Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7696 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7696 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 14040-2008 proposto da:
LOLLI

PIETRO LLLPTR34E22H390M,

PALATRONI TERESA

LOLLI ROBERTA

LLLRRT74M41H769B,

LOLLI VINCENZO LLLVCN43P11F516E,

LOLLI FRANCESCO

PLTTRS44D57F516T

LLLFNC72H13H769L, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA G.B. MORGAGNI 2-A, presso lo studio dell’avvocato
BLASI FABIO, che li rappresenta e difende unitamente
agli avvocati FAVIA DAVID, VENARUCCI ANDREA giusta
procura speciale in calce;
– ricorrenti contro

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Data pubblicazione: 02/04/2014

NERI LAURA, CICCHI ALESSANDRA, CICCHI MARIA ELENA;
– intimati –

sul ricorso 17697-2008 proposto da:
NERI LAURA,

CICCHI

MARIA ELENA,

CICCHI

ALESSANDRA,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CAPPELLI FRANCESCO giusta delega in calce;
– ricorrenti contro

LOLLI FRANCESCO, LOLLI ROBERTA, PALATRONI TERESA,
LOLLI PIETRO, LOLLI VINCENZO LLLVCN43P11F516E,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI
2-A, presso lo studio dell’avvocato BLASI FABIO, che
li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
VENARUCCI ANDREA, FAVIA DAVID giusta procura speciale
in calce;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 239/2007 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 08/06/2007, R.G.N.
1345/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/01/2014 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato FABIO BLASI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

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80, presso lo studio dell’avvocato CROCE ROBERTO, che

Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’improcedibilità del ricorso principale e

inammissibilità del ricorso incidentale;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ricorso ha ad oggetto una domanda di rimessione in pristino
e risarcimento danni in dipendenza di opere realizzate dai
convenuti.
Con citazione del 1981 Serafino Cicchi convenne innanzi al

Domenico Lolli chiedendo l’abbattimento di alcuni manufatti,
asseritamente abusivi, edificati a iniziativa degli stessi e
precisamente:
a) una sopraelevazione realizzata nella parte posteriore del
complesso immobiliare di proprietà Cicchi-Lolli, su un corpo
di fabbrica costituito da due locali terranei appartenenti,
rispettivamente, all’uno e agli altri, con trasformazione
della copertura a terrazzo in un piano abitabile a uso
esclusivo dei Lolli. Tale sopraelevazione aveva raggiunto la
soglia di due finestre preesistenti di proprietà dell’attore,
limitandone la veduta e la stessa apertura, tanto più che sul
tetto sopraelevato erarstate allocate due canne fumarie;
b) l’apertura sulla facciata anteriore di una porta a livello
del primo piano e la posa in opera di una scala esterna alla
facciata, in violazione delle norme sulle distanze dai
confini;
c) la chiusura di una porta di accesso al piano rialzato sulla
stessa facciata,

con contestuale apertura, allo stesso

livello, di una nuova porta a filo con la proprietà Cicchi, il

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Tribunale di Ascoli Piceno Vincenzo Lolli, Pietro Lolli e

che integrava una veduta abusiva e alterava l’aspetto della
facciata.
Asserirono che il complesso interessato dalle opere era
formato da due fabbricati contigui, costituenti, pur con corpi
diversi, una struttura continua.

pretese, chiedendo, in via riconvenzionale, l’abbattimento di
una caldaia costruita sotto le finestre di Domenico Lolli e
accanto alla porta d’ingresso di Pietro Lolli nonché la
liberazione di un locale dal legname colà stivato.
Con sentenza del settembre 2005 il Tribunale di Ascoli Piceno
condannò i convenuti a rimuovere e demolire i vani edificati
sul lato nord dell’immobile, sino all’altezza del sottostante
muro preesistente; ad abbattere la scala esterna e a chiudere
la relativa porta d’ingresso, con ripristino di quella
precedente; a risarcire i danni agli attori nella misura di
euro 80.000,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi
sulla somma annualmente rivalutata dalla decisione al saldo;
rigettò la domanda riconvenzionale, pose le spese di causa a
carico dei convenuti.
La decisione, gravata da impugnazione principale da Vincenzo
Lolli,

Pietro Lolli,

Roberta Lolli,

Francesco Lolli e Teresa

Palatroni, questi ultimi eredi di Domenico

Lolli,

e

incidentale da Laura Neri, Alessandra Cicchi e Maria Elena
Cicchi, eredi di Serafino Cicchi, deceduto nelle more, è stata

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Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono le avverse

confermata dalla Corte di appello di Ancona che, in data 8
maggio 2007, le ha rigettate entrambe.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte
Vincenzo Lolli, Pietro Lolli, Roberta Lolli, Francesco Lolli
e Teresa Palatroni, formulando sette motivi, articolati in più

Resistono con controricorso Laura Neri, Alessandra Cicchi e
Maria Elena Cicchi, che propongono altresì ricorso incidentale
affidato a un solo mezzo al quale i ricorrenti hanno risposto
con altro scritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza

sono stati riuniti ex art. 335 cod. proc. civ.
Quanto all’impugnazione principale, preliminare e assorbente è
il rilievo della sua improcedibiltià per inottemperanza al
disposto dell’art.369, secondo comma, cod. proc. civ.
Queste le ragioni.
2.

