Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7733 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7733 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 24843-2010 proposto da:
CALABRESE ELENA CLBLNE51A62G273Y, CALABRESE ERNESTO
CLBRST52D04G273Q, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA G.FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato
VALENZA DINO, rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 02/04/2014

GIACONIA MAURIZIO;
– ricorrenti contro

ORLANDO ERSILIA RLNRSL37A70G273X, TEDESCO ERNESTO
TDSRST38S25G2730, MILAZZO GIULIANO MLZGLN54E03G273D,
TEDESCO GIUSEPPE TDSGPP43Al2A202E, GUASCONI GIUSEPPE

L,

GSCGPP69B23G273Q,

GUASCONI

FRANCESCA

MARIA

GSCFNC64P49G273H, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA L. ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato
ROMAGNOLI ILARIA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MATTALIANO MARIA;

nonchè contro

MILAZZO MARIA ANTONIA MLZMNT64H59G273I, CORRENTI
FABRIZIO CRRFRZ61P25G273X, GUASCONI GIROLAMO DECEDUTO
GSCGLM26D30D612C, SALVAGGIO IRENE ANGELA
SLVRNG62L57Z133Y;
– intimati –

avverso la sentenza n. 473/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 29/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito l’Avvocato GIACONIA Maurizio, difensore dei
ricorrenti che si riporta agli scritti ed insiste
sull’accoglimento del ricorso, inoltre ha chiesto
integrazione del contraddittorio nei confronti di
CALABRESE ANDREA in qualità di titolare dell’impresa;
udito l’Avvocato ROMAGNOLI Ilaria, difensore dei
resistenti che si riporta agli scritti e ne ha
chiesto accoglimento e si oppone inoltre alla
richiesta di integrazione del contraddittorio in

– controricorrenti –

quanto non necessario;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 30 dicembre 1998, Ernesto e
Giuseppe Tedesco, Girolamo Guascone, Giuliano Milazzo, in proprio e
quale procuratore generale di Giuliano Milazzo, Domenico, Rosaria,

in giudizio innanzi al Tribunale di Termini Imerese Ernesto Calabrese,
Elena Calabrese e Irene Angela Salvaggio, chiedendo che venisse
sciolta la comunione ereditaria esistente tra loro ed i convenuti per
effetto del testamento olografo di Giuseppina Calabrese, deceduta il
16 maggio 1969, con divisione dell’intera proprietà in cinque quote
uguali, assegnandone due decimi a Ernesto Tedesco, a Giuseppe Tedesco
e Girolamo Guasconi, due decimi all’insieme degli aventi causa da
Vincenzo Sparacio e due decimi ai convenuti Elena ed Ernesto
Calabrese.
I convenuti dichiararono di aderire alla domanda di divisione. Ernesto
Calabrese rilevò peraltro che un fondo oggetto di divisione era da lui
posseduto in via esclusiva in quanto condotto in affitto dal 1987,
chiedendo in via riconvenzionale che gli altri comproprietari, ad
eccezione della sorella Elena, che aveva già adempiuto, gli
corrispondessero, preliminarmente alla formazione delle quote, le
somme dovute per otto decimi dei miglioramenti da lui apportati al
fondo, o anche in natura il maggior valore acquisito dal fondo per
effetto di detti miglioramenti, con l’accrescimento proporzionale
della propria quota.
Per tale domanda, fu emessa sentenza dichiarativa di incompetenza per

