Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7698 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7698 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA

sul ricorso 7746-2012 proposto da:
BASILICATA FLORINDO BSLFRN65M31H834X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE CASTRENSE 7, presso lo
studio dell’avvocato MONICA TAGLIALATELA, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine;
– ricorrente –

2014
contro

282

BASILICATA LUISA,

BIONDILLO SALVATORE,

BIONDILLO

CANDIDA, BIONDILLO PELLEGRINO, BIONDILLO ALESSIO,
BIONDILLO

MARIANNA,

UNIPOL

1

ASSICURAZIONI

SPA

Data pubblicazione: 02/04/2014

00284160371;
– intimati –

Nonché da:
UNIPOL ASSICURAZIONI SPA 00284160371 in persona del
suo Procuratore Dott.ssa GIOVANNA GIGLIOTTI,

60, presso lo studio dell’avvocato CAROLI ENRICO, che
la rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente incidentale contro

BASILICATA

FLORINDO

BSLFRN65M31H834X,

BASILICATA

LUISA, BIONDILLO SALVATORE, BIONDILLO CANDIDA,
BIONDILLO PELLEGRINO, BIONDILLO ALESSIO, BIONDILLO
MARIANNA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1004/2011 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 24/03/2011, R.G.N. 3250/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/01/2014 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;
udito l’Avvocato MONICA TAGLIALATELA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi;

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elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

R.G. 7746 del 2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1991 Basilicata Florindo rimase coinvolto in un grave incidente stradale, mentre
viaggiava trasportato a bordo della motocicletta Suzuki 600 condotta dal cugino

riportate), che si scontrava con la Fiat 131 condotta da Campagnolo Silvio.
Il ricorrente in un primo momento – nel 1994 – intraprendeva una causa nei confronti
del solo conducente dell’altro veicolo coinvolto nello scontro, il Campagnolo, quindi nel
2000 iniziava una seconda causa — quella in esame – dinanzi al Tribunale di S. Maria
Capua Vetere, convenendo in giudizio gli eredi del defunto conducente del motoveicolo
e chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Gli eredi Bionclillo rimanevano contumaci e
il tribunale adito nel 2006 rigettava la domanda del Basilicata accogliendo l’eccezione di
prescrizione sollevata dalla intervenuta Winthertur Ass.ni s.p.a. .
Il Basilicata proponeva appello e all’udienza di precisazione delle conclusioni produceva
in giudizio la sentenza n. 3078 del 2010 emessa dalla Corte d’Appello di Napoli nel
giudizio nei confronti del Campagnolo, conducente dell’autovettura coinvolta nello
scontro, che accertava il concorso di colpa dei due soggetti coinvolti nello scontro,
quantificava i danni complessivamente riportati dal Basilicata per danno biologico,
indennità temporanea totale e parziale, nonché per spese mediche documentate, e
condannava il convenuto a pagarne la metà, pari ad euro 23.600,00.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 1004 del 2011, in parziale accoglimento
dell’appello dell’odierno ricorrente, riteneva infondata l’eccezione di prescrizione
sollevata dalla compagnia di assicurazioni, ritenendo che la prescrizione fosse stata
idoneamente interrotta dall’odierno ricorrente; sull’an, riteneva che la sentenza n. 3078
del 2010 della stessa corte non potesse spiegare efficacia di giudicato nei confronti della
compagnia di assicurazioni, che non era stata parte del giudizio, ma che tuttavia essa
dovesse essere valutata alla stregua di una prova documentale sull’an

debeatur,

in

relazione alla quantificazione del danno recepiva le conclusioni del ctu, accertando che il
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Biondillo Vincenzo (deceduto pochi giorni dopo l’incidente per la gravità delle ferite