Costituisce affermazione consolidata nella giurisprudenza

di legittimità che la previsione dell’onere di deposito a pena
di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma
della norma testé richiamata, della copia della decisione
impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia
avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di
cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi,
non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della
cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del

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profili e illustrati da memoria.

diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la
notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con
l’osservanza del cosiddetto termine breve.
In tale contesto è stato quindi affermato:

a)

che,

nell’ipotesi in cui il ricorrente, pur allegando espressamente

stata notificata, si limiti tuttavia a produrre una copia
autentica della stessa senza la relata di notificazione, il
ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile;

b)

che tale declaratoria è evitabile soltanto attraverso la

produzione separata di una copia con la relata,

ex art. 372,

secondo comma, cod. proc. civ., applicabile estensivamente,
purché entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369
cod. proc. civ.;

c)

che va infine escluso ogni rilievo

dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine
breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da
parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale
copia nel fascicolo d’ufficio, ancorché dalla stessa emerga,
in ipotesi, la tempestività dell’impugnazione (confr. Cass.
civ. 10 dicembre 2010, n. 25070; Cass. civ. 16 aprile 2009, n.
9005).
3. Nella fattispecie i ricorrenti, dopo avere enunciato che la

sentenza della Corte d’appello di Roma, depositata in data 8
giugno 2001, è stata loro notificata il 9 e il 10 maggio 2008,
non hanno prodotto copia della decisione con la relazione di

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o implicitamente che la sentenza impugnata gli è

notificazione, così non adempiendo all’onere imposto dal
secondo comma dell’art. 369 cod. proc. civ.
Il ricorso principale deve pertanto essere dichiarato
improcedibile.
4 Passando all’esame del ricorso incidentale, con esso Laura

violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché mancanza di
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio,

ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. Le critiche

si appuntano contro l’asserita, mancata pronuncia sulla
richiesta, da essi avanzata in sede di gravame,

ex art. 345

cod. proc. civ., di riconoscimento dei danni conseguenti agli
abusi edilizi per il periodo trascorso dalla pronuncia di
primo grado fino alla loro effettiva rimozione. Deducono
segnatamente gli esponenti di avere prodotto, a sostegno della
stessa, una lettera di Charm & Relax del 20 gennaio 2006
(quindi antecedente alla decisione di appello), dalla quale si
evinceva l’impedimento – rappresentato proprio dagli abusi per
cui è causa – all’inserimento dell’azienda da essi gestita nei
circuiti appetibili a clientele di elevata capacità di spesa.
L’esposizione delle censure mette capo al seguente quesito:
l’omesso esame di una delle domande proposte dalle parti
costituisce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e
comporta, implicitamente, anche la censura di difetto assoluto
di motivazione?

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Neri, Maria Elena Cicchi e Alessandra Cicchi denunciano

5

L’impugnazione non supera il preventivo vaglio di

ammissibilità.
Invero, secondo i canoni elaborati da questa Corte, il quesito
inerente ad una censura in diritto ai sensi dell’art. 366 bis
prima parte cod. proc. civ. – dovendo assolvere alla funzione

del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico
generale – non può essere meramente generico e teorico, ma
deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la
Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura
l’errore asseritamente compiuto dal giudice

a quo e la regola

applicabile; e, dovendosi risolvere in una sintesi logicogiuridica della questione, non avulsa dai rilevanti elementi
fattuali della fattispecie concreta, non può consistere in una
semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero nel mero
interpello della Corte in ordine alla fondatezza della
propugnata petizione di principio o della censura così come
illustrata nello svolgimento del motivo, occorrendo che
risulti individuata la discrasia tra la

ratio decidendi della

sentenza impugnata, che deve essere indicata, e il diverso
principio di diritto da porre a fondamento della decisione
invocata (confr. Cass. civ. sez. un. 10 settembre 2009, n.
19444 e 14 febbraio 2008, n. 3519). In altri termini il
quesito di diritto di cui all’art. 366

bis cod. proc. civ.,

deve comprendere (tanto che la carenza di uno solo di tali
elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: confr. Cass.

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di intercettare il punto di congiunzione tra la risoluzione

30 settembre 2008, n. 24339) sia la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;
sia la sintetica indicazione della regola di diritto applicata
dal quel giudice; sia ancora la diversa regola di diritto che,
ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso

6 Ora, nel quesito innanzi riportato, viene chiesto alla Corte

di enunciare il principio, del tutto ovvio, che l’omesso esame
di una delle domande proposte dalle parti costituisce
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ignorando che la
Corte territoriale ha motivato il rigetto dell’appello
incidentale con il rilievo che non potevano ritenersi
“provati ulteriori danni che già nella sentenza liquidata
equitativamente dal primo giudice non vadano ricompresi”.
In realtà l’insufficienza del quesito sconta l’aspecificità
delle doglianze, che sono eccentriche rispetto alle ragioni
della decisione, atteso che postulano l’omessa pronuncia su
una domanda che è stata invece rigettata per la ritenuta
insufficienza del corredo probatorio addotto a sostegno della
stessa.
Ne deriva che il ricorso incidentale deve essere dichiarato
inammissibile.
L’esito complessivo del giudizio consiglia di compensare
integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

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di specie.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara improcedibile il ricorso
principale, inammissibile il ricorso incidentale; compensa
integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Roma, 31 gennaio 2014

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