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Gioacchina e Francesco Milazzo, eredi di Vincenzo Tedesco, convennero

essere competente la Sezione agraria. Quindi, con sentenza del 12
maggio 2004, il Tribunale di Termini Imerese dichiarò l’apertura della
successione di Giuseppina Calabrese, come regolata dal predetto
testamento, dichiarando lo scioglimento della comunione ereditaria sui

divisione di cui alla relazione del c.t.u. e dispose che
all’assegnazione delle quote si procedesse mediante sorteggio, ponendo
a carico delle parti, nella misura del 50 per cento ciascuna, le spese
del c.t.u.
Avverso tale sentenza proposero appello Ernesto ed Elena Calabrese.
2. – Con sentenza depositata il 29 marzo 2010, la Corte d’appello di
Palermo riformò la decisione impugnata quanto alla statuizione sulle
spese del frazionamento dei fondi e della c.t.u.
Con riguardo alla censura secondo la quale la sentenza parziale di
incompetenza non avrebbe potuto essere pronunciata in quanto il potere
decisorio apparteneva al collegio, al quale il giudice unico avrebbe
dovuto rimettere la causa, che, in alternativa, avrebbe dovuto essere
decisa dalla Corte, questa osservò che, non avendo gli appellanti
proposto, all’udienza successiva alla comunicazione del provvedimento
di incompetenza, alcuna riserva di appello avverso tale sentenza, ogni
censura era ormai preclusa, essendo la stessa passata in giudicato.
Quanto alle doglianze secondo le quali avrebbe errato il primo giudice
nel non prendere in considerazione la domanda di riconoscimento dei
miglioramenti dei terreni, che ne avevano aumentato il valore
fondiario, mentre la competenza della sezione agraria avrebbe
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beni immobili caduti in successione, approvando il progetto di

riguardato se mai la eventuale domanda relativa al rimborso delle
spese effettuate per i miglioramenti agrari, la Corte di merito rilevò
che il riferimento fatto dagli appellanti al maggior valore fondiario
del terreno esulava dal diritto di ottenere dalla sezione agraria il
rimborso per i miglioramenti effettuati a seguito del contratto di
causa petendi

affitto, e costituiva una domanda nuova, in quanto la

originariamente prospettata era costituita dall’esistenza di un
contratto agrario, fatto costitutivo diverso dal possesso del, bene
quale coerede. In ogni caso – aggiunse la Corte – il coerede può
pretendere in sede di divisione non già l’applicazione dell’art. 1150,
quinto comma, cod.civ., secondo cui è dovuta una indennità pari
all’aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti, ma,
quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla
comunione, il rimborso delle spese sostenute per materiali e
manodopera.
Quanto al motivo relativo alla non corretta valutazione dei fondi da
parte del c.t.u., che, inoltre, avrebbe dovuto tenere conto dei lavori
necessari per la redazione del tipo di frazionamento e del costo dei
medesimi per ciascuno dei progetti di divisione approvati, la Corte
contestò i rilievi mossi alla relazione tecnica dal consulente di
parte. Ritenne, invece, la Corte che le spese di frazionamento dei
fondi dovessero essere divise in parti uguali fra tutti

i

condividenti, così come le spese dei chiarimenti chiesti al c.t.u. in
grado di appello, e modificò in conseguenza la determinazione delle
relative spese.

5

L,

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Ernesto ed Elena
Calabrese sulla base di dieci motivi. Resistono con controricorso
Ernesto e Giuseppe Tedesco, Ersilia Orlando, Francesca Maria e
Giuseppe Guasconi, quali eredi di Girolamo Guasconi, Giuliano Milazzo,

Giuliano, Domenico, Rosaria, Gioacchina, Francesco Milazzo. Le parti
hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. – Deve, preliminarmente, esaminarsi la eccezione, sollevata dai
controricorrenti, di inammissibilità del ricorso proposto da Elena
Calabrese per difetto di interesse.
2.