Basilicata aveva riportato un danno biologico nella misura del 7% (inferiore rispetto al 12
% ritenuto nell’altro giudizio) nonché un danno per inabilità temporanea totale e parziale
(anch’esso inferiore all’importo riconosciuto nell’altro giudizio), e, calcolato il danno
complessivo, condannava la compagnia assicurativa del motoveicolo su cui viaggiava il
ricorrente unitamente agli altri appellati a pagare in favore del Basilicata l’importo
residuo di euro 1.525,00 ( pari alla differenza tra quanto erano stati condannati a pagare il

liquidato ai valori attualizzati in favore del Basilicata nel secondo giudizio).
Propone ricorso per cassazione il Basilicata nei confronti di Basilicata Luisa, Bionclillo
Salvatore, Candida, Pellegrino, Alessio, Marianna, nonché nei confronti di Unipol Ass.ni,
già Aurora Ass.ni s.p.a. e prima ancora Winthertur Ass.ni s.r.l. , incorporante la Veneta
Ass.ni s.p.a., articolato in tre motivi.
La Unipol Ass.ni s.p.a. ha depositato controricorso contenente un motivo di ricorso
incidentale.
Basilicata Luisa nonché gli altri eredi Biondillo, benché regolarmente intimati, non si
sono costituiti.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i due ricorsi proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti, ai sensi
dell’art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso il Basilicata deduce “la violazione e o falsa applicazione
e \o interpretazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli articoli seguenti
e\ o connessi, nonché omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio”.
Il ricorrente segnala il fatto che la corte d’appello ha preliminarmente evidenziato di aver
già deciso sul medesimo fatto, nell’altra causa iniziata dallo stesso Basilicata e da tutti gli
eredi Biondillo nel 1994 e conclusasi con sentenza n. 3078 del 2010 ed ha riconosciuto
a detta sentenza una precisa valenza probatoria, affermando che essa “deve essere valutata
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Campagnolo e la sua compagnia di assicurazioni nel primo giudizio e quanto veniva

,

alla stregua di una prova documentale”, ritenendo in conseguenza di ciò già accertata, in
conformità di quanto risulta dalla prima sentenza, la responsabilità sull’an dell’incidente,
in particolare la responsabilità concorrente e paritaria tra il conducente della moto e il
conducente dell’auto.
Il ricorrente non contesta questo aspetto, ma piuttosto rileva che la corte nella sentenza
qui impugnata avrebbe dovuto attribuire identico valore di prova documentale alla

e l’ammontare del risarcimento dovutogli; ne fa derivare che il recepimento degli
accertamenti compiuti nel primo giudizio avrebbe dovuto portare a ritenere fissati e
quantificati nello stesso modo i danni da lui riportati nell’incidente, ovvero una
indennità temporanea totale di 70 giorni pari ad euro 5.600,00, una indennità
temporanea parziale di quaranta giorni, pari ad euro 1.600,00 e un danno biologico nella
misura del 12 %, liquidato in euro 39.000,00. Invece, lamenta il ricorrente che la corte
d’appello nella sentenza impugnata non avrebbe attribuito all’altra sua sentenza analogo
valore di prova documentale sul punto del quantum ed avrebbe rideterminato
autonomamente il risarcimento dovuto al Basilicata giungendo a liquidargli un importo
minore, recependo senza adeguata motivazione le risultanze della c.t.u. disposta nel
corso del giudizio di primo grado, i cui esiti erano stati tempestivamente contestati
dall’odierno ricorrente, senza neppure una adeguata motivazione.
Anche il controricorso della Unipol Ass.ni s.p.a., contenente anche ricorso incidentale,
si indirizza, censurandolo da opposto punto di vista, al passo della sentenza impugnata in
cui il giudice d’appello ha ritenuto che l’altra decisione resa dalla stessa corte in relazione
al medesimo incidente, però con parti non perfettamente coincidenti, dovesse essere
valutata alla stregua di una prova documentale sull’an debeatur, e, segnatamente, sulla
dinamica del fatto. La ricorrente incidentale segnala l’illegittimità della sentenza
impugnata osservando che, ai fini della utilizzabilità come prova documentale di una
sentenza resa in un diverso processo, questa deve essere passata in cosa giudicata, cosa
che nel caso di specie non era avvenuta, per cui ad avviso della Unipol essa non era
neppure utilizzabile come fonte di prova.
Entrambi i motivi di ricorso, sia il principale che l’incidentale, sono infondati.
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sentenza n. 3078 del 2010 anche laddove aveva quantificato la misura dei danni riportati

