Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7731 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. III, 05/04/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 05/04/2011), n.7731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5911-2009 proposto da:

QUASAR DI C.C., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato CAROLEO

FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBE’

GIORGIO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ALIFARMA SRL IN LIQUIDAZIONE – già ALIFARMA S.r.l. – in persona del

liquidatore dott. M.R., (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, V. GREGORIO VII 269, presso lo studio

dell’avvocato NERI GIAMPAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato

BRUGIONI GIANLUCA giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Terza Sezione Civile, emessa il 9/10/2007, depositata il 16/01/2008;

R.G.N. 219/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato CAROLEO FRANCESCO;

udito l’Avvocato TURCO ROSALBA delega BRUGIONI GIANLUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 18/10/1995, la Alifarma s.r.l., società avente ad oggetto la produzione e commercializzazione di prodotti per il trattamento del capello e del corpo identificati con il marchio Alizard, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Rimini C.C., titolare dell’impresa individuale Quasar, chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di concessione di vendita in esclusiva stipulato il 2/1/1993 per grave inadempimento del convenuto, con condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno.

Sosteneva che il C., al quale aveva concesso in esclusiva la vendita dei prodotti Alizard Intensive, Alizard Nutritive e Daily per le zone di (OMISSIS) e provincia, (OMISSIS) e provincia, (OMISSIS) e provincia, si era reso inadempiente all’obbligo di pagare tempestivamente i prodotti acquistati, aveva violato il divieto di vendere prodotti fuori dalle zone di esclusiva e si era reso responsabile di ulteriori inadempimenti contestati con lettera in data 25/9/95, con la quale era stata comunicata l’automatica risoluzione del contratto a decorrere dal 31/12/95.

Costituitosi il convenuto (che deduceva di non aver violato i patti contrattuali e che era stata la concedente a non adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto), l’adito Tribunale, con sentenza numero 1556/2003, dichiarava la risoluzione del contratto di concessione in esclusiva per inadempimento del convenuto, condannando quest’ ultimo al pagamento in favore dell’ attrice dei danni liquidati in Euro 30.987,41.

Osservavano i giudici di primo grado che il C. aveva reiteratamente violato il patto di esclusiva previsto in contratto (vendendo in più occasioni ad altri concessionari e acquistato dagli stessi prodotti Alifarma, contrariamente a quanto previsto in una specifica clausola contrattuale).

A seguito dell’appello del C., costituitasi l’Alifarma s.r.l.

in liquidazione, la Corte d’Appello di Bologna, con la decisione in esame in data 21/1/2009, rigettava l’impugnazione, confermando quanto statuito in primo grado; rilevavano i giudici di secondo grado che “dall’istruttoria espletata è emerso infatti che il C. ha violato il divieto di vendere i prodotti fuori dalle zone di esclusiva e di acquistarli da soggetti diversi dalla concedente Alifarma. E’ provato, in particolare, che l’odierno appellante ha acquistato alcuni tricoscopi ed ha venduto prodotti Alifarma fuori dalla zona di esclusiva”.

Ricorre per cassazione la Quasar di C.C. con tre motivi (i primi due con quesiti), illustrati con memoria; resiste con controricorso Alifarma.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Corte d’Appello, analogamente al giudice di primo grado, discostandosi dalla domanda proposta da Alifarma, ha ritenuto di dover dichiarare la risoluzione di diritto del contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c. quando invece è palese che la società resistente non ha mai invocato la clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto stipulato con Quasar di C.C., avendo espressamente chiesto una pronuncia ex art. 1453 c.c..

Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza o del procedimento in quanto la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per vizio di extrapetizione in cui è incorsa la Corte d’Appello ha determinato detto vizio.

Con il terzo motivo si deduce difetto di motivazione in ordine alle prove della Quasar per dimostrare l’inadempimento contrattuale di Alifarma.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.

Preliminarmente si rileva inammissibilità del terzo motivo in quanto non assistito da quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.: come già statuito da questa Corte (n. 8897/2008), allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso.

Infondati sono il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente avendo ad oggetto il medesimo thema decidendum.

Si osserva che la deduzione avente ad oggetto la violazione dell’art. 112 c.p.c., nel senso di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato, pecca del requisito di autosufficienza non avendo parte ricorrente precisato l’esatta formulazione della domanda, riportando il relativo testo, rispetto alla quale la pronuncia dei giudici di merito risulterebbe extra petita; inoltre detta censura è stata erroneamente formulata, anche se nel solo primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e non riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 4.

In proposito deve ribadirsi quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, n. 10605/2010), secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta un vizio del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per erronea individuazione del “chiesto” ex art. 112 c.p.c., è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, indichi le espressioni con cui detta deduzione è stata formulata nel giudizio di merito, non potendo a tal fine limitarsi ad asserire che si tratti di fatto pacifico allorchè neppure individui l’allegazione con la quale esso sarebbe stato introdotto e mantenuto nella controversia, posto che è pacifico soltanto il fatto che la parte abbia allegato, in modo tale che la controparte possa ammetterlo direttamente ed espressamente oppure in modo indiretto, attraverso l’affermazione di un fatto che lo presupponga.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’impresa ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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