– La eccezione è fondata. Ed infatti, i motivi del ricorso

sottopongono a critica la sentenza impugnata nella parte attinente
alla domanda di riconoscimento del diritto ad ottenere il valore dei
miglioramenti asseritamente apportati dal solo Ernesto Calabrese al
fondo di cui si tratta.
3. – Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza
per error in procedendo in relazione all’art. 112 cod.proc.civ. per
mancata pronuncia in ordine alla domanda, formulata da Ernesto
Calabrese nella comparsa di risposta del 25 febbraio 1999, con cui era
stato chiesto alternativamente il riconoscimento del diritto dello
stesso Calabrese di ottenere da tutti gli altri comproprietari otto
decimi del valore dei miglioramenti apportati o di disporre che la
divisione venisse effettuata con l’attribuzione in natura al Calabrese
del corrispondente valore dei miglioramenti. La Corte avrebbe errato

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in proprio e quale procuratore degli eredi Vincenzo Sparacio e

nel ritenere che il Calabrese avesse proposto un’unica domanda
riconvenzionale, quella principale, volta al riconoscimento del
diritto di ottenere gli otto decimi del valore dei miglioramenti,
laddove l’odierno ricorrente avrebbe, invece, proposto fin

come ritenuto dalla Corte, una domanda nuova.
4. – Il motivo è immeritevole di accoglimento.
Invero, il rigetto della domanda principale ha comportato l’implicito
rigetto di quella subordinata relativa alle modalità della
corresponsione dei miglioramenti.
5. – Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza per
error in procedendo per avere il giudice di secondo grado omesso di
esaminare un punto decisivo della controversia, relativo alla denuncia
della mancata considerazione della domanda riconvenzionale proposta in
via alternativa dal Calabrese, e di quella proposta in via principale,
tenuto conto dell’orientamento costante della giurisprudenza secondo
il quale nel giudizio di divisione ereditaria di un bene le migliorie
apportate da uno dei condividenti allo stesso vengono a far parte, per
il principio dell’accessione, del bene stesso, con la conseguenza che
di esse deve tenersi conto ai fini della stima del bene nonché della
determinazione delle quote.
6. – La censura è infondata.
Trattandosi di miglioramenti eseguiti dal Calabrese come affittuario,
la relativa valutazione sarebbe spettata alla Sezione agraria. Al
riguardo si era formato un giudicato, per effetto della sentenza del

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dall’inizio, in via alternativa, l’altra domanda, che non era, dunque,

Tribunale di Termini Imerese, con la quale era stata dichiarata la
incompetenza per materia del Tribunale adito a decidere sulle domande
del Calabrese.
7.

– Le considerazioni sopra esposte danno conto altresì della

motivazione in ordine alla richiesta di attribuzione di una quota
maggiore a compensazione delle migliorie apportate, costituente
circostanza decisiva per il giudizio.
8. – Con il quarto motivo si lamenta la erronea motivazione per avere
la Corte di merito considerato, quale presupposto della domanda
riconvenzionale, il contratto di affitto e non la qualità di
comproprietario-erede.
9. – La censura è infondata.
Lo stesso ricorrente ha indicato come

causa petendi

proprio i

miglioramenti apportati come affittuario del fondo, mentre solo nella
comparsa conclusionale ha per la prima volta fondato la propria
pretesa sui miglioramenti apportati come coerede e non come
affittuario.
10.- Con il quinto motivo si deduce la nullità della sentenza per
error in procedendo

e violazione di legge. Non sarebbe nuova, e

comunque sarebbe proponibile la domanda relativa all’attribuzione
della quota in natura delle migliorie apportate, trattandosi di
domanda attinente solo alle modalità di attuazione della divisione.

11. – Il motivo è infondato.
sub

In effetti, come già rilevato

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4, il rigetto della domanda

infondatezza del terzo motivo, con il quale si deduce omessa

principale ha determinato l’implicito rigetto anche della domanda
subordinata.
12. – Con la sesta censura, si lamenta la erronea motivazione per non
avere la Corte di merito accolto la domanda riconvenzionale

ritenuto che la domanda riconvenzionale originariamente proposta
avrebbe dovuto essere modificata nei termini di legge.
13. – Il motivo è inammissibile per la sua genericità. La critica alla
sentenza impugnata risulta apodittica, non precisando in alcun modo in
che cosa consisterebbe il vizio lamentato.
14.

