Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7703 del 24/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 24/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.24/03/2017), n. 7703
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 07139/2016 R.G. proposto da:
D.L.M., D.F.C., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO
ALAIMO, rappresentati e difesi dall’avvocato DANILO ZUCCHIATTI;
– ricorrenti –
contro
D.R.R., P.A., D.R.C.,
D.R.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA, 2, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CRISCUOLO, rappresentati e difesi
dall’avvocato DOMENICO GALIANO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5333/2015 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata
il 17/12/2015;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23/02/2017
dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
D.L.M. e D.F.C. ricorrono, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 5333 del 17.12.15 con cui il Tribunale di Salerno, accogliendo l’opposizione agli atti esecutivi dispiegata da P.A., D.R.C., G. e R. in esito al rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione di obblighi di farei intentata ai danni di questi ultimi dai primi, ha in parte revocato una precedente ordinanza del giudice dell’esecuzione, nuovamente specificando le opere a farsi e condannando gli opposti alle spese;
resistono con controricorso i P. – D.R.;
è stata formulata proposta di definizione in Camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380-bis c.p.c., come modificato del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;
i ricorrenti depositano memoria ai sensi di tale ultima norma.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;
i due motivi (il primo, di “violazione, falsa applicazione di norma di diritto, omessa ovvero insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, ultrapetizione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3-4, in riferimento in particolare al disposto degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e art. 1051 c.c.”; il secondo, di “violazione, falsa applicazione di norma di diritto, omessa ovvero insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5, in riferimento in particolare al disposto degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.”) sono inammissibili, per differenti ordini di ragioni, tra loro concorrenti: in quanto riferiti ad un vizio motivazionale non più previsto da nessuna norma applicabile dopo la novella dell’art. 360 c.p.c. del 2012; in quanto rivolti avverso l’interpretazione del titolo esecutivo, istituzionalmente riservata al giudice dell’esecuzione; in quanto riferiti genericamente a norme sulla valutazione degli elementi istruttori, mentre non è mai consentito in sede di legittimità un riesame di quelli (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti); ma soprattutto perchè assolutamente carenti della trascrizione, almeno nella parte di rilievo e comunque con indicazione della sede processuale di produzione e di sottoposizione al giudice del merito, in ricorso dei numerosi documenti cui fanno riferimento e di cui pretendono una riconsiderazione diretta ad opera di questa Corte;
inoltre, difetta la deducibilità della violazione degli artt. 115 c.p.c. e segg. (Cass. 10/06/2016, n. 11892, nel senso che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c., è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime; in senso analogo, Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598);
del tutto fuori luogo è poi la doglianza in relazione all’art. 112 c.p.c., non ravvisandosi affatto il vizio denunciato;
pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile ed i ricorrenti, soccombenti, condannati alle spese del giudizio di legittimità in favore delle controparti, tra loro in solido per l’evidente identità di posizione processuale, con dichiarazione della sussistenza dei presupposti per la applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale di questa.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido, liquidate in Euro 1.400, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 , comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017