Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7694 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7694 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 13097-2008 proposto da:
NICITA GIOVANNI NCTGNN55A16H163A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 77, presso lo studio
dell’avvocato ALBERINI LUCIANO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CASSI’ CRISCIONE
PAOLO giusta mandato in calce;
– ricorrente contro

CORALLO

SALVATORE

CRLSVT47L11C927G,

considerato

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

1

Data pubblicazione: 02/04/2014

dagli avvocati LUCIANO DRISALDI, ASSENZA GIORGIO
giusta procura a margine;
– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 86/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 17/01/2008, R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/01/2014 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato LUCIANO ALBERINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto;

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540/2004;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il presente giudizio ha ad oggetto la pretesa illegittimità di
un’espropriazione immobiliare in quanto volta al
soddisfacimento di un credito derivante da obbligazione
naturale.

Tribunale di Ragusa opponendosi all’esecuzione promossa nei
suoi confronti da Giovanni Nicita, in forza di assegno
bancario da lui emesso in favore di un casinò e pervenuto
all’esecutante tramite girata.
Espose l’opponente che nel mese di maggio del 1999 aveva
partecipato, insieme ad altri amici, a un viaggio in
Cecoslovacchia organizzato dal Nicita; che durante il
soggiorno aveva contratto un debito di gioco di lire
25.000.000 nei confronti di un casinò, a saldo del quale aveva
consegnato al Nicita due assegni, uno di lire 6.000.000,
negoziato a Praga, e uno di lire 19.000.000, negoziato a
Ragusa dal Nicita; che, su sua richiesta, questi aveva
richiamato il titolo, ricevendo in cambio un acconto di lire
5.000.000; che rimasto impagato il residuo importo di lire
14.000.000, il Nicita aveva agito esecutivamente in suo danno.
Sulla base di tali premesse sostenne l’opponente che nessuna
somma era da lui dovuta, posto che il credito azionato
riguardava una obbligazione naturale.
Resistette l’opposto, segnatamente deducendo che egli era del
tutto estraneo al debito di gioco, avendo ricevuto l’assegno,

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Salvatore Corallo, con ricorso del 23 settembre 2000, adì il

a titolo di rimborso di quanto da lui anticipato per spese di
viaggio e soggiorno dei clienti, dall’addetto al casinò, al
quale il Corallo lo aveva consegnato per l’acquisto delle
fiches.
Con sentenza del 20 gennaio 2003 il giudice adito rigettò

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello di
Catania, in data 17 gennaio 2008, l’ha invece accolta.
Avverso detta decisione ricorre per cassazione Giovanni
Nicita, formulando cinque motivi, illustrati anche da memoria.
Resiste con controricorso Salvatore Corallo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l Il giudice di merito, considerato pacifico in causa:

a)

che

il Nicita fosse un operatore turistico che organizzava gite
all’estero presso casinò internazionali i quali ospitavano
gratuitamente i clienti, richiedendo in cambio soltanto che
gli stessi partecipassero ai giochi;

b)

che l’assegno era

stato girato a titolo di rimborso per trasferte aeree e costi
di alberghi anticipati dall’esecutante, ha ritenuto, che
l’opposto non fosse estraneo né ai giochi d’azzardo ai quali
aveva partecipato il Corallo, né ai conseguenti indebitamenti.
In particolare, secondo il decidente, la circostanza che le
spese anticipate dall’organizzatore del viaggio venissero
rimborsate dal casinò mediante girata degli assegni ricevuti
dai clienti in pagamento delle somme dovute per le perdite
subite, denotava la sostanziale unitarietà del rapporto tra

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l’opposizione.

traente, prenditore e giratario, con conseguente opponibilità
al Nicita, da parte del Corallo, del carattere naturale
dell’obbligazione da lui contratta.
2.1 Di tale decisione si duole quindi l’impugnante che, con il

primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 1933
ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., critica la

ritenuta estensibilità, al credito azionato, della disciplina
dei debiti di giuoco, benché egli fosse rimasto estraneo allo
stesso e avesse ricevuto il titolo per diversa causale.
Ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza del
Supremo Collegio, l’estensione della disciplina dell’art. 1933
cod. civ. ai mutui contratti dai giocatori è possibile solo
quando essi costituiscano mezzi funzionalmente connessi
all’attuazione del giuoco o della scommessa e siano tali da
realizzarne le stesse finalità pratiche, sussistendo in tal
caso un diretto interesse del mutuante a favorire la
partecipazione al gioco del mutuatario, ha evidenziato
l’esponente l’erroneità della scelta decisoria della Corte
d’appello di Catania, considerato che l’assegno del Corallo
venne a lui girato a gioco ormai ultimato e per una finalità
del tutto diversa, e cioè a titolo di rimborso per spese di
viaggio, vitto e alloggio dei partecipanti alla trasferta. In
sostanza, secondo l’esponente, non avrebbe il decidente
considerato che il titolo di credito era stato usato per due
distinte e diverse causali: e cioè come mezzo di pagamento
delle perdite, nel rapporto tra il Corallo e il casinò; e come

