Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 773 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 13/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.13/01/2017),  n. 773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26316-2013 proposto da:

MINISTERO POLITICHE AGRICOLEALIMENTARIE FORESTALI (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.I., elettivamente domiciliato in ROMA, V. APPIANO 8,

presso lo studio dell’avvocato ORAZIO CASTELLANA, rappresentato e

difeso dall’avvocato TOMMASO SAVITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1813/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 12/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.I. e la A.I. & C. s.r.l. proponevano opposizione innanzi al Pretore di Agrigento avverso l’ordinanza – ingiunzione emessa dal Ministero delle politiche agricole e forestali in data 18 novembre 1996, con la quale era stata loro irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di L. 3.254.840.066, ai sensi della L. n. 898 del 1986, art. 3, comma 2, per indebita percezione di aiuti comunitari negli anni 1988, 1989, 1990, 1991.

Il Pretore di Agrigento, con sentenza del 15 settembre 1997, accoglieva l’opposizione ed annullava l’ordinanza – ingiunzione.

Per la cassazione di detta sentenza proponeva ricorso il Ministero e, all’esito del giudizio, questa Corte, con sentenza del 4 agosto 2000, n. 10236, cassava la pronuncia, rinviando la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Agrigento.

Gli intimati riassumevano il giudizio e all’esito il Tribunale di Agrigento, dichiarata la contumacia dell’opposto Ministero, riteneva la nullità della notifica dell’ordinanza-ingiunzione e, per l’effetto, accoglieva l’opposizione, condannando l’opposto al pagamento delle spese processuali.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza proponeva ricorso il Ministero delle politiche agricole e forestali, cui resistiva con controricorso A.I., proponendo pure ricorso incidentale per “tutti gli altri motivi di ricorso avverso la ordinanza – ingiunzione”.

Questa Corte, con sentenza del 19 gennaio 2005, n. 1093, accoglieva il primo motivo di ricorso del Ministero, cassando la pronuncia impugnata e rinviando la causa al Tribunale di Palermo. Veniva in particolare accolto il motivo inerente alla irrituale notificazione dell’atto di riassunzione davanti al Tribunale di Agrigento, giudice di rinvio, in quanto, essendo l’Amministrazione costituita in giudizio con l’assistenza dell’Avvocatura dello Stato, l’atto di riassunzione non poteva esserle notificato personalmente. In particolare, la sentenza n. 1093 del 2005 ribadiva come, nelle controversie aventi ad oggetto l’opposizione all’ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, la riassunzione della causa a seguito di rinvio disposto dalla sentenza della Cassazione dovesse essere effettuata nelle forme del rito previsto per la medesima opposizione, e cioè mediante deposito di ricorso nella cancelleria del giudice del rinvio, dovendo poi ricorso e decreto di fissazione della udienza essere entrambi notificati di ufficio alle parti (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, commi 2 e 9, nella specie, applicabile “ratione temporis”). Riassunta la causa davanti al secondo giudice di rinvio, il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 10431/2006, annullava l’ordinanza ingiunzione n. 421/1996 irrogata nei confronti di A.I. per la mancata formulazione nel processo verbale di accertamento della facoltà di inviare deduzioni e scritti difensivi.

Proposti appello principale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e appello incidentale dall’ A., la Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 12 dicembre 2012, confermava la sentenza del Tribunale di Palermo. In particolare, la Corte di Palermo dichiarava fondato l’appello proposto dal Ministero, negando che la L. n. 689 del 1981, art. 18, contemplasse un obbligo per l’amministrazione di dare avviso all’interessato della facoltà di produrre scritti difensivi. Tuttavia, esaminando l’appello incidentale, col quale l’ A. aveva censurato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto valida la notificazione del verbale di contestazione del 30 gennaio 1993 nei suo confronti, mediante consegna al figlio del destinatario presso la stabilimento dell’ A.I. & c., la Corte di rinvio ha rilevato come la contestazione fosse stata effettuata soltanto alla A. I. s.r.l., e non anche a lui in proprio, con conseguente violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14.

Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 1813/2012 del 12 dicembre 2012 resa dalla Corte d’Appello di Palermo, formulando tre motivi. Resiste con controricorso A.I..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Si assume che la Corte d’Appello di Palermo abbia dichiarato la nullità dell’ingiunzione per difetto di contestazione personale della violazione ad A.I., mentre quest’ultimo aveva formulato la sua opposizione soltanto dolendosi della nullità della notificazione della ingiunzione stessa.

Il secondo motivo di ricorso censura, sempre ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione falsa applicazione degli artt. 324 e 384 c.p.c., e art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 14. Sostiene il ricorrente che compito del giudice di rinvio era soltanto quello di verificare la validità della notificazione dell’ingiunzione ad A.I. eseguita a mani del figlio D..