La sentenza impugnata sotto il profilo contestato va esente dalle simmetriche critiche
mossele da entrambe le parti.
Essa infatti prende atto del precedente accertamento compiuto da altra sezione della
stessa Corte d’Aappello di Napoli sulla dinamica dello stesso incidente stradale, e lo
utilizza non come prova avente una efficacia qualificata, ma come documento da lei
liberamente apprezzabile ed utilizzabile , facendo corretto uso del principio di diritto già

in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche le prove raccolte in un diverso giudizio
tra le stesse parti o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata
pronunciata costituisce documentazione (Cass. n. 21115 del 2005). Utilizza anche i
documenti in quella sede acquisiti ( il rapporto redatto dai CC di Maddaloni ) e,
liberamente apprezzandoli nell’ambito della formazione del proprio libero
convincimento, condivide la ricostruzione della dinamica dell’incidente in quella sede
effettuata dalla stessa corte d’appello : v. pag. 5 della sentenza impugnata.
Non essendo vincolante l’accertamento contenuto nella prima sentenza sull’an, per i
motivi esposti, non lo è neppure quello sul quantum, tanto più che, lo si ripete, i due
giudizi non si sono svolti tra le stesse parti ( si ricorda che la prima causa si è svolta tra
eredi del conducente e trasportato della moto, da una parte, e conducente e proprietario
dell’auto, dall’altra, mentre questa causa vede contrapporti gli eredi del conducente e il
trasportato). In definitiva è lo stesso Basilicata, che in entrambi i giudizi, in quanto
danneggiato, era l’attore, che ha scelto di intraprendere due giudizi diversi
(probabilmente per non coinvolgere in un primo momento anche in una causa civile i
propri parenti già gravati dalla perdita del conducente del motoveicolo, che era suo
parente) e in tal modo ha assunto il rischio che l’esito delle due cause potesse essere
differente, del che oggi si duole. Nella seconda causa la corte ha legittimamente deciso di
utilizzare al fine di pervenire alla quantificazione del danno, gli esiti della consulenza
svolta tra le stesse parti nel corso del giudizio di primo grado, con rispetto del
contraddittorio. Il suo operato è pertanto sotto questo profilo del tutto legittimo.
Per quanto concerne la doglianza formulata con il ricorso incidentale, anch’essa è
infondata. E’ la stessa corte d’appello, a pag. 5 della sentenza, che chiarisce di non aver
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più volte affermato da questa Corte, secondo il quale il giudice di merito può utilizzare,

recepito l’accertamento contenuto nella sentenza n. 3078 del 2010 come accertamento
facente stato tra le parti del secondo giudizio ( né avrebbe potuto farlo, non essendo
la sentenza passata in giudicato ed essendo stata resa tra parti non integralmente
coincidenti). La corte territoriale, come si è avuto già modo di osservare, ha fatto
corretto uso del principio della libera utilizzabilità delle prove raccolte in un altro
processo, a prescindere dal giudicato (Cass. n. 7767 del 2007 :” Il giudice di merito può

prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche altre parti, e da esse desumere elementi che – al
di fuori dei casi di opponibilità dell’accertamento derivante dal giudicato – devono, peraltro, costituire
oggetto di autonoma valutazione (e non essere, perciò, solo acriticamente recepite) dei fatti sottoposti alla
sua cognizione; tuttavia, occorre che dette prove gli siano state indicate e di esse, ove se ne lamenti
l’omesso esame in sede di legittimità, siano nprodotti il tenore letterale degli atti e dei documenti in cui si
sostanziano.”).
Dalla lettura della sentenza si evince chiaramente inoltre che la corte d’appello non si è
pedissequamente allineata alla conclusione sull’an tratta nella precedente sentenza, né
l’ha ritenuta una fonte di prova qualificata atta a fare stato in questo giudizio sia pure
solo sull’accertamento della responsabilità, ma, richiamati gli elementi anche
documentali, quali i rilievi degli agenti intervenuti sui quali la corte nel primo caso aveva
formato il proprio convincimento sulla responsabilità concorsuale dei due soggetti
coinvolti nel sinistro, li ha condivisi e fatti propri legittimamente in questo giudizio.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e o
contraddittoria motivazione della sentenza per non aver la corte accolto le critiche mosse
dal ricorrente alla ctu e per non aver neppure dato conto, nella motivazione, delle ragioni
per le quali riteneva di disattenderle.
Questo motivo di ricorso va accolto.
Il ricorrente aveva espressamente contestato, nel proprio atto di appello, la
quantificazione del danno eseguita dal c.t.u. in primo grado, con circostanziati rilievi
che, in ossequio al principio di autosufficienza, ha riportato alle pag. da 21 a 24 del
ricorso per cassazione. Nel suo motivo di appello chiedeva che nella quantificazione del
danno biologico si tenesse conto sia delle conseguenze limitative della mobilità sotto il
7

utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto ed in virtù del principio dell’unità della giurisdizione, anche

profilo ortopedico, che delle conseguenze neurologiche derivanti dal trauma cranico
subito, valutate troppo superficialmente dal c.t.u., e consistenti in sindrome vertiginosa e
cefalgica con insonnia, stato ansioso, difficoltà di concentrazione, e chiedeva che si
tenesse conto di tutti i fattori : il suo stato di salute ottimale precedente al sinistro, la sua
giovane età al momento dell’incidente, le conseguenze limitative sulla sua vita di
relazione e la necessità di cambiare lavoro non essendo compatibile il lavoro

continuamente soggetto a seguito dell’incidente e con la perdita di forza prensile nelle
mani e nel polso. Alla luce di tutte queste considerazioni, più analiticamente sviluppate
nell’atto di appello, riteneva che il ctu avesse sottovalutato la gravità complessiva degli
esiti permanenti, giungendo ad una illogica e sproporzionatamente riduttiva
determinazione della percentuale di invalidità permanente, riconosciuta dal c.t.u. in
primo grado nella misura del 6\7% . Alle valutazioni del consulente contrapponeva una
stima della propria invalidità non inferiore al 17 \ 18 %•, più una inabilità temporanea
assoluta e parziale di più lunga durata rispetto a quanto ritenuto dal ctu.
E’ da notare che le critiche del Basilicata sono correttamente indirizzate nei confronti
della c.t.u. di primo grado, e non della sentenza di primo grado, in quanto in primo
grado il tribunale aveva accolto l’eccezione di prescrizione e non aveva di conseguenza
esaminato la fondatezza o meno delle domande dell’attore né aveva affrontato la
questione della misura del risarcimento.
A fronte di queste critiche puntuali alla consulenza ( la cui fondatezza o meno non è
compito di questa corte esaminare, essendo un giudizio di fatto riservato al giudice di
merito), rilevanti ai fini della decisione la motivazione della corte d’appello è la seguente
:”Sul quantum debeatur, la Corte ritiene di aderire alle conclusioni del ctu Perrone nominato nel
giudkio di primo grado, solo genericamente contestate dal Basilicata”.
Deve ritenersi che la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio di insufficienza della
motivazione, in quanto la sentenza di merito non può limitarsi a richiamare e fare
proprie le conclusioni cui è pervenuto il c.t.u. allorchè le stesse siano state sottoposte a
puntuali critiche da parte dei soggetti coinvolti, ma è invece necessario che, nel recepire
le conclusioni di una consulenza tecnica oggetto di puntuale contestazione, la sentenza
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precedentemente svolto ( manovale muratore) con le vertigini alle quali andava

si faccia carico di richiamare, seppur sinteticamente, le critiche mosse alla consulenza e,
nel recepirla, spieghi perché ritenga dette critiche superabili o infondate o comunque
non tali da inficiare i risultati cui è pervenuto il c.t.u.
Poiché per quanto sopra esposto, le critiche mosse dal Basilicata non si possono ritenere
generiche, la motivazione è carente non avendo ad esse minimamente replicato e quindi
non avendo dato conto della ragionevolezza e persuasività delle conclusioni cui è

Il motivo di ricorso va accolto e la causa rimessa alla Corte d’Appello di Napoli in altra
composizione.
Con il terzo motivo di ricorso, il Basilicata lamenta l’erronea applicazione da parte della
corte territoriale degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché la contraddittorietà della motivazione,
che ha scelto di compensare entrambi i gradi di giudizio tra le parti, motivando nel senso
che il comportamento processuale assunto dall’esponente sarebbe caratterizzato da
contraddizioni ed appesantimenti. Il motivo è assorbito, in quanto il giudice del rinvio
deciderà anche sulle spese.

P.Q.M.

Pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il
secondo, assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al secondo motivo di ricorso e rinvia alla Corte
d’Appello di Napoli in diversa composizione anche sulle spese.
Rigetta il ricorso incidentale.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 31 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

pervenuto il consulente, atte a superare le critiche della parte.

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