Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7735 del 02/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 7735 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: FALASCHI MILENA

Esecuzione
specificaEccezione
inadempimento

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7206/08) proposto da:
TUCCILLO GIORGIO, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avv.to Francesco Petillo del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in
Roma, viale Mazzini n. 117;
– ricorrente –

4
t

contro
DI SENA BIAGIO, DI SENA AGOSTINO e DI SENA NICOLA, rappresentati e difesi dall’Avv.to
Francesco Paolo Ragozini del foro di Napoli, in virtù di procura speciale apposta in calce al
controricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to Maria D’Alessandro in
Roma, via Nicola Fabrizi n. 11/A;
– controricorrenti –

1

2,6 fg/l 3

Data pubblicazione: 02/04/2014

e contro
DI SENA MARIA, rappresentata in appello dall’Avv.to Raffaele D’Amore del foro di Noia e
domiciliata presso il suo studio in Noia, via Cimatile n. 60;
– intimata –

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12 dicembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l’Avv.to Raffaele D’Amore (con delega dell’Avv.to Francesco Paolo Ragozini), per
parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Francesca Ceroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 2 maggio 1997 Giorgio TUCCILLO evocava, dianzi al Tribunale
di Nola, Maria, Biagio, Agostino e Nicola DI SENA esponendo di avere stipulato con i convenuti
contratto preliminare di vendita di un terreno in Brusciano e deducendo il loro inadempimento, per
cui chiedeva pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c., disposta c.t.u. al fine della esatta
valutazione del prezzo fissato nell’ammontare in £. 140.000 al mq. e la corresponsione del
residuo prezzo; in subordine, la condanna dei convenuti alla restituzione del doppio della caparra
versata.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei DI SENA, i quali eccepivano l’inadempimento di
parte attrice e in riconvenzionale chiedevano la risoluzione della scrittura privata, con
incameramento della caparra versata, oltre al risarcimento dei danni, il giudice adito, rigettava la
domanda principale e in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiarava risolto il preliminare,

2

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3461 depositata il 9 novembre 2007.

ordinando ai convenuti la restituzione della caparra ricevuta, condannando l’attore al pagamento
della somma di €. 16.000,00 a titolo di risarcimento dei danni.
In virtù di rituale appello interposto dal TUCCILLO, con il quale lamentava la erronea
interpretazione dei fatti di causa da parte del giudice di prime cure, con mancato esame della

determinazione del prezzo, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza dei DI SENA, che
proponevano appello incidentale, relativamente al capo che li aveva condannati alla restituzione
della caparra, rigettava sia l’appello principale sia quello incidentale.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava — quanto all’eccezione di
reciproco inadempimento ex art. 1460 c.c. — che i promittenti venditori si erano attivati per
chiedere al Comune l’approvazione del progetto di lottizzazione del suolo compromesso,
presentando un progetto redatto da tecnico di loro fiducia; aggiungeva che prima della scadenza
del termine fissato per il rogito, avevano inviato al notaio di fiducia dell’acquirente la
documentazione necessaria per la stipula ed avevano sollecitato il promissario acquirente a
concludere il definitivo, prima verbalmente e poi con lettera di messa in mora del dicembre 1995,
reiterata nel febbraio e nell’ottobre 1996. A fronte di detta condotta l’inadempimento
dell’appellante atteneva alla violazione di una clausola per la quale le parti avevano previsto una
penale.
Concludeva che doveva ritenersi — in un giudizio di comparazione in ordine al comportamento

scrittura privata del 13.10.1994, completo di tutti gli elementi essenziali, anche quanto alla

tenuto da entrambe le parti — che si era resa responsabile delle trasgressioni maggiormente
rilevanti la parte promissaria acquirente.
Quanto all’appello incidentale sottolineava la previsione della caparra penitenziale, la quale
esauriva la sua funzione quale patto di recesso con corrispettivo, per cui la somma versata a tale
titolo doveva essere restituita.

3

()1

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione il
TUCCILLO affidato a due motivi, al quale hanno resistito con controricorso, illustrato anche da
memoria ex art. 378 c.p.c., i soli DI SENA Biagio, Agostino e Nicola, non svolte difese da Maria DI

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, oltre
a travisamento dei fatti, illogicità manifesta e violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363,
1453, 2932 c.c. per avere la corte di merito ritenuto assorbito il primo motivo di appello, senza
considerare che atteneva alla esatta individuazione della domanda attorea in relazione all’effettivo
contenuto della promessa di vendita e all’asserito inadempimento dell’attore. A conclusione del
mezzo viene formulato il seguente quesito di diritto: “accerti la Corte se la sentenza impugnata ha
violato l’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1453 e 2932 c.c. ed ogni norma relativa,
per avere violato le richiamate regole di legge, per avere travisato gli atti di causa, per avere
omesso ogni indicazione in ordine agli elementi sui quali ha fondato la propria decisione nonché
l’inter logico giuridico seguito per addivenire a condividere la prospettazione e le valutazioni del
giudice di primo grado in merito alla domanda ed alla promessa di vendita oggetto del
contendere, per avere con manifesta illogicità ritenuto di valutare prima il secondo motivo che
atteneva all’inadempimento e poi il primo che atteneva alla domanda ed al contratto, quindi per

SENA, pure regolarmente intimata.

