Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7714 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. II, 18/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 18/03/2021), n.7714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26780/2019 proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA LEONIDA

CADONI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 2249/2019 del TRIBUNALE di

CAGLIARI, depositato il 30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Cagliari rigettò l’opposizione proposta da M.M. avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, con la quale era stata disattesa la domanda di protezione avanzata dal medesimo;

– il richiedente aveva narrato di essere fuggito dal Gambia perchè sotto il regime del dittatore I. non aveva voluto eseguire, in qualità di poliziotto, l’arresto di taluni manifestanti, oppositori, appartenenti al partito (OMISSIS);

ritenuto che quest’ultimo ricorre sulla base di due motivi avverso il provvedimento del Tribunale e che il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente;

considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente lamenta “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, per non avere il Tribunale preso in esame la doglianza con la quale l’opponente aveva prospettato l’invalidità del procedimento amministrativo, definito con la decisione della Commissione territoriale, a causa della mancata indicazione nel provvedimento in discorso dei nominativi dei componenti la stessa, è inammissibile per il concorrere di tre autonome ragioni:

a) la doglianza, a sproposito evoca, un peraltro atipico, vizio motivazionale, non corrispondente al paradigma obbligato di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto non si verserebbe nell’ipotesi dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ma nella ben diversa ipotesi dell’omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c.;

b) la doglianza è aspecifica, non essendo stato messo specificamente a disposizione della Corte l’atto di opposizione, al fine di poter verificare se, in effetti, la questione fosse stata posta al Tribunale;

c) in ogni caso, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla commissione territoriale, non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto mediante ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento poichè tale procedimento ha ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, e deve pervenire alla decisione nel merito circa la spettanza, o meno, del diritto stesso non potendo limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo (Sez. n. 17318, 27/06/2019, Rv. 654643);

ritenuto che con il secondo motivo viene denunziata “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, nonchè violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7, 8 e 14 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, assumendosi che:

– nonostante il richiedente avesse prodotto la documentazione attestante la sua appartenenza al corpo della polizia il suo racconto era stato reputato inattendibile;

– restava non spiegato dal Tribunale la ragione per la quale era stato costretto a fuggire;

– la situazione non era ancora ritornata alla normalità, versandosi in un periodo di transizione, caratterizzato dalla presenza di molti seguaci dell’ex dittatore, il che costituiva un rischio specifico e grave in caso di rimpatrio;

considerato che anche l’esposto secondo motivo non supera il vaglio d’ammissibilità sulla base di quanto appresso:

a) il Tribunale aveva reputato la narrazione non credibile perchè, a dispetto del lungo tempo trascorso, il richiedente non aveva provveduto a procurarsi i documenti necessari a corroborare l’assunto, nonostante tutta la sua famiglia fosse in Gambia; affermato che dopo la caduta di I. e il ritorno alla democrazia non era configurabile alcun rischio attuale; consultate le COI (e non solo delle informazioni ricavate dal sito “(OMISSIS)” del Ministero degli Esteri, non utilizzabile allo scopo – cfr. Cass. n., Cass. n. 8819/2020) aveva, chiarito che non si registrava situazione di violenza diffusa e incontrollata; infine, escluso, una soggettiva condizione di vulnerabilità;

b) il Giudice del merito, quindi, ha deciso applicando il principio enunciato da questa Corte, la quale ha avuto modo di chiarire che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria; il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6, n. 18306, 08/07/2019, Rv. 654719);

c) quanto alla credibilità del racconto basti osservare che l’affermazione del ricorrente, secondo la quale egli avrebbe dimostrato documentalmente la sua appartenenza alla polizia gambiana, è aspecifica sotto il profilo dell’autosufficienza, trattandosi di un mero asserto, smentito dal Tribunale e non suffragato da documenti messi a disposizione del Collegio;

d) quanto alla situazione attuale in Gambia il ricorrente propone una lettura alternativa delle emergenze istruttorie in questa sede non permessa;

e) quanto, infine, alla protezione umanitaria non riporta alcuna specifica ragione individuale sottoposta al Tribunale;

f) in conclusione, piuttosto palesemente, le critiche, nella sostanza, risultano inammissibilmente dirette al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360, c.p.c., vigente n. 5, in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459);

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che non occorre statuire sul capo delle spese poichè il Ministero non ha svolto difese in questa sede;

considerato che sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

che di recente questa Corte a sezioni unite, dopo avere affermato la natura tributaria del debito gravante sulla parte in ordine al pagamento del cd. doppio contributo, ha, altresì chiarito che la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio (come in questo caso) – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (S.U. n. 4315, 20/2/2020).

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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