Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7698 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1711/2016 proposto da:

G.L., nella qualità di erede di G.G.;

G.M.; M.C.; M.M.M.; M.M.;

B.C., B.G., Be.Gi., B.M. e

B.V., in proprio e nella qualità di eredi di

Bo.Id.; elettivamente domiciliati in Roma, Via Giosuè Borsi n. 4,

presso lo studio dell’avvocato Scafarelli Federica, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Donini Maurizio,

Luongo Gianpiero, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Trento, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 24, presso lo studio

dell’avvocato Scotti Elisa, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Provincia Autonoma di Trento, in persona del presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Porta Pinciana n. 4, presso

lo studio dell’avvocato Santaroni Mario, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Manica Monica, Pedrazzoli Nicolò,

giusta procura speciale autenticata dall’ufficiale rogante Dott.

Ba.Gu. – Rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 17/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/02/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

G.G., G.M., M.C., M.M.M., M.M., B.C., B.M., B.G., Be.Gi., B.V. e Bo.Id., premesso di essere comproprietari delle p.lle (OMISSIS) gravate da vincoli ripetutamente reiterati oltre i limiti di legge, convennero in giudizio, davanti alla Corte di appello di Trento, il Comune di Trento e la Provincia Autonoma di Trento per conseguire la determinazione e la condanna alla corresponsione dell’indennità dovuta, anche pro futuro sino alla data dell’effettivo esproprio, per ciascun anno di scadenza dei vincoli imposti – a partire dal PRG del 1968 – vincoli da qualificare, secondo gli attori, come “sostanzialmente espropriativi o comunque comportanti inedificabilità e/o preordinati all’esproprio”.

L’atto di citazione era stato notificato al Comune, quale ente che aveva adottato i vari PRG da cui erano scaturite le situazioni oggetto del giudizio, ed alla Provincia di Trento, “prudenzialmente”, quale soggetto nel cui interesse erano stati reiterati parte dei vincoli gravanti sulle aree, nonchè quale autorità che aveva concorso alla reiterazione dei vincoli medesimi.

La Corte di appello, disposta ed espletata CTU, rigettava le domande attoree, affermando, che il vincolo apposto come “verde pubblico” era di tipo conformativo e non dava diritto ad indennità del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 39.

G.L., quale erede universale di G.G., G.M., M.C., M.M.M., M.M., nonchè – in proprio e quali eredi di Bo.Id. – B.C., B.M., B.G., Be.Gi. e B.V. hanno proposto ricorso per cassazione con tre mezzi, corroborato da memoria. Il Comune di Trento e la Provincia Autonoma di Trento hanno replicato con separati controricorsi, entrambi corredati da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente va dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Provincia di Trento in quanto, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 39, comma 2, la determinazione e la corresponsione dell’indennità dovuta in caso di vincolo preordinato all’esproprio o di vincolo essenzialmente espropriativo, spetta all’autorità che ha disposto la reiterazione del vincolo e non all’organo di controllo che non ne ha la paternità.

2.1. Con il primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 12 preleggi, in rapporto all’art. 65 delle norme di attuazione del Piano regolatore del Comune di Trento, come approvato con DELIB. Giunta Provinciale (D.G.P.) n. 13368 del 1991 e successivamente modificato con varianti approvate con D.G.P. n. 9716/1998, D.G.P. n. 2808/2003 e D.G.P. n. 200/2008, nonchè dell’art. 42 Cost, D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 e della L.P. Trento n. 1 del 2008, art. 52, nonchè dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 4.

La censura concerne la statuizione con cui – a loro parere – la Corte tridentina, dopo avere ricostruito le destinazioni urbanistiche succedutesi nei PRG del Comune di Trento dal 1968 in poi, ha affermato che la classificazione a “verde pubblico” (VP) non poteva considerarsi vincolo espropriativo perchè, nello specifico le norme di riferimento, seppure con delle pregnanti limitazioni, ammettevano degli interventi edificatori da parte dei privati (poligono di tiro interrato, minigolf, etc.) e non potevano essere escluse altre soluzioni, ove previamente vagliate dal Consiglio Comunale, la cui previa Delibera derogatoria era prevista dall’art. 65, comma 2, delle N.d.A., di guisa che non si verificava l’ipotesi eccezionale del carattere espropriativo della anzidetta destinazione a “verde pubblico”.

Nella prospettiva dei ricorrenti, la Corte di appello sembrerebbe avere aderito all’orientamento secondo il quale il carattere espropriativo o meno del vincolo apposto con la destinazione a “verde pubblico”, va verificato in base alle concrete prescrizioni poste nei singoli casi, al fine di riscontrare se la concreta previsione della disciplina urbanistica comporti la preclusione pressochè totale di ogni attività edilizia, con conseguente sostanziale svuotamento del diritto di proprietà, potendosi in tal caso ritenere il carattere espropriativo del vincolo.

