Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7695 del 19/03/2019
Cassazione civile sez. VI, 19/03/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 19/03/2019), n.7695
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14245-2018 proposto da:
T.R., P.G., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA
FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO EMILIO ABBATE;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il
23/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. COSENTINO
ANTONELLO.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
I sigg.ri T.R. e P.G. hanno proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione del decreto con cui la corte di appello di Perugia ha liquidato nell’importo di 1.000 Euro l’equo indennizzo loro spettante per la durata non ragionevole di un giudizio civile (a propria volta avente ad oggetto l’equa riparazione per la durata non ragionevole di un altro giudizio)protrattosi per quattro anni.
La corta perugina ha ritenuto che, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, la misura dell’equo indennizzo non potesse eccedere il valore della causa oggetto del giudizio presupposto, nella specie individuato nell’importo di Euro 1.000 a propria volta liquidato nel primo giudizio per equa riparazione da irragionevole durata del processo.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 6.12.2018, per la quale non sono state depositate memorie. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti sollevano questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, in relazione agli artt. 111 e 117 Cost. (il secondo, in riferimento all’art. 6 CEDU) e deducono che la previsione di un limite fisso di risarcibilità del danno da durata non ragionevole del processo sarebbe incompatibile con la tutela effettiva del diritto fondamentale fissato dall’art. 6 CEDU e dall’art. 111 Cost..
Il motivo va disatteso. La questione di legittimità costituzionale sollevata col mezzo di impugnazione in esame è già stata esaminata da questa Corte, e giudicata manifestamente infondata, con le sentenze 14047/16 e 4283/17, dal cui insegnamento il Collegio non ritiene di discostarsi; in dette sentenze si è chiarito come la disposizione in esame, tenendo conto della consistenza della pretesa azionata nel giudizio presupposto, garantisce una più stretta relazione tra il significato economico della domanda giudiziale e il paterna d’animo che la parte subisce in attesa della definizione e persegue la ragionevole ratio di evitare sovracompensazioni. Con il secondo motivo, riferito alla violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis i ricorrenti censurano l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa escludendo dal valore della causa presupposta, inteso quale limite quantitativo dell’equo indennizzo loro riconoscibile, l’ammontare degli interessi maturati sul capitale e delle spese di lite.
Il motivo va disatteso nella parte in cui fa riferimento al valore delle spese legali, giacchè tali spese gravano sulla parte in quanto funzionali all’esercizio dell’azione, ma non rientrano nell’oggetto della causa, come può desumersi dal rilievo che la giurisprudenza formatasi sull’art. 10 c.p.c., in materia di determinazione del valore della domanda ai fini della competenza, ha espressamente chiarito che “le spese processuali cumulabili alla domanda, ai fini della determinazione del valore di essa, sono soltanto quelle occorse per procedimenti autonomi dal processo introdotto con la domanda stessa, non anche quelle (per dattilografia, copie fotostatiche, studio, consultazioni e simili) sostenute prima di tale processo e ai fini della sua instaurazione” (cfr. Cass. 26592/09 e Cass. 6901/82).
Per contro il motivo va accolto con riferimento alla censura concernente la mancata inclusione, nel valore della causa oggetto del giudizio presupposto, degli interessi liquidati nella pronuncia con cui tale giudizio sia stato definito; il credito per interessi è infatti accessorio al credito per capitale e non vi è ragione di non tenerne conto ai fini dell’individuazione della portata economica della vicenda oggetto del giudizio presupposto che, come già sopra sottolineato, è strettamente collegata al paterna d’animo che la parte subisce in attesa della relativa definizione.
Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono della parziale compensazione delle spese di lite disposta dalla corte umbra, lamentando la violazione e falsa applicazione di legge, in riferimento all’art. 92 c.p.c. e L. n. 89 del 2001. Il motivo risulta assorbito dal parziale accoglimento del secondo mezzo di impugnazione, giacchè la rinnovazione del giudizio conseguente alla cassazione della statuizione concernente la liquidazione dell’equo indennizzo implica la necessità di rivalutare la regolazione delle spese.
In definitiva il primo motivo di ricorso va rigettato, il secondo motivo va accolto per quanto di ragione ed il terzo va dichiarato assorbito.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo nei sensi di cui in motivazione e dichiara assorbito il terzo; cassa l’impugnato decreto e rinvia la causa alla corte di appello di Perugia in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio per cassazione.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2019