Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7726 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. I, 06/04/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 06/04/2020), n.7726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1423/19 proposto da:

-) E.O., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, difeso dall’avvocato Alessia

Pontenani in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 23.3.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 gennaio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

RILEVATO

che:

E.O., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a fondamento dell’istanza il richiedente dedusse che, rimasto orfano, venne allevato da un’amica della madre, e di aver iniziato a lavorare a 12 anni nel ristorante dove anche quest’ultima lavorava; verificatosi un furto (non si sa di cosa ed in danno di chi) all’interno del ristorante, non meglio precisati “creditori” avrebbero minacciato la donna con cui viveva e per questa ragione decise di fuggire prima in Nigeria e poi, dopo la scomparsa della donna che lo aveva accudito, in Libia e quindi in Italia;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento E.O. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che lo rigettò con sentenza 2.10.2015;

tale sentenza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza deliberata il 23.3.2018 (è ignota la data di deposito);

La Corte d’appello ritenne che nella zona di provenienza del richiedente asilo ((OMISSIS)) non fosse in atto una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; che pertanto non potesse essere concessa la protezione sussidiaria e, a maggior ragione, l’asilo politico; non ricorresse alcuna situazione di vulnerabilità o fragilità idonea a giustificare la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari; la circostanza che il richiedente asilo avesse trovato un lavoro in Italia, da sola, non poteva giustificare il rilascio del suddetto permesso;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da E.O. con ricorso fondato su un motivo;

il ministero dell’interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

è superfluo dare conto dei motivi di ricorso, dal momento che questo va dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., per l’omesso deposito, da parte del ricorrente, di una copia autentica del provvedimento impugnato;

come noto, infatti, chi impugna per cassazione un provvedimento che gli è stato notificato ai sensi dell’art. 326 c.p.c., ha l’onere di depositare il provvedimento che gli è stato notificato, completo della “relazione di notificazione” (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2);

nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente ha depositato una copia della sentenza impugnata che:

-) è priva dell’attestazione di autenticità apposta dalla cancelleria;

-) ove mai la copia depositata fosse stata estratta dal sistema informatico della cancelleria della Corte d’appello, essa è comunque priva dell’attestazione di conformità, sottoscritta dal difensore (ex multis, in tal senso, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10941 del 08/05/2018, Rv. 648805 – 01), attestazione necessaria dal momento che nel giudizio di cassazione, al quale non è stato ancora esteso il processo telematico, è necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformità, in virtù del potere appositamente conferito al difensore dalla L. n. 53 del 1994, art. 6 e art. 9, commi 1 bis e 1 ter. (così Sez. U -, Sentenza n. 10266 del 27/04/2018, Rv. 648132 – 01);

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta; incidenter tantum, rileva nondimeno questa Corte che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11 il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

(-) dichiara improcedibile il ricorso;

(-) dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non sia stata revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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