto al regolamento d’interessi contenuto nel contratto, in caso di eventi modificativi delle posizioni soggettive di esso.

9. Infine, le considerazioni soprasvolte escludono la necessità di estendere l’indagine alle norme del regolamento UE n. 44 del 2001 che disciplinano gli effetti della connessione tra cause ai fini della giurisdizione (art. 28, comma 3 del regolamento). Deve, tuttavia, rilevarsi, che l’accertamento di fatto svolto dal Tribunale in ordine alla mancata integrale cessione dei crediti susseguenti al contratto stipulato tra Delta Motor e F.C.A Italy ed alla perdurante legittimazione, in qualità di diretta creditrice di quest’ultima in relazione ad alcune posizioni creditorie, non è stato idoneamente censurato dalla parte ricorrente. Nel punto C.4 del ricorso viene affermato genericamente che tutte le somme del ricorso monitorio sono oggetto della cessione pro soluto anche attraverso la riproduzione di affermazioni generali contenute negli atti difensivi della controparte, ma senza contestare o confrontarsi in concreto con il predetto accertamento di fatto dal quale è scaturita la diversa quantificazione del credito complessivo e di quello ceduto, contenuta a pag. 6 della sentenza del Tribunale.

10. In conclusione, anche in virtù dell’applicazione dell’art. 27, comma 3 del regolamento UE n. 44 del 2001 deve essere affermata la giurisdizione del giudice italiano, oltre che per la vigenza ed applicabilità della clausola convenzionale di proroga di essa contenuta nel contratto stipulato tra le parti.

11. Al rigetto del ricorso consegue l’applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte contro ricorrente da liquidarsi in Euro 10000 per compensi, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Sussistono i requisiti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , ve dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2020

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