Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7724 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. I, 06/04/2020, (ud. 29/11/2019, dep. 06/04/2020), n.7724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25934/2018 proposto da:

D.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Maria Monica Bassan, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1769/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/11/2019 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Venezia, D.M., cittadino del (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto depositato il 17 gennaio 2017, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Con sentenza n. 1769/2018, depositata 22 giugno 2018, la Corte d’appello di Venezia rigettava, altresì, l’appello dello straniero. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento a quest’ultimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non attendibili, e comunque inidonee a fondare una domanda di protezione internazionale, le dichiarazioni del richiedente, circa le circostanze dell’abbandono del suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso D.M. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1 c.p.c.”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis convertito con modificazioni dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586).

2. Nel merito, va rilevato che, con il primo e secondo motivo di ricorso, D.M. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non attendibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinato a lasciare il Paese di origine, consistiti nell’incursione nel villaggio di terroristi del (OMISSIS), facenti capo a S.S., che avrebbero sequestrato diverse persone, compreso il fratello del richiedente.

1.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 della situazione socio-politica del Paese di origine.

1.3. I motivi sono inammissibili.

1.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro contraddittorietà e genericità, non essendo stato il medesimo neppure in grado di precisare nulla relativamente all’unico episodio di presunta aggressione al villaggio, neppure il giorno ed il mese nei quali tale aggressione sarebbe avvenuta. Eppure, nel corso della stessa, sarebbe stato sequestrato il fratello, del quale l’istante non avrebbe saputo più niente. Nondimeno, il medesimo ricordava di non essere riuscito ad avvisare l’esercito, perchè il suo cellulare non aveva campo.

A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758). Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non attendibilità dello straniero – la concessione al medesimo dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

1.3.3. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) decreto succitato, la Corte d’appello ha accertato – con ricorso a fonti internazionali citate nel provvedimento – che nella zona di origine dell’istante ((OMISSIS)), non sussiste una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto interno o internazionale. Ebbene, a fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

1.4. Per tutte le ragioni esposte, le censure, poichè inammissibili, non possono trovare accoglimento.

2. Con il terzo motivo di ricorso, D.M. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Lamenta il ricorrente che il Tribunale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie – temporalmente applicabile, nel testo precedente il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461) – nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto l’accertata non attendibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione (ridotta, nella specie, ad un mero impegno attivo per integrarsi in Italia, secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente, p. 19) raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

Nè l’istante – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

2.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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