Ciò detto, lamentano la errata interpretazione dell’art. 65 delle N.d.A. cit. che, a loro parere, prevedeva una sostanziale inedificabilità assoluta delle aree in questione, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale.

Nello svolgimento del motivo è denunciato anche il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia perchè la Corte di appello non avrebbe indicato le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dal parere espresso dal CTU.

2.2. Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 42 Cost., D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, L.P. Trento n. 1 del 2008, art. 52 e dell’art. 65 delle N.d.A. del PRG del Comune di Trento cit..

I ricorrenti sostengono che l’art. 65 delle N.d.A. cit., quand’anche dovesse essere interpretato nel senso di ammettere in linea generale interventi edificatori nell’area destinata a VP, mostra un’astrattezza tale da far desumere la sostanziale riserva totale degli interventi alla mano pubblica, per cui la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che l’art. 65 consentisse iniziative private.

2.3. Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 61 c.p.c. e segg., artt. 191 c.p.c. e segg. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per motivazione totalmente omessa; l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Cost., D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, L.P. Trento n. 1 del 2008, art. 52 e dell’art. 65 delle N.d.A. del PRG del Comune di Trento cit.

I ricorrenti si dolgono che la Corte di appello non abbia dato corso all’integrazione della CTU, inizialmente disposta per accertare se, pur essendo possibili ai sensi dell’art. 65 delle iniziative suscettibili di operare in libero regime di economia di mercato, la norma non era comunque tale da comportare uno svuotamento di rilevante entità ed incisività del contenuto della proprietà, accertamenti – a loro parere decisivi.

3.1. I motivi, tutti concernenti le particelle destinate a “verde pubblico” e da trattare congiuntamente per connessione, vanno respinti.

3.2. Per costante giurisprudenza, l’indennizzo per i vincoli urbanistici, come alternativa non eludibile al termine di efficacia posto dalla L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, è dovuto allorchè la possibilità di reiterazione del vincolo scaduto, riconosciuta all’Amministrazione per giustificate ragioni di interesse pubblico, comporta che si superi la durata fissata dal legislatore come limite alla sopportabilità del sacrificio da parte del soggetto titolare del bene. Non tutti i vincoli urbanistici, tuttavia, sono soggetti a decadenza, e conseguentemente alla possibilità di indennizzo allorchè reiterati, ma soltanto quelli aventi carattere particolare, per i quali la mancata fruibilità del bene protratta nel tempo e non indennizzata determina violazione dell’art. 42 Cost., comma 3: in particolare non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni e, tra questi, i vincoli urbanistici di tipo conformativo e i vincoli paesistici (Corte Cost. n. 179 del 20 maggio 1999).

Quanto ai vincoli di natura conformativa, costituisce ius receptum in giurisprudenza (Cass. n. 19072/2015; Cass. n. 25401/2016; Cass. n. 23572/2017; Cass. n. 16084/2018 ed altre) il principio per cui il carattere conformativo dei vincoli non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi, per natura e struttura, dei vincoli stessi, ricorrendo in particolare tale carattere ove gli stessi vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto, per lo più spaziale, con un’opera pubblica.

Al contrario, il vincolo, se incide su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 luglio 2012 n. 4321).

E’ stato, inoltre, puntualizzato che la destinazione contenuta nel piano regolatore generale a “verde pubblico” ha ordinariamente carattere conformativo e che può rivelarsi, in via eccezionale, come vincolo preordinato all’esproprio al concorrere di tutti i seguenti presupposti: a) che si traduca in un’imposizione a titolo particolare incidente su beni determinati al precipuo fine della precisa e puntuale localizzazione di un intervento edilizio che, per natura e scopo, sia d’esclusiva appropriazione e fruizione collettiva; b) che la relativa realizzazione risulti incompatibile con la proprietà privata e, perciò, presupponga ineluttabilmente, per il suo compimento, l’espropriazione del bene; c) che l’imposizione determini l’inedificabilità del bene colpito e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul suo godimento, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio (Cass. n. 10325/2016).

3.3. Va rammentato, infine, quanto alla “fascia di rispetto stradale” che, secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio ritiene di condividere, il vincolo imposto sulle aree site in fasce di rispetto stradale o autostradale comporta un divieto assoluto di edificazione che le rende legalmente inedificabili, trattandosi di limitazioni costituzionalmente legittime, in quanto concernenti la generalità dei cittadini proprietari di determinati beni individuati a priori per categoria e localizzazione, espressione del potere conformativo della P.A. di cui all’art. 42 Cost. (tra le tante Cass. n. 14632/2018, n. 13516/2015 e n. 27114/2013). Detto vincolo non ha natura espropriativa, nè è preordinato all’espropriazione, in base a quanto previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, comma 1 e art. 37, comma 4 (Cass. n.. 13203/2020; Cass. n. 14632/2018 e Cass. n. 5875/2015).

