Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7695 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 30/03/2010), n.7695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.O., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MOBILIA FABRIZIO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

D.A., G.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 180/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/04/2005 r.g.n. 23/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’inammissibilita’ per i

conciliati, rigetto nel resto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenze n. 43/2003 e 47/2003 del Giudice del lavoro del Tribunale di Milano e con sentenza n. 110/2002 del Giudice del lavoro de Tribunale di Lecco, venivano accolte le domande proposte da N. O., D.A. e G.A. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarandosi la natura subordinata a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro instauratisi tra le parti per la accertata illegittimita’ del termine apposto ai contratti di lavoro indicati, intercorsi tra le parti, con condanna della societa’ al pagamento delle retribuzioni maturate a decorrere dai rispettivi atti di messa in mora della societa’ (per la N. dalla scadenza del contratto).

La societa’ proponeva appelli avverso le dette sentenze, chiedendone rispettivamente la riforma con il rigetto delle domande introduttive.

Gli appellati si costituivano resistendo ai gravami ed il G. proponeva appello incidentale, per ottenere la declaratoria di illegittimita’ del termine apposto al primo contratto.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 4-4-2005, in parziale riforma della sentenza relativa alla N. condannava la societa’ al pagamento delle differenze retributive dalla messa in mora del 3-7-2002, detratto l’aliunde perceptum; in parziale riforma della sentenza relativa al G., accertata la nullita’ del termine del contratto dell’(OMISSIS), dichiarava la esistenza del rapporto a tempo indeterminato da tale data e condannava al pagamento delle differenze retributive dal 5-4-2002, detratto l’aliunde perceptum; confermava in toto la sentenza riguardante la D..

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con sette motivi.

La N. ha resistito con controricorso.

La D. ed il G. sono rimasti intimati.

Infine e’ stato depositato in copia verbale di conciliazione in sede sindacale concluso in data (OMISSIS) tra la societa’ e il G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti del G..

Dal verbale di conciliazione prodotto in copia risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.

Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui e’ proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278. Cass. 13-7-2009 n. 16341).

Infine non deve provvedersi sulle spese non avendo il G. svolto alcuna attivita’ difensiva.

Il ricorso va poi respinto nei confronti della N. e della D. (contratti per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97, rispettivamente per i periodi 11/12/1999 – 31-1-2000 e 31-5-1999/31-10-1999).

Per primo va esaminato in ordine logico il sesto motivo, con il quale la societa’ lamenta violazione dell’art. 1372 c.c. e omessa motivazione sull’eccezione di risoluzione per mutuo consenso, che sarebbe stata avanzata “nei giudizi di merito”.

Il motivo e’ inammissibile, trattandosi di questione nuova, che postula nuovi accertamenti di fatto, sulla quale manca in ricorso qualsiasi indicazione specifica in ordine all’avvenuta deduzione davanti ai giudici di merito (v. Cass. 15-2-2003 n. 2331, Cass. 10/7/2001 n. 9336).

Inoltre la ricorrente, inammissibilmente, in sostanza denuncia come violazione dell’art. 1372 c.c. e come vizio di motivazione un preteso vizio di omessa pronuncia, che puo’ essere fatto vale soltanto attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c. (v. fra le altre Cass. 12-12-2005 n. 27387, Cass. 14-2-2006 n. 3190).

Sulla illegittimita’, poi, dei termini apposti ai rispettivi contratti della N. e della D. (entrambi per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97, successivi al 30-4-1998) osserva il Collegio che la Corte di merito, tra l’altro, ha attribuito rilievo decisivo in particolare alla considerazione che: “le organizzazioni sindacali che conclusero l’intesa originaria priva di termine ne siglarono contestualmente altra che ha riconosciuto trovarsi l’impresa nelle condizioni previste sino al 31-1-1998 ed hanno poi raggiunto posteriori accordi che hanno indicato la possibilita’ di procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinalo entro date successive e da ultimo entro il 30 aprile 1998. Ulteriore differimento e’ stato previsto, ma solo con riguardo alla causale della sostituzione dei lavoratori in ferie e per le sole assunzioni a tempo parziale. Le assunzioni di cui si discute nel presente giudizio successive al 30 aprile 1998, sono allora prive di strumento derogatorio…”.

Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccnl del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – e’ sufficiente a sostenere la impugnata decisione, in relazione alla nullita’ del termine apposto ai contratti de quibus (stipulati “per esigenze eccezionali” in data successiva al 30-4-1998), cosi’ respingendosi il quinto motivo del ricorso principale, restando assorbiti i primi tre motivi, riguardanti altri profili di illegittimita’ (mentre il quarto si riferisce soltanto al G.).

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, e’ stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n, 21063. V. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove pero’ un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullita’ della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, nella specie, come questa Corte ha ripetutamente affermato e come va anche qui enunciato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimita’ delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

Tale interpretazione degli accordi attuativi (ed in specie dell’ultimo citato) e’ fondata sul significato letterale delle espressioni usate che e’ cosi’ evidente e univoco (“in conseguenza di cio’ e per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30-4-98”) che non necessita di un piu’ diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volonta’ delle parti (cfr., ex plurimis, Cass, n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453), mentre, diversamente opinando – ritenendo cioe’ che le parti non avessero inteso introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli accordi attuativi, cosi’ definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza “senza senso” (cosi’ testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).

Peraltro al riguardo irrilevante e’ l’accordo del 18 gennaio 2001, invocato dalla societa’, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), considerata la indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, deve comunque escludersi che le parti stesse avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).

Va pertanto confermata la nullita’ del termine apposto ai contratti de quibus.

Con il settimo motivo, infine, la societa’ in sostanza lamenta che la Corte di merito non avrebbe “verificato se vi fosse effettiva costituzione in mora del datore di lavoro da parte dei lavoratori”.

Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.

La Corte di Appello sul punto, per quanto riguarda la D. ha confermato, anche su tale capo, la sentenza di primo grado, circa la decorrenza della condanna al pagamento delle retribuzioni dalla comunicazione della richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione “quale atto di messa in mora”, e per quanto concerne la N. ha riformato, su tale punto, la pronuncia di primo grado (che aveva fissato come decorrenza la scadenza del contratto), accertando e dichiarando “come atto di messa in mora valido la notifica del luglio 2002”.

La verifica della messa in mora (accertamento, prettamente di fatto, riservato al giudice del merito) e’ stata, quindi, effettuata dalla Corte territoriale, in conformita’ con l’indirizzo piu’ volte dettato da questa Corte (v. fra le altre Cass. 27-3-2008 n. 7979 e, con riferimento alla comunicazione della richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione contenente la offerta della prestazione lavorativa, v. Cass. 28-7-2005 n. 15900, Cass. 30-8-2006 n. 18710).

La societa’, del resto, ha censurato tale decisione in modo del tutto generico, senza distinguere le posizioni relative alle distinte decisioni e senza neppure riportare il testo della comunicazione che, secondo il suo assunto, non avrebbe integrato la ravvisata messa in mora.

Il ricorso va pertanto respinto nei confronti della N. e della D., e la societa’ va condannata al pagamento delle spese in favore della N.. Nulla per le spese nei confronti della D., che non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del G., nulla per le spese tra la societa’ e lo stesso; rigetta il ricorso nei confronti della N. e della D., condanna la societa’ al pagamento, in favore della N., delle spese liquidate in Euro 20,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA; nulla per le spese nei confronti della D..

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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