– Con il settimo motivo si deduce contraddittorietà della

motivazione tra l’avere riconosciuto che il coerede può pretendere in
sede di divisione, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi
partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese
sostenute,

e la

ratio decidendi

della sentenza. Sulla base

dell’erroneo presupposto che il Calabrese avesse proposto un’unica
domanda riconvenzionale, la Corte di merito avrebbe rigettato
l’appello fondandosi sul convincimento che detta domanda avrebbe
dovuto essere proposta innanzi alla sezione specializzata agraria, per
poi rilevare che il coerede può pretendere in sede di divisione il
rimborso delle spese sostenute, che è ciò che il Calabrese aveva
fatto.
15. – La doglianza è inammissibile.
La sentenza si fonda, in realtà, su due distinte
la seconda delle quali è resa

ad abundantiam,

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rationes decidendi,
per mera completezza

alternativa, erroneamente ritenuta nuova, e per avere la stessa

espositiva, rispetto alla ragione di inammissibilità già illustrata.
16. – Con l’ottavo motivo si deduce nullità della sentenza per

error

in procedendo per non avere la Corte di merito ritenuto di disporre la
rinnovazione della consulenza richiesta dagli appellanti, avendo

insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione a detti
chiarimenti, contestati con apposite deduzioni e con la comparsa
conclusionale.
17. – La censura è infondata.
Invero, la Corte di merito ha motivato esaurientemente il proprio
rigetto della richiesta di ulteriori chiarimenti in ordine alla
c.t.u., indicando le ragioni della propria adesione alle conclusioni
della stessa, tenuto anche conto della mancata contestazione di
controparte.
18.

– Con il nono motivo si lamenta omessa e/o insufficiente

motivazione per non avere la Corte di merito, prima della formazione
delle quote, proceduto alla valutazione delle migliorie apportate dal
Calabrese. La Corte non avrebbe spiegato le ragioni che la avevano
indotta a condividere il progetto di divisione predisposto dal
c.t.u.senza tenere conto, prima della formazione delle quote, del
maggior valore acquisito dal fondo a seguito delle migliorie apportate
dall’attuale ricorrente.
19. – Il motivo è inammissibile in quanto generico, non precisando il

difetto o la carenza del percorso argomentativo del giudice di secondo
grado, che, in realtà, si è diffuso in modo analitico ed articolato

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ritenuto esaustivi i chiarimenti forniti dal c.t.u., nonché omessa,

sui chiarimenti forniti dal c.t.u. – del resto, come già chiarito, non
contestati ritenendoli condivisibili, pervenendo per tale via
all’approvazione del progetto di divisione operato dallo stesso
c.t.u.

iudicando in quanto il reclamo avverso il decreto del 25 marzo 2002,
con il quale era stato liquidato il compenso del c.t.u., non poteva
essere proposto prima della declaratoria di nullità della consulenza,
nonché erronea motivazione per avere la Corte di merito giustificato
il rigetto di parte del quinto motivo di appello con il rilievo che la
doglianza relativa al predetto decreto andava proposta con reclamo,
laddove la nullità del decreto conseguiva alla nullità della perizia,
non potendo da un atto nullo che discendere un altro atto nullo.

Diversamente – si osserva – il c.t.u. sarebbe compensato per una
consulenza nulla per causa a lui esclusivamente imputabile.
21. – Il motivo è inammissibile ancora per genericità, non chiarendo
in alcun modo in cosa consisterebbe la violazione di legge addebitata
alla decisione impugnata.
22. – Conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso
di Elena Calabrese, mentre deve essere rigettato il ricorso di Ernesto
Calabrese. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo,
devono, in applicazione del criterio della soccombenza, essere poste a
carico dei ricorrenti in solido.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di Elena Calabrese. Rigetta
11

20. Con il decimo motivo si deduce violazione di legge per error in

il ricorso di Ernesto Calabrese. Condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 5200,00, di
cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

civile, il 7 novembre 2013.

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