Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7728 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. I, 06/04/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 06/04/2020), n.7728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1452/19 proposto da:

-) M.D., elettivamente domiciliato a Roma, V.le Regina

Margherita 239 (c/o avv. Valentina Valeri), difeso dall’avvocato

Giacomo Cainarca in virtù di procura speciale apposta in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 29 novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 gennaio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

RILEVATO

che:

M.D., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a fondamento dell’istanza il richiedente dedusse di avere lasciato il suo paese nel timore che potesse essere ucciso da altri membri della sua famiglia, i quali intendevano privarlo di una sua quota di eredità;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento M.D. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che lo rigettò con sentenza 25.10.2017;

tale sentenza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza 29 novembre 2018;

la Corte d’appello ritenne che l’asilo politico non potesse essere accordato perchè non era stata mai “nemmeno evocata” dall’appellante una persecuzione per motivi politici, razziali religiosi, eccetera; la protezione sussidiaria non potesse essere concessa perchè il richiedente non aveva nemmeno allegato il timore di una condanna a morte, di torture o di minacce alla vita derivante dalla violenza indiscriminata; il permesso di soggiorno per motivi umanitari non potesse essere concesso perchè “i fatti narrati dal ricorrente non presentano nemmeno profili umanitari” non essendoci ragioni fondate tale da giustificare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria”;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da M.D. con ricorso fondato su due motivi;

il ministero dell’interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente censura il rigetto della domanda di protezione umanitaria;

nella illustrazione del motivo, dopo un’ampia trattazione dedicata alla portata ed all’efficacia dell’art. 10 Cost., ed al concetto di “protezione umanitaria”, il ricorrente conclude (a pagina 12, penultimo capoverso, del ricorso) che nel caso di specie la protezione umanitaria si sarebbe dovuta concedere perchè “la condizione del Ghana è nota e fatta oggetto di molti provvedimenti di riconoscimento della protezione umanitaria”; che in questo Paese vi è assenza di protezione giudiziaria, corruzione delle forze di sicurezza, “per non parlare del sistema sanitario e di assistenza sociale”;

il motivo – che risulta in gran parte la trascrizione ad litteram d’una non recente decisione di merito (Trib. Firenze 31 marzo 2016), e già solo per questo risulta di scarsa aderenza al caso concreto – è inammissibile, perchè il giudizio sulla sussistenza od insussistenza di una “situazione di vulnerabilità” è un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, e sindacabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito, dopo aver accertato un oggettivo rischio di violazione del nucleo insopprimibile dei diritti fondamentali della persona per l’ipotesi di rientro in patria del richiedente protezione, neghi poi quest’ultima; non è questo il nostro caso, dal momento che il giudice di merito ha escluso la sussistenza di qualsiasi “danno grave” nel caso di rimpatrio dell’odierno ricorrente;

ad abundantiam, non sarà superfluo aggiungere che, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, la povertà del paese di provenienza del richiedente asilo non costituisce affatto, ipso iure, un titolo giustificativo del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

ed infatti il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale; se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (ex multis, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 9.8.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 17287 del 27.6.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 17282 del 27.6.2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 01);

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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