avere rigettato lo specifico motivo d’appello con omessa motivazione ovvero, essendosi limitato a
ritenerlo ‘assorbito’, con motivazione assolutamente insufficiente e contraddittoria”.
Il mezzo non è da accogliere.
Il giudice, con una valutazione di merito congruamente e logicamente motivata e quindi non
censurabile in questa sede, ha accertato che le altre questioni poste dall’appellante con il primo
motivo di gravame, afferendo a profili ‘più formali che sostanziali’, rimanevano assorbite dal

4

9

rigetto del secondo mezzo, riguardante la sussistenza (o meno) dell’inadempimento dei venditori,
e quindi il merito della controversia. Di qui la selezione dell’ordine dì trattazione delle questioni
tenendo conto del carattere delle stesse.
D’altronde, l’art. 276 c.p.c., nel disporre che il collegio decide gradatamente le eccezioni proposte

che giuridico, in quanto la decisione in senso positivo o negativo di una questione pregiudiziale
può portare all’assorbimento delle successive o di tutte o di alcune eccezioni di merito, sia sotto il
profilo dell’assorbimento inteso come preclusione, sia dell’assorbimento inteso come rigetto
(Cass. 23 gennaio 2009 n. 1696; Cass. 15 ottobre 1976 n. 3469).
Il principio che nel processo civile incorre in violazione dell’art. 112 c.p.c., la sentenza che trascuri
l’ordine logico delle questioni proposte in giudizio, essendo questo rimesso alla facoltà delle parti,
per effetto del principio dispositivo, salvo che si tratti di pregiudiziali rilevabili di ufficio, è stato da
questa Corte affermato con riguardo a un caso in cui l’ordine voluto dagli interessati, i quali
avevano formulato una richiesta di reintegrazione nel possesso dei beni d’uso civico solo
subordinatamente all’accertamento dei loro diritti in sede petitoria, era stato ribaltato dal
decidente, il quale aveva arbitrariamente dato la precedenza alla richiesta formulata in via
subordinata rispetto a quella formulata in via principale (confr. Cass. 19 settembre 1992 n.
10748).
Nella fattispecie invece il motivo di doglianza, ed il correlato quesito di diritto, neanche chiariscono
in quali termini un differente ordine di trattazione delle questioni, come illustrate in appello,
avrebbe portato ad un diverso esito del giudizio.

Con il secondo motivo lamenta che il giudice di appello nel ritenere l’inadempimento del
promissario acquirente, esaminando preliminarmente l’asserito inadempimento delle parti, e non
il contenuto della promessa di vendita, avrebbe sovvertito ogni principio logico giuridico, senza
tenere in alcun conto la essenzialità o meno del termine per la stipula, dalla valutazione del quale

5

dalle parti o rilevabili d’ufficio, e quindi il merito, costituisce espressione di un principio logico, oltre

soltanto discendeva l’inadempimento dell’una o dell’altra parte. A corollario del mezzo viene
posto il seguente quesito di diritto: “accerti la Corte se la sentenza impugnata ha violato l’art. 360
n. 3 e n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1362, 1363, 1453 e 2932 c.c. per avere la Corte di appello
ritenuto l’inadempimento dell’appellante interpretando in modo illogico, palesemente erroneo e

stipula, la essenzialità de/termine per la stipula, l’inadempimento del promittente acquirente”.

Il motivo, al pari del primo, non può essere accolto.

In relazione alla lamentata erronea applicazione dei principi regolatori della disciplina
dell’inadempimento contrattuale occorre rilevare che è pacifico nella giurisprudenza di legittimità il
principio secondo cui, nel contratti a prestazioni corrispettive ed in caso di denuncia di
inadempienze reciproche, è necessario far luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al
comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi
ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni
maggiormente rilevanti a causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente
alterazione del sinallagma: tale accertamento prendendo le mosse dalla valutazione dei fatti e
delle prove, rientra nei poteri del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se
congruamente motivato.

Nel caso di specie la Corte di appello, con motivazione puntuale e persuasiva oltre che esente da
vizi logici e da errori di diritto, ha proceduto alla disamina di tutti gli elementi acquisiti al processo
ed ha coerentemente concluso – sulla base di fatti qualificanti e nell’ambito dell’economia del
rapporto – per la non ravvisabilità di alcuna inadempienza nel comportamento dei venditori (in ciò
condividendo il convincimento del giudice di prime cure), i quali si erano attivati per chiedere al
Comune l’approvazione del progetto di lottizzazione del suolo promesso in vendita, depositando
un progetto redatto da tecnico di loro fiducia, curando di inviare al notaio individuato dal

6

con motivazione insufficiente e contraddittoria le clausole contrattuali relative al termine per la

promissario acquirente la documentazione necessaria per la stipula del definitivo (circostanze
emergenti dalle dichiarazioni testimoniali assunte), oltre a sollecitare il TUCCILLO a fissare la
data per il rogito.

dell’appellante atteneva alla violazione di una clausola cui le parti avevano attribuito una notevole
importanza, ricollegandovi la previsione di una penale. a Corte di merito ha quindi dato conto del
perché, nella valutazione complessiva del rapporto, abbia ritenuto sussistente l’inadempimento
del promissario acquirente.

In definitiva, poiché resta preclusa ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non
può il ricorrenti pretendere il riesame del merito solo perché la valutazione delle dette circostanze
di fatto come operata dalla Corte di appello non collima con le sue aspettative e con le sue tesi
difensive.

In conclusione il ricorso va rigettato e la parte ricorrente condannata al pagamento
delle spese del giudizio di Cassazione in base al principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione, che liquida in complessivi €. 6.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 12 dicembre 2013.

Al riguardo la Corte territoriale non ha mancato di evidenziare che l’accertato inadempimento

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA