Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7730 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. I, 30/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. in proprio e quale rappresentante di M.

V., elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio

46, presso Gian Marco Grez, rappresentato e difeso dagli avv. D’Amico

Giovanni e Alessandro Marotta, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

Comune di Rossano in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato

in Roma, via E. Q. Visconti 61, presso l’avv. Paola Bastianelli,

rappresentato e difeso dall’avv. Catalano Pasquale giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 861/06 del

20.12.2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza

dell’11.1.2010 dal Relatore Cons. Dr. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. D’Amico per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 15.4.1993 M.V. e M. A. di (OMISSIS), rispettivamente quali proprietaria e usufruttuario di un terreno occupato per la realizzazione di un campo sportivo sito nel Comune di Rossano, convenivano in giudizio quest’ultimo per sentirlo condannare alla restituzione dell’area, previa riduzione in pristino e condanna al risarcimento.

Il Comune, costituitosi, deduceva l’impossibilità della restituzione per l’avvenuta realizzazione del campo sportivo, ed il Tribunale lo condannava al pagamento del controvalore, apprezzato in L. 438.343.000, oltre rivalutazione ed interessi.

La decisione veniva impugnata dall’ente territoriale e la Corte di Appello di Catanzaro modificava la decisione di primo grado riducendo il dovuto a Euro 20.920.63, più interessi e rivalutazione.

In particolare la Corte riteneva che nella specie fosse ravvisabile una ipotesi di occupazione usurpativa; che pertanto il risarcimento dovesse essere riconosciuto ai sensi dell’art. 2043 c.c.; che la data di riferimento per il relativo computo dovesse essere individuata in quella della formulazione dell’istanza di risarcimento; che, secondo le prescrizioni del programma di fabbricazione all’epoca vigente, l’area in questione sarebbe stata insuscettibile di utilizzazione edificatoria; che pertanto l’entità del risarcimento doveva essere ridotta nei termini indicati.

Avverso la decisione i M. proponevano ricorso per Cassazione affidato a due motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui resisteva con controricorso il Comune di Rossano.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica dell’11.1.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione i M. hanno rispettivamente denunciato:

1) violazione dell’art. 61 c.p.c., art. 2043 c.c. e vizio di motivazione, con riferimento all’individuazione della data cui far risalire l’opzione per la tutela risarcitoria.

La Corte territoriale aveva infatti indicato a tal fine quella dell’inizio del giudizio, mentre viceversa sarebbe stata da considerare quella relativa al momento di precisazione delle conclusioni, in cui si sarebbe concretizzata la definitiva rinuncia alla tutela restitutoria.

L’effetto di tale errata individuazione sarebbe stato rilevante, poichè in data 11.11.1997 era stato adottato Piano Regolatore Generale che aveva destinato il terreno in questione a Verde Pubblico attrezzato per lo sport, e comunque l’approvazione del progetto del campo sportivo avrebbe di fatto determinato la variazione della destinazione urbanistica dell’area, poi formalizzata con l’adozione del Piano Regolatore.

2) violazione dell’art. 2043 c.c., artt. 112, 342 c.p.c., in relazione alla quantificazione degli interessi e della rivalutazione, calcolati con criteri diversi da quelli adottati in primo grado (rispettivamente sulla base di indice fisso equitativamente determinato, anzichè del tasso legale, e con criteri equitativi, anzichè secondo gli indici Istat), e ciò per quanto non fosse stata sollevata alcuna censura sul punto.

Osserva il Collegio che le doglianze sono infondate.

In ordine al primo motivo si osserva infatti che le prospettazioni del M. sono prive di pregio sotto un duplice riflesso, e cioè sia per l’astratta affermazione di principio rappresentata, che per la relativa applicabilità dello stesso (ove pure fosse fondato) alla fattispecie in esame. Ed invero, al riguardo va premesso che è la mancanza di una dichiarazione efficace di pubblica utilità (originaria o sopravvenuta) a connotare come usurpativa la definitiva trasformazione del bene (C. 03/7643, C. 03/6853, C. 03/2368), come per l’appunto verificatosi per i terreni dei M. a seguito dell’annullamento in sede amministrativa dei decreti di occupazione.

Ciò posto, un primo profilo problematico che ne consegue è quelle relativo alla determinazione del momento cui fare riferimento per l’individuazione della data della cessazione della permanenza e del correlativo trasferimento della proprietà, essendo detti eventi alternativamente riconducibili alla trasformazione consumata ovvero alla volontà, anche implicitamente manifestata, di ottenere la restituzione del bene (C. 05/24819, C. 03/7643).

Tuttavia nel caso in esame la questione prospettata non risulta essere quella della determinazione della data della perdita del diritto di proprietà, ma quella della individuazione del valore del bene rispetto al quale è stata formulata richiesta risarcitoria, ed a tale scopo occorre fare riferimento al momento della sua trasformazione, atteso che è nella detta occasione che la parte ha perso la disponibilità del bene, e quindi la possibilità di commutarlo nel corrispondente valore (C. 06/13585, C. 06/9472).

Peraltro, anche a voler tener conto del non condivisibile assunto del ricorrente, secondo il quale allo scopo sopra indicato sarebbe necessario fare riferimento alla data della precisazione delle conclusioni nel giudizio di merito, l’esito del giudizio relativo alla determinazione del risarcimento sulla base della natura non edificatoria del terreno in questione resterebbe immutato, atteso che, secondo il ricorrente, l’udienza di precisazione delle conclusioni sarebbe intervenuta il 2.2.2000, mentre la Corte di Appello, con rilievo non censurato, ha fatto risalire l’approvazione del Piano Regolatore, che avrebbe comportato una mutata destinazione dell’area in oggetto, al 19.11.2001 (p. 8 ).

Quanto poi alle altre questioni affrontate nello svolgimento del medesimo motivo (asserita approvazione di progetto in variante dello strumento urbanistico, potenzialità di sfruttamento ulteriore dell’area occupata) si tratta di questioni nuove e in punto di fatto – inammissibili pertanto in questo giudizio -, inidonee comunque ad incidere sulla negata qualità edificatoria dei fondi in questione.

Analogamente infondato è poi il secondo motivo, e ciò in quanto, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, il risarcimento del danno da fatto illecito (quale quello in oggetto) costituisce debito di valore, rispetto al quale gli interessi non costituiscono autonomo diritto del creditore, ma svolgono funzione compensativa diretta alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato quale era all’epoca del prodursi del danno. La loro attribuzione costituisce dunque una mera modalità liquidatoria ed il giudice dell’impugnazione può procedere alla loro attribuzione, o diversa attribuzione, pur in assenza di specifico rilievo al riguardo, non essendo neppure astrattamente configurabile il formarsi del giudicato sul punto (C. 07/8520, C. 05/19636, C. 04/11489, C. 03/2580).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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