Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7734 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7734 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: FALASCHI MILENA

Inadempimento
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6145/08) proposto da:
ORIZZONTE s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in
forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Guglielmo Guerra del foro di Rimini ed
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to Paolo Gelli in Roma, via Carlo Poma n. 4;
– ricorrente –

contro
SAVORETTI DANIELE, rappresentato e difeso in appello dall’Avv.to Giancarlo Pasini e
domiciliato presso il suo studio in Rimini, via Serpieri n. 20;
– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Rimini n. 2 depositata 18 gennaio 2007.

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Data pubblicazione: 02/04/2014

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12 dicembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Francesca Ceroni, che — in assenza della parte costituita – ha concluso per l’inammissibilità del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 13 settembre 2001 la ORIZZONTE s.r.l. evocava, dinanzi al
Giudice di pace di Rimini, Daniele SAVORETTI chiedendone la condanna al pagamento di £.
4.080.000, oltre a rivalutazione ed interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura di piastrelle di
rivestimento documentata dalla fattura n. 451/2001.
Instaurato il contraddittorio, rimasto contumace il convenuto, il quale si costituiva solo all’udienza
fissata per gli incombenti istruttori e chiedendo il rigetto della domanda, deducendo che
controparte aveva maggiorato il prezzo pattuito dell’iva, contravvenendo agli accordi assunti sul
prezzo concordato in £. 3.400.000, iva compresa, eccepito successivamente il ritardo nella
consegna del materiale ordinato, il giudice adito, escusso il teste indotto da parte attrice, rigettava
la domanda attorea non ritenendo provati i fatti posti a fondamento della stessa e in accoglimento
della richiesta di parte convenuta, dichiarava risolto il contratto de quo.
In virtù di appello interposto dalla società ORIZZONTE, con il quale deduceva fra gli altri motivi la
violazione del principio del contraddittorio per avere il Giudice di pace accolto una domanda
riconvenzionale di risoluzione del contratto formulata dal SAVORETTI solo in sede di
precisazione delle conclusioni, il Tribunale di Rimini, nella resistenza dell’appellato, rigettava il
gravame e per l’effetto confermava la decisione di primo grado.
A sostegno della decisione impugnata il giudice del gravame evidenziava che in base all’ordine
del 10.3.2001 il SAVORETTI aveva acquistato 170 mq. di pavimento al prezzo unitario di £.

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ricorso, in subordine, per il suo accoglimento p.q.r..

20.000 al mq., per un importo complessivo di £. 3.400.000, concordata la consegna a 40 giorni
dall’ordine (quindi entro il 19.4.2001), posta a carico del venditore quest’ultima obbligazione
(contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante), risultando barrata la clausola ‘nostro piano
stradale’; aggiungeva che la merce al momento della sottoscrizione dell’ordine era già nella

Concludeva che entrambe le parti erano venute meno agli obblighi contrattuali assunti: la società
ORIZZONTE non aveva dato prova di avere effettuato la consegna nei termini previsti (il primo
trasporto era avvenuto a fine giugno 2001), indimostrate le assente richieste di controparte in
ordine ad una posticipazione del termine originariamente fissato; il SAVORETTI aveva ammesso
in sede di interrogatorio libero ‘di avere sottoscritto la commissione di mq. 170 al prezzo di £.
20.000 al netto di imposta’. Alla luce di detta ricostruzione fattuale appariva condivisibile la
sentenza di primo grado, non essendovi peraltro stata alcuna violazione del contraddittorio, per
esservi stata una adeguata discussione delle difese a proposito dell’inadempimento dell’attrice e
non avendo la stessa eccepito alcunché in primo grado in sede di precisazione delle conclusioni,
non qualificabile quale domanda riconvenzionale quella svolta dal convenuto ma quale eccezione
di diritto, volta a paralizzare la pretesa della controparte.
Proseguiva il giudice del gravame affermando che l’essenzialità del termine discendeva dal fatto
che era fissato a beneficio di entrambe le parti ed essendo grave legittimava il SAVORETTI a
rifiutare la prestazione per carenza di interesse, causata dal ritardo. Infine l’acquirente pur avendo
firmato il prezzo al netto di imposta, verosimilmente aveva ritenuto che il prezzo fosse
comprensivo anche dell’iva, secondo il ragionamento di una persona comune che si rechi ad
acquistare un bene presso il rivenditore.
Avverso la indicata sentenza del Tribunale di Rimini ha proposto ricorso per cassazione la società
ORIZZONTE s.r.I., articolato su quattro motivi, al quale non ha replicato il SAVORETTI, pur
regolarmente intimato.

