Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7735 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 18/03/2021), n.7735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12226/2019 proposto da:

B.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al

ricorso, dall’Avvocato Daniela Vigliotti, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Gallarate (VA), Via G.B. Trombini n. 3.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di MILANO, depositato in data 25

marzo 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. IRENE SCORDAMAGLIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il decreto n. 2700/2019, depositato il 25 marzo 2019, il Tribunale di Milano, decidendo sulla domanda di protezione internazionale avanzata da B.M., cittadino del (OMISSIS), dopo il diniego della Commissione Territoriale, ha rigettato la domanda così proposta dal ricorrente, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il Tribunale, dopo avere dato atto della provenienza del richiedente e delle sue condizioni di vita nel Paese di origine, ha ricordato come questi avesse riferito di essere stato costretto a fuggire dal Gambia, perchè arrestato in seguito alla falsa accusa di furto, mossagli dallo zio, della merce di scorta del negozio gestito da entrambi. Ha, poi, ritenuto di non riconoscere la fondatezza della protezione maggiore, in ragione sia della valutazione complessiva di non credibilità del racconto del richiedente, sia – anche in riferimento all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dell’assenza dei relativi presupposti; ha, altresì, ritenuto non fondata la domanda di protezione umanitaria, in ragione della mancata allegazione di specifiche situazione di vulnerabilità e di fatti attestanti un’effettiva integrazione sociale nel Paese ospitante.

2. Il decreto è stato impugnato da B.M. con ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

3. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il solo motivo proposto, parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, in combinato disposto con l’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva 32/2013, e con l’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2 e art. 117 Cost., comma 1, in quanto il Tribunale avrebbe rigettato il ricorso senza “dar luogo all’interrogatorio libero del ricorrente, nonostante la mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese avanti alla Commissione territoriale” (pag. 4).

La censura non è fondata.

1.1. Questa Corte ha affermato che, in tema di protezione internazionale, allorchè il richiedente impugni la decisione della Commissione territoriale e la videoregistrazione del colloquio non sia disponibile, il giudice deve fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto che decide il ricorso per violazione del principio del contraddittorio, nè rilevando in contrario la circostanza che il ricorrente abbia omesso di prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato un pregiudizio per la decisione di merito, in quanto la mancata videoregistrazione del colloquio, incidendo su un elemento centrale del procedimento, ha palesi ricadute sul suo diritto di difesa (Sez. 1, n. 10786 del 17/04/2019, Rv. 653473; Sez. 1, n. 32029 del 11/12/2018, Rv. 651982).

Tuttavia, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente anche quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. E’ stato, infatti, chiarito che, nei giudizi in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Sez. 1, n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982). Si è, difatti, spiegato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, deve essere letto in conformità al disposto dell’art. 46, par. 3, della direttiva 2013/32/UE nell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia UE (Corte di Giustizia, sez. II, 26/7/2017 in causa C-348/16 e sez. II, 9/2/2017 in causa 560/2014), di modo che, ove il ricorso contro il provvedimento di diniego di protezione contenga motivi o elementi di fatto nuovi ovvero il ricorrente proponga istanza di audizione, argomentando in modo circostanziato e specifico circa la necessità di chiarimenti, correzioni e delucidazioni in ordine al contenuto del colloquio espletato in sede amministrativa, il giudice non può sottrarsi all’audizione del richiedente, trattandosi di strumento essenziale per verificare la coerenza e la plausibilità del racconto, quali presupposti per attivare il dovere di cooperazione istruttoria (Sez. 1, n. 25439 del 11/11/2020, Rv. 659659; Sez. 1, n. 27073 del 23/10/2019, Rv. 656871).

1.3. Nella fattispecie in verifica l’udienza di comparizione delle parti è stata regolarmente fissata, come ammesso dallo stesso ricorrente (pag. 3 del ricorso), senza che fosse ritenuta necessaria l’audizione. A fronte di tale pacifica evidenza il ricorrente non ha dedotto – tantomeno in modo puntuale e specifico – di aver introdotto con il ricorso nuovi temi di indagine o dedotto fatti nuovi che la imponessero, nè di avere avanzato istanza di ascolto in sede giurisdizionale per offrire specifici chiarimenti, correzioni e delucidazioni in ordine al contenuto del colloquio espletato in sede amministrativa.

1.4. Il ricorrente non ha poi indicato specificamente quale “disguido” gli avesse impedito di comparire all’udienza del 19 febbraio 2019, fissata per la comparizione delle parti, e se, in quella sede, il difensore avesse insistito per l’audizione del richiedente da espletarsi in una nuova udienza all’uopo fissata.

1.5. Ne viene che, soffermandosi sulla mera aspettativa di essere nuovamente sentito dal Tribunale, in assenza del debito esercizio da parte sua del potere processuale di allegazione, il ricorrente assume infondatamente la sussistenza di una automatica necessità processuale di una doppia audizione sugli stessi fatti, in sede amministrativa e giurisdizionale.

2. Il ricorso va, dunque, rigettato. Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’Amministrazione intimata. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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