3.4. Nel caso in esame, va considerato che la Corte di appello ha accertato che oggetto del contendere erano due appezzamenti di terreno una volta unitari e poi separati dalla costruzione di una strada comunale ((OMISSIS)) a conformazione triangolare, ora situati ai due lati, nord e sud della suddetta strada; che nel PRG 1989 la particella (OMISSIS) era classificata come AS (Attrezzature sportive) e le particelle (OMISSIS) erano destinate a VP; che nel PRG del 1997 le particelle avevano identica destinazione, salvo che su di esse si inseriva una “fascia di rispetto stradale”, quest’ultimo vincolo non reiterato nei PRG successivi; che nel PRG 2001 le particelle risultavano inquadrate come VP; che, infine, nel PRG 2004, indicato come tuttora vigente, la particella (OMISSIS) risultava ancora destinata a VP, mentre le restanti due particelle risultavano destinate a NOT (nucleo ospedale territoriale) con vincolo disposto per la prima volta con il PRG entrato in vigore nel febbraio 2008 e, quindi, nuovo e non reiterato – accertamento, quest’ultimo, relativo alla destinazione NOT rispetto al quale non sono stati proposti motivi di ricorso per cassazione -.

3.5. Deve quindi rilevarsi che l’accertamento circa la natura conformativa del vincolo, risulta effettuata correttamente dalla Corte territoriale, in linea con i precedenti di legittimità ricordati, in quanto la destinazione a VP è avvenuta in virtù di criteri generali e astratti e non già in funzione della localizzazione di un’opera pubblica specifica su beni per essa individuati, non risulta affatto che le particelle in questione abbiano avuto, prima dell’apposizione dei vincoli, natura edificatoria, e la statuizione non risulta smentita o contestata dai ricorrenti, non avendo formato oggetto di specifica impugnazione.

3.6. A ciò va aggiunto, ferma la correttezza dell’accertamento sulla natura conformativa del vincolo in esame alla stregua dei principi prima enunciati, che quanto dedotto dai ricorrenti, circa la circoscritta idoneità all’edificabilità delle particelle destinata a VP e i lamentati effetti coercitivi dell’art. 65 delle N.d.A. del Comune di Trento, non muta le conclusioni cui rettamente è pervenuta la Corte tridentina e non può trovare alcuna condivisione, contrastando con i principi già più volte enunciati in tema di indennità di espropriazione.

3.7. Le possibilità legali di edificazione vanno, infatti, escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass. 14840/2013; 2605/2010; 21095 e 16537/2009) e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia (cfr. Cass. n. 11503 del 2014; 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009; 17995/2009), perchè anche quando la destinazione prevista sia realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, essa è sempre attuativa di un servizio pubblicistico (cfr. in tema di indennità di esproprio, Cass. 12818/2016), con l’effetto che l’indennità prevista ex art. 39 del D.P.R. cit., nel caso di incidenza di previsioni urbanistiche su particolari aree comprese in zone non edificabili, non è dovuta: si deve aggiungere che detta argomentazione -la destinazione pubblica può essere realizzata anche da privati sia pur avvalendosi di strumenti di convenzionamento con l’ente pubblico- è utilizzata dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 179/1999 e segg.) e da quella amministrativa non certamente per modificare la destinazione inedificabile attribuita dallo strumento urbanistico generale, ma al solo fine di escludere la necessità dell’espropriazione e di sottrarre il relativo vincolo alla decadenza (quinquennale) prevista dalle leggi urbanistiche per quelli preordinati all’esproprio (Cass. 12818/2016).

3.8. La decisione impugnata, pertanto, risulta immune dai vizi denunciati ed i motivi di ricorso vanno rigettati, perchè -come accertato dalla Corte di appello – i limitati interventi edificatori consentiti alle condizioni previste dall’art. 65 delle N.d.A. non mutano la natura non edificatoria delle p.lle destinate a VP.

Invero, quando la destinazione della zona soggetta a vincolo conformativo “verde pubblico” sia realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, essa è sempre attuativa di un servizio pubblicistico, con l’effetto che non risulta decisivo indagare l’ampiezza riconosciuta all’iniziativa privata in quest’ambito dalle norme del N. d.A. (oggetto soprattutto dei motivi secondo e terzo), perchè l’indennità prevista ex art. 39 del D.P.R. cit., non è comunque dovuta.

4. In conclusione va dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Provincia Autonoma di Trento; va, quindi, rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, in favore di ciascuno dei controricorrenti.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara il difetto di legittimazione passiva della Provincia Autonoma di Trento;

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore di ciascun controricorrente in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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