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disponibilità del venditore.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che non sono condivisibili le conclusioni assunte dall’Ufficio di Procura, in via
principale, di inammissibilità del ricorso, sotto il profilo del difetto di specificità e chiarezza dei
motivi di censura, avendo il ricorrente articolato ciascuna doglianza nel rispetto dei principi al

impugnata, oltre a contenere i necessari riferimenti agli atti del processo, sì da consentire
l’individuazione del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato e,
correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di
Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso. Nello stesso senso risulta
adempiuto l’obbligo di cui all’art. 366 bis c.p.c. quanto alla formulazione dei quesiti di diritto, che
sono riportati nel rispetto del paradigma di sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al
vaglio del giudice di legittimità, onde offrire alla Corte la propria interrogazione giuridica sulla cui
correttezza sollecitare il “sì od il no” della Corte stessa e quindi complessivamente idonei a
consentire l’esercizio della funzione nomofilattica (Cass. 6 novembre 2008 n. 26737).
Va, perciò, ritenuta l’ammissibilità del ricoso.
Tanto chiarito, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 167 c.p.c. in
quanto il SAVORETTI nel costituirsi in primo grado aveva sollevato un’unica eccezione relativa al
prezzo pattuito per la fornitura e solo in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado
aveva formulato la nuova eccezione di inadempimento della società venditrice per consegna oltre

riguardo elaborati nella giurisprudenza di legittimità ed in modo conferente rispetto alla sentenza

i termini e nonostante la tardività, entrambi i giudici dei due gradi di merito avevano ritenuto
correttamente proposta l’eccezione. Il mezzo culmina nel seguente quesito di diritto: “Dica
codesta Ecc.ma Corte se sia legittima la sentenza che abbia ritenuto correttamente formulata dal
convenuto, solo in sede di precisazione delle conclusioni, l’eccezione inadempienti non est
ademplendum”.
Il motivo è fondato e va, pertanto, accolto.

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Not

Come questa Corte ha chiarito da tempo, nel procedimento davanti al giudice di pace non è
configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione,
onde deve ritenersi che le parti all’udienza di cui all’art. 320 c.p.c., possano ancora allegare fatti
nuovi e proporre nuove domande od eccezioni, in considerazione del fatto che esse sono

che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in
mancanza di diversa disciplina, con la conseguenza che, dopo la prima udienza, in cui il giudice
invita le parti a “precisare definitivamente i fatti”, non è più possibile proporre nuove domande o
eccezioni e allegare a fondamento di esse nuovi fatti costitutivi, modificativi, impeditivi o estintivi
(cfr Cass. n. 4376 del 2000 e successive conformi). Nè tale preclusione è disponibile da parte del
giudice di pace, il quale non è abilitato a restringerne il meccanismo di operatività, rinviando la
prima udienza, al fine di consentire attività altrimenti precluse (Cass. n. 3339 del 2001; Cass. n.
2480 del 2002; Cass. n. 11946 del 2003; Cass. n. 12476 del 2004); sicché anche l’omissione, da
parte del giudice, dell’invito a precisare definitivamente i fatti non può evitare il verificarsi della
preclusione in discorso.
Nella specie, è pacifica la circostanza che il convenuto si sia costituito avanti al Giudice di pace
solo all’udienza fissata per gli incombenti istruttori, deducendo che controparte aveva maggiorato
il prezzo pattuito dell’i.v.a., proposta l’eccezione (ovvero la domanda riconvenzionale) di
risoluzione del contratto solo in sede di precisazione delle conclusioni, che pure integrava
l’allegazione di un fatto (l’inadempimento della controparte per tardiva consegna del materiale di
rivestimento) impeditivo del sorgere del diritto del venditore a pretendere il prezzo della fornitura.
Essa era quindi preclusa, essendo stata introdotta in giudizio (come riferisce la stessa sentenza
impugnata) non alla prima, bensì all’ennesima udienza davanti al Giudice di pace.
La sentenza che da tale principio si è discostata, per avere fatto riferimento, in modo non
corretto, ad una regula iuris diversa, non essendo disponibile tale preclusione né dalle parti —

