Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7735 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/04/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 05/04/2011), n.7735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE M1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.J. elettivamente domiciliato in ROMA, via Barberini 12

presso l’avvocato D’Ippolito Maria Beatrice che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Claudio Franceschini giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno e Questore di Perugia;

– intimati –

avverso il decreto n. 115 della Corte d’Appello di Perugia depositato

il 9.1.2010;

udita la relazione della causa svolta nella c.d.c. del 24.2.2011 dal

Cons. Dott. Luigi MACIOCE;

udito l’avv. Claudio Franceschini, che ha richiamato il ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha aderito alla relazione.

Fatto

RILEVA IN FATTO

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata l’8.10.2010 ha formulato considerazioni e proposte nel senso;

CHE il cittadino albanese D.J. ebbe ad impugnare il diniego 25.8.2007 che il Questore di Perugia aveva frapposto alla sua richiesta di ricongiungimento familiare con il coniuge G. S., titolare di permesso per ragioni di lavoro e madre dei suoi tre figli, diniego motivato con la preclusione rappresentata dalla condanna a cinque anni di reclusione per violazioni alla legge sugli stupefacenti; CHE il Tribunale, nuovamente adito dopo pronunzie afferenti il processo, con decreto 26.6.2009 accolse il ricorso disponendo che la Questura rilasciasse un permesso della durata di sei mesi rinnovabile previa verifica; CHE la Corte di Appello di Perugia con decreto 9.1.2010 ha, per quel che rileva, riformato la decisione e rigettato l’opposizione al diniego di permesso osservando: che era abnorme la decisione del Tribunale di concedere un permesso temporaneo per ricerca di lavoro ed in attesa di giudizio, che, lo stesso ricorrente non contestava il difetto delle condizioni di cui all’art. 30 del T.U. per il rilascio del permesso per motivi familiari, men che meno rilevando le esigenze difensive dello straniero che di tal permesso non aveva fatto richiesta (e che non era stato concesso e che, se negato, sarebbe dovuto essere portato innanzi al G.A.), che nessuna contraddizione era lecito poi scorgere con le misure di divieto di espatrio adottate dal giudice penale; CHE per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso lo straniero con ricorso notificato il 12.4.2010 al Ministero dell’Interno ed al Questore, che non hanno svolto difese; CHE ad un ricorso per cassazione avverso provvedimento pubblicato, come nella specie, il 9.01.2010, devono essere applicate le disposizioni di cui all’art. 360 bis c.p.c. introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 47;

CHE il ricorso si palesa radicalmente inammissibile, posto che esso, in una non chiara esposizione di fatti e di tesi in diritto, manca di cogliere la chiara ratio decidendi alla base del decreto, che è quella per la quale la causa petendi della censura posta innanzi al Tribunale ed al giudice del reclamo era quella diretta ad invalidare il diniego di concessione di permesso per ragioni familiari e non certo quella di ottenere – come incongruamente operato dal primo giudice – una sorta di licenza temporanea per permanere in Italia in attesa della definizione del giudizio; CHE anzi la Corte di Appello correttamente evidenzia come a concedere il permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro ed a conoscere della impugnativa del diniego sarebbero stati competenti il Questore ed il TAR nel mentre il Tribunale e la Corte di Appello giustificavano la loro cognizione solo D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 30, comma 6, trattandosi di diniego di permesso per ragioni familiari; CHE, ancora, la Corte di Appello ha affermato che il ricorrente neanche aveva contestato come la sua situazione di condannato ostasse alla concessione del permesso (in tal guisa evidentemente postulandosi una condizione di grave pericolosità ostativa al permesso ai sensi del T.U., artt. 29 e 30 come modificati dal D.Lgs. n. 5 del 2007, art. 2); CHE di nessuna delle statuizioni sopra sintetizzate è consapevolezza nel ricorso, che si dilunga nella denunzia delle violazioni dei diritti costituzionali al lavoro, alla difesa, al mantenimento della famiglia da parte dello straniero concludendo a pag. 17 con una conclusione – quesito di particolare genericità; CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e dichiarato inammissibile.

OSSERVA:

Ritiene il Collegio che le trascritte considerazioni meritino piena condivisione. Va al proposito osservato che il difensore del ricorrente, che nessuna memoria critica ha sulla relazione depositato, ha anche segnalato in adunanza camerale di non aver avuto tempestivo avviso della udienza del 24.2.2011 in quanto il proprio domiciliatario si sarebbe trasferito. Rileva il Collegio come emerga che è stata tentata la notifica dell’avviso d’udienza prima al domicilio dichiarato (avv. M. B.D’Ippolito in P.zza Barberini 12) e che, essendo emerso in sede di notificazione che il domiciliatario si era trasferito (in P.zza Barberini 47), è stata effettuata la rituale, e tempestiva, notifica presso la cancelleria della Cassazione in data 18.1.2011 non avendo il difensore comunicato alla cancelleria della Corte la variazione del domicilio eletto.

Pertanto, in piena condivisione della relazione, si rigetta il ricorso. Nulla è a provvedere sulle spese, in difetto di difese degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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