Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7706 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. I, 06/04/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 06/04/2020), n.7706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15319/2018 proposto da:

N.B., rappresentato e difeso dall’avvocato Martino Benzoni,

giusta procura speciale allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il

13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/11/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 992/2018 depositato il 13-04-2018 il Tribunale di Trieste, ha respinto il ricorso di N.B., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè accusato dai Talebani di collaborare con le autorità ed accusato dalle autorità di essere un sostenitore dei Talebani. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Pakistan, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si costituisce tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Preliminarmente il ricorrente deduce “Eccezione di incostituzionalità del D.L. n. 13 del 2017, artt. 3, 4, art. 6, comma 1, lett. a), d), f) e g), art. 7, comma 1, lett. a), b), d) ed e), art. 8, comma 1, lett. a), b), nn. 2), 3) e 4), e c) e artt. 10 artt. 21 e 23, e di conseguenza quelle di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 14,35 e 35 bis, in relazione agli artt. 77 Cost., comma 2”; deduce altresì “Eccezione di incostituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost. e art. 6 CEDU, art. 117 Cost. e contrarie alle Direttive 2005/85/CE e 2013/32/UE”. Il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), in relazione ai seguenti profili: 1) l’adozione del rito camerale e l’eliminazione del grado d’appello, per la violazione degli artt. 3,24,111 Cost., nonchè in relazione all’art. 46, par. 3 della direttiva 32/2013 ed agli artt. 6 e 13CEDU; 2) la mancanza del requisito di straordinarietà ed urgenza per violazione dell’art. 77 Cost..

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con i motivi primo, secondo e terzo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 8 e 9 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Deduce che il Tribunale non ha acquisito i documenti relativi alla procedura amministrativa ed allegati al modello C3, in violazione del citato art. 35 bis, comma 8, in ordine all’obbligo della Commissione Territoriale di collaborare nell’istruttoria. Tale violazione ha compromesso, ad avviso del ricorrente, il suo diritto di difesa, potendo trattarsi di documentazione decisiva, con riferimento alla documentazione rilasciata dalle autorità pakistane della (OMISSIS), che il Giudicante affermava di aver utilizzato, senza che invece fosse stata resa disponibile dalla Commissione Territoriale. Deduce di CL aver prodotto sia il certificato di domicilio, sia la carta d’identità rilasciati dalle autorità pakistane e che detti documenti non erano stati ritenuti genuini dal Tribunale. Rileva che, pertanto, a maggior ragione sarebbe stata necessaria l’acquisizione delle COI e un’indagine per accertare l’attendibilità del suo racconto e l’autenticità dei documenti consegnati in copia. Il Tribunale non ha acquisito d’ufficio informazioni circa riscontri oggettivi sulla credibilità della sua vicenda personale e sulla situazione della (OMISSIS), violando il dovere di cooperazione istruttoria, come da giurisprudenza che richiama.

4. I primi tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

4.1. Le doglianze non si confrontano con il percorso argomentativo seguito dai Giudici di merito. Il ricorrente non censura quanto affermato, motivatamente (pag. n. 3 e 4), dal Tribunale sui documenti, ritenuti non genuini, e non specifica quale sia la decisività dei documenti allegati al mod. C3, limitandosi a formulare generiche deduzioni attinenti alla valutazione del materiale probatorio. Oltre che sull’inattendibilità della provenienza del richiedente da (OMISSIS), il Tribunale, che ha esaminato il mod. C3 e ha dato atto che il ricorrente è stato sentito dal giudice istruttore, ha motivato in modo adeguato sulla non credibilità generale della vicenda narrata, evidenziandone plurime incongruenze e discrepanze. Nel ricorso non si censurano specificamente le dettagliate argomentazioni di cui al decreto impugnato, nè si specifica quale sia il contenuto, che si assume dirimente, della documentazione relativa alla procedura amministrativa. Non ricorre il dovere di attivazione del potere ufficioso in ordine al danno ex art. 14, lett. b) se il racconto del richiedente non è ritenuto credibile, come avvenuto nella fattispecie (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

5. Con il quarto motivo lamenta “art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14”. Con il quinto motivo lamenta “art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 16 Direttiva 32/2013/UE nullità della decisione”. Con il sesto motivo lamenta “violazione ex art. 360, n. 5, per omessa valutazione in ordine alla provenienza documentata del ricorrente”. Censura la valutazione di non credibilità della vicenda personale narrata, assumendo trattarsi di giudizio soggettivo ed arbitrario del Tribunale, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria, essendo stata erroneamente ravvisata dai Giudici di merito l’unica ragione dell’espatrio nella povertà. In ordine alle contraddizioni rilevate dai Giudici di merito nel suo racconto, deduce che le stesse possono essere associate a condizioni soggettive od oggettive, quali limiti della memoria umana, l’impatto del trauma, il disorientamento, l’ansia e la paura, richiama la giurisprudenza di questa Corte e censura il decreto impugnato per violazione del principio dell’onere probatorio attenuato a suo carico. Lamenta che l’autorità giudicante abbia tenuto un atteggiamento inquisitorio e viziato da pregiudizio e che non era stato sollevato alcun dubbio sull’attendibilità delle dichiarazioni del richiedente nel corso dell’audizione giudiziale, con la conseguente nullità del decreto impugnato per violazione della “norma processuale immanente di cui all’art. 16 Direttiva 32/2013/UE”. Censura nuovamente la valutazione di non genuinità del documento d’identità, affermando che i documenti ufficiali nelle regioni del FATA sono in lingua inglese e l’errata prima indicazione della Regione di provenienza era ascrivibile a mero errore di traduzione, lamentando che il Tribunale non abbia acquisito informazioni presso l’Unità COI del Ministero dell’Interno o presso il Ministero degli Esteri.

6. Anche i motivi quarto, quinto e sesto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

6.1. Le censure, in parte ripetitive di quelle espresse con i motivi primo secondo e terzo, si risolvono, inammissibilmente, in una richiesta di rivalutazione del merito.

Il Tribunale ha argomentato in dettaglio in ordine all’inverosimiglianza e contraddittorietà della narrazione del richiedente (pag. n. 3, 4 e 5) ed ha, di conseguenza, ritenuto, con idonea motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), neppure dimostrata la provenienza dello stesso dalla (OMISSIS), risultando così impedita l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria sulla situazione di quella zona. Invero, e per quanto occorra, il ricorrente neppure indica le fonti da cui risulti che nella (OMISSIS) ci sia una situazione di violenza indiscriminata rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

7. Con il settimo motivo lamenta “violazione ex art. 360, n. 3 e 4, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5”. Deduce che il Tribunale ha omesso di valutare, nella valutazione di vulnerabilità, il benessere generale della persona, ad avviso del ricorrente rientrante nel concetto di salute. Rimarca che, in caso di rimpatrio, sarebbe esposto a chiara emarginazione sociale e familiare e lamenta la mancata valutazione della situazione della Regione di origine, che è la più arretrata del Pakistan.

8. Anche l’ultimo motivo è inammissibile.

8.1. La doglianza relativa al diniego della protezione umanitaria è formulata del tutto genericamente, senza indicazione di alcuno specifico profilo di vulnerabilità, che il Tribunale ha escluso in base alle allegazioni del richiedente ed ai fatti accertati, dando atto che neppure era stato allegato il fattore dell’integrazione sociale e lavorativa in Italia.

9. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la tardiva costituzione del Ministero.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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