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ammesse a costituirsi fino a detta udienza; il rito è tuttavia caratterizzato dal regime di preclusioni

come sostanzialmente affermato nella decisione impugnata – né dal giudice, va pertanto sul
punto cassata.
Con il secondo motivo viene lamentato il difetto di motivazione costituito da insufficiente
motivazione per non avere il Tribunale valutato che la clausola che prevedeva il termine

deposito, nel senso che per ogni giorno di ritardo venivano applicato un costo deposito di £.
10.000, e quindi rientrando tra le cc.dd. clausole vessatorie non poteva essere stabilita anche a
beneficio dell’acquirente. Inoltre il giudice del gravame avrebbe erroneamente ed insufficiente
motivato in punto alla essenzialità del termine dei suddetti 40 giorni, conclusione cui è pervenuto
sulla base di presunzioni su presunzioni, apoditticamente ascritte ‘alla sfera del notorio’. Del resto
il termine può essere ritenuto essenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando
risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto
per l’inutile decorso del termine, circostanza che non è mai stata dedotta dal SAVORETTI.
Con il terzo motivo la ricorrente nel dedurre la violazione degli artt. 1457, 2727 e 2729 c.c.,
lamenta che il Tribunale abbia fatto ricorso unicamente a presunzioni prive del carattere di
gravità, precisione e concordanza richieste dagli artt. 2727 e 2729 c.c., facendo per di più
riferimento a fatti presunti e derivando da questi un’ulteriore presunzione. A culmine del motivo è
formulato il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Suprema Corte se sia legittima una

sentenza che abbia pronunziato la risoluzione di un contratto per inosservanza di un termine ex
art. 1457 c.c., senza la prova del carattere di essenzialità del termine stesso e senza la prova
della effettiva pattuizione del termine nell’interesse della parte che ne invoca l’inadempimento.”.
“Dica codesta Suprema Corte se sia legittima, ex artt. 2727 e 2729 c.c., una sentenza che ponga
a fondamento della pronunzia presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza
previsti dal citato art. 2729 c.c. e che deduca fatti presunti da altri fatti presunti in violazione
dell’art. 2727 c.c.”.

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conteneva una sanzione esclusivamente a carico dell’acquirente, concordato un costo del

Con il quarto motivo è denunciata la violazione dell’art. 1431 c.c. per avere il Tribunale
ritenuto correttamente richiesta la risoluzione del contratto, nonostante nella commissione di
acquisto da lui sottoscritta il prezzo fosse indicato al netto di iva, in quanto ciò non escluderebbe
la convinzione che fosse comunque totale. In altri termini, sostiene la ricorrente che un simile

considerarsi riconoscibile, per cui non poteva essere causa di annullamento del contratto. A
conclusione del mezzo viene posto il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Suprema Corte se

sia legittima una sentenza che consideri motivo di annullamento ex art. 1428 c.c., o di risoluzione
di un contratto di compravendita, il dedotto errore circa il fatto che il prezzo sia comprensivo di
IVA, qualora sulla commissione d’ordine, sottoscritta dal richiedente l’annullamento, sia stato
indicato che il prezzo si intendeva al netto di IVA”.
La ritenuta fondatezza del primo motivo, imponendo la cassazione con rinvio della sentenza
impugnata, assorbe l’esame dei restanti mezzi, posto che l’ampiezza del thema decidendum deve
essere riesaminato dal giudice del rinvio.
Per quanto sopra, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, e cassata la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Rimini, in persona di diverso
magistrato, occorrendo un rinnovato esame della controversia da condursi nell’osservanza del
principio richiamato, il quale provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della
presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, al Tribunale
di Rimini, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 12 e embre 2013.

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