Il terzo motivo di ricorso deduce l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo alla ritualità della contestazione alla persona fisica.

2. Si impone un rilievo pregiudiziale.

Il giudizio attiene, come visto, ad opposizione a sanzione amministrativa proposta avverso ordinanza – ingiunzione del 18 novembre 1996, ed inizialmente decisa con sentenza del Pretore di Agrigento del 15 settembre 1997, cassata da questa Corte con sentenza del 4 agosto 2000, n. 10236, che rinviava la causa al Tribunale di Agrigento. Il Tribunale di Agrigento rendeva quindi la sentenza n. 261 nel 2001, la quale veniva nuovamente cassata da questa Corte con sentenza del 19 gennaio 2005, n. 1093, che rinviava la causa davanti al Tribunale di Palermo. Il Tribunale di Palermo emetteva allora la sentenza n. 10431/2006, la quale veniva impugnata con appello davanti alla Corte d’Appello di Palermo. La sentenza del 12 dicembre 2012 di quest’ultimo giudice è ad oggetto del presente ricorso per cassazione.

Ora, è noto come soltanto per effetto del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26 (che modificava la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23), sia stata introdotta, per le sentenze pubblicate successivamente all’entrata in vigore del medesimo D.Lgs., la regola dell’appellabilità, essendo dapprima stabilito che la sentenza resa in tema di opposizione a sanzione amministrativa fosse inappellabile e soltanto ricorribile per cassazione.

Come, tuttavia, di recente autorevolmente chiarito da Cass. Sez. U, Sentenza n. 11844 del 09/06/2016, con riguardo all’individuazione del mezzo di impugnazione di una sentenza resa in sede di rinvio, nel caso in cui sia mutata la disciplina dell’impugnabilità rispetto al tempo in cui e iniziato il giudizio previsto dagli artt. 392 e ss. c.p.c. (sia pure con riguardo al diverso, per quanto analogo, ambito delle opposizioni ex art. 615 c.p.c., comma 1), essendosi avuta cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo ed unico grado, la sentenza del giudice di rinvio (salvo il caso di rinvio cd. restitutorio) è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, senza che rilevi l’intervenuta modifica, sopravvenuta nelle more, del regime di impugnabilità della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario.

Applicando il principio dettato dalle Sezioni Unite al procedimento qui oggetto di decisione, deve allora affermarsi che, in tema di opposizione ad ordinanza – ingiunzione per sanzione amministrativa, la sentenza pronunciata dal tribunale quale giudice di primo ed unico grado individuato a seguito di cassazione con rinvio, seppur pubblicata dopo il 2 marzo 2006, ovvero dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, non è soggetta ad appello, ma immediatamente ricorribile per cassazione. Essendo, come visto (sempre salvo il caso di rinvio cd. restitutorio), la sentenza emessa in sede di rinvio soggetta ad impugnazione ordinaria soltanto con il ricorso per cassazione, tale regola di impugnazione si applica anche quando – avuto riguardo al regime di impugnabilità vigente al momento della cassazione con rinvio le parti siano state rimesse innanzi al giudice di primo e unico grado e, nel corso del giudizio di rinvio, sia poi mutato il regime di impugnabilità della sentenza cassata.

Per incidens, si consideri come, al momento della proposizione dell’appello avverso la sentenza n. 10431/2006 del Tribunale di Palermo, non esisteva alcun consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di regime impugnatorio applicabile al provvedimento del giudice di rinvio, in ipotesi di “ius superveniens”, sicchè non vi sarebbe ragione di tutelare alcun incolpevole affidamento dell’appellante sulla soluzione interpretativa della questione opposta a quella poi risolutivamente affermata da Cass. Sez. U, Sentenza n. 11844 del 09/06/2016.

Ne discende, in definitiva, che la sentenza n. 10431/2006 resa dal Tribunale di Palermo quale giudice di rinvio doveva essere impugnata, entro il termine di cui all’art. 327 c.p.c., non mediante appello ma mediante ricorso per cassazione; e ulteriormente che i giudici della Corte d’Appello avrebbero dovuto rilevare la formazione del giudicato interno medio tempore formatosi. In ogni caso, la formazione del giudicato interno – in quanto rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo – deve essere affermata in questa sede in via pregiudiziale rispetto ad ogni altra questione.

La sentenza impugnata è, pertanto, inficiata dall’omessa rilevazione del predetto giudicato interno e, quindi, dall’omessa pronuncia di inammissibilità dell’appello nel processo a quo. Il rilevato vizio comporta la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto la causa non poteva essere proseguita.

Le peculiarità della lunga e tortuosa vicenda processuale costituiscono motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione e del precedente grado di merito.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione e del giudizio davanti alla Corte d’Appello.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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