Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7725 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. I, 06/04/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 06/04/2020), n.7725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2512/2018 proposto da:

A.L.M.T., elettivamente domiciliato in Roma Via

Quinto Novio 39/41 presso lo studio dell’Avv. Claudia Benincasa che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mantovani Marco;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2559/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna;

udito l’Avv. Claudia Benincasa;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.

Capasso Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.L.M.T., nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)), ricorre in cassazione con un unico motivo avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Venezia aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della decisione del Tribunale di Treviso pronunciata in data 30 maggio 2015 in relazione al diniego del permesso di soggiorno e condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali.

2. La Corte territoriale, in particolare, aveva rigettato il gravame ritenendo correttamente individuata, già dalla Questura e dal Tribunale, la minaccia attuale all’ordine pubblico e la pericolosità sociale dell’appellante.

3. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa, cui poi non ha partecipato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo esposto nel ricorso A.L.M.T. lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e specificamente la falsa applicazione di norme di diritto, laddove è stato applicato il D.Lgs. n. 286 del 1998 in luogo del D.Lgs. n. 30 del 2007.

Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, dopo avere accertato correttamente la situazione di fatto dello stesso, coniugato e convivente con una cittadina italiana, ha applicato alla fattispecie le norme di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998 e, nello specifico, il disposto dell’art. 4, comma 3, u.p., piuttosto che il D.Lgs. n. 30 del 2007, artt. 2,23,10 e 20 con la conseguente conferma dell’ordinanza di primo grado e del decreto della Questura di Treviso del 15 ottobre 2014.

In particolare, il ricorrente assume che, in base alla disciplina prevista dal D.Lgs. n. 30 del 2007, egli aveva diritto alla carta di soggiorno quale familiare di un cittadino dell’Unione Europea, diritto limitabile, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. citato, soltanto per motivi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico in forza di specifico provvedimento del ministro dell’interno o del prefetto, e non già in forza di una valutazione discrezionale del questore, come avvenuto nella specie.

2, Il motivo è inammissibile.

Ed invero, il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass., 12 giugno 2018, n. 15196).

Dalla lettura della sentenza della Corte di appello di Venezia emerge che il giudizio di primo grado ha avuto ad oggetto la richiesta di provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno emanato il 15 ottobre 2014 dall’Ufficio della Questura di Treviso, motivato con la sussistenza della ragione ostativa prevista dal combinato disposto degli artt. 4, comma 3, – come modificato dalla L. n. 189 del 2002, art. 4 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 13 e 29 e, in particolare, la condanna penale riportata dal ricorrente per uno dei delitti di cui all’art. 4 menzionato e richiamati dall’art. 380 c.p.p., commi 1 e 2, (violenza sessuale di gruppo pluriaggravata).

Tale prospettazione trova piena conferma nel ricorso per cassazione, dal quale risulta che il ricorrente aveva invocato l’applicazione delle norme di cui al D.Lgs. n. 30 del 2007 soltanto nel giudizio di appello, dove aveva concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno della Questura di Treviso del 15 ottobre 2014 e l’emissione dell’ordine alla Questura di Treviso di rilasciare la carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’unione, previa allegazione della qualità di coniuge convivente con cittadina italiana, ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 10.

Ad ulteriore riscontro, va evidenziato che la Corte di appello di Venezia non ha proceduto ad alcun accertamento della sussistenza di detta qualità, che viene richiamata a pag. 2 soltanto come allegazione del richiedente.

Va, quindi, dichiarata l’inammissibilità della domanda dedotta perchè nuova, sia con riguardo al petitum, che alla causa petendi,in quando fondata su una situazione giuridica e di fatto non prospettata in primo grado, che ha inserito nel processo un nuovo tema di indagine e sulla quale non si è formato in precedenza il contraddittorio.

Con riferimento all’oggetto del giudizio, perchè il richiedente ha chiesto il rilascio della carta di soggiorno per familiare di cittadino UE, anzichè il rilascio del permesso di soggiorno.

In relazione ai fatti costitutivi posti a fondamento della domanda, avendo dedotto una ragione diversa, ovvero la convivenza con il coniuge di nazionalità italiana, qualità non accertata dai giudici di merito.

3. Il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese nella mancata costituzione dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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