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cod. civ.,

mezzo di pagamento dei rimborsi, nel rapporto il casinò e il
Nicita.
Con

2.2

il

secondo

mezzo

il

ricorrente

lamenta

contraddittorietà e illogicità della motivazione con
riferimento alla ritenuta commisurazione quantitativa della

critiche hanno, in particolare, ad oggetto, la pretesa
contraddittorietà tra la mancata ammissione della prova orale
articolata dall’opponente e la ritenuta, dimostrata non
estraneità del Nicita all’interesse del casinò a che il
Corallo partecipasse al gioco, così indebitandosi.
2.3

Con il terzo motivo l’impugnante deduce nullità della

sentenza,

ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per travisamento

dei fatti e degli atti di causa. La Corte d’appello avrebbe
invero del tutto arbitrariamente attribuito all’assunto del
Nicita di essere stato rimborsato delle spese sostenute, con
la girata di uno degli assegni rilasciati dal Corallo, il
significato di ammissione della sua non estraneità agli
interessi perseguiti dalla casa di gioco e quindi allo stesso
indebitamento dell’opponente, laddove l’unicità dell’interesse
alle perdite dei giocatori era la frettolosa conclusione
tratta dal decidente da una premessa male interpretata.
2.4

Con

il

l’esponente prospetta vizi

quarto mezzo

motivazionali con riferimento alla rinuncia del Corallo a far
valere

l’incoercibilità

della

obbligazione

naturale,

considerato che lo stesso, prima di sollevare l’eccezione, non

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remunerazione del Nicita alle perdite dei giocatori. Le

soltanto aveva iniziato l’adempimento, con il versamento
spontaneo di lire 5.000.000, ma aveva espressamente chiesto di
rinnovare l’assegno, emettendo in sua sostituzione dei pagherò
cambiari.
2.5

Con il quinto motivo il ricorrente lamenta vizi

valutare che nessuna conseguenza economica sarebbe al Nicita
derivata dalla mancata partecipazione al gioco delle persone
che egli aveva accompagnato al casinò, posto che, ove una tale
evenienza si fosse verificata, ne sarebbe conseguito soltanto
che i gitanti erano obbligati a sostenere in proprio le spese
di viaggio e di soggiorno, senza alcuna inferenza nella sua
sfera giuridica.
3 Conviene sgombrare subito il campo dal secondo e dal quarto

motivo di ricorso.
Il secondo mette capo al seguente quesito: la mancata
correlazione, secondo un diverso e consequenziale nesso
logico-deduttivo tra premesse, quali correttamente evincibili
da corretto riscontro obbiettivo delle ammissioni delle parti,
e le conclusioni per altro verso adottate in sentenza, sulla
base di immotivati e diversi riscontri, costituisce vizio e
comporta nullità della decisione, che rimane distorta e
fuorviata dal non corretto procedimento interpretativo e
deduttivo seguito?.

7

motivazionali per avere il decidente del tutto omesso di

La doglianza è manifestamente inammissibile per inosservanza
del disposto dell’art. 366

bis

cod. proc. civ. nel testo

applicabile ratione temporis.
E invero, il c.d. quesito di fatto che, in base al capoverso
di tale articolo, il ricorrente che denunci un vizio di

consiste nella indicazione chiara, sintetica, evidente e
autonoma del fatto controverso rispetto al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, così come
delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Ora, tali requisiti non sono certamente presenti nel formulato
quesito, considerato che il disposto della norma processuale
richiamata neppure può ritenersi rispettato allorquando solo
la completa lettura della illustrazione del motivo – all’esito
di una interpretazione svolta dal lettore, anziché su
indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere
il contenuto e il significato delle censure, con palese
travisamento della

ratio

della disposizione, volta a

deflazionare e a filtrare l’accesso alla Suprema Corte.
4 A ciò aggiungasi che il motivo ruota intorno all’assunto
che, in conseguenza della mancata ammissione della prova
orale, le circostanze capitolate dovevano considerarsi non
provate, assunto errato, perché in realtà la prova è stata
ritenuta, per quanto qui interessa, irrilevante, proprio in

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motivazione della sentenza impugnata è tenuto a formulare,

ragione delle inferenze probatorie evincibili da fatti
pacifici in causa.
Ne deriva che le censure sono anche eccentriche rispetto alle
ragioni della decisione, basate sulla assoluta ininfluenza dei
mezzi istruttori articolati.
Pure inammissibile è il quarto motivo in ragione, a tacer

d’altro, della novità della questione con esso posta. La
pretesa, implicita rinuncia dell’opponente a far valere il
carattere

naturale della sua obbligazione è invero questione

non trattata affatto nella sentenza impugnata e quindi nuova.
Si ricorda allora che, secondo il costante insegnamento di
questo giudice di legittimità, qualora una determinata
questione giudica che implichi un accertamento di fatto sia stata del tutto ignorata dal giudice di merito, il
ricorrente, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo
di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di
merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio
precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare de visu

la veridicità di tale asserzione (confr.

Cass. civ. sez. lav. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. civ. 1 0 ,
31 agosto 2007, n. 18440). E invero i motivi del ricorso per
cassazione devono investire a pena di inammissibilità
questioni già comprese nel

“thema decidendum”

del giudizio di

appello, di modo che è preclusa la proposizione di doglianze

9

5

che, modificando la precedente impostazione, pongano a
fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o
introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi
di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti
fasi processuali (confr. Cass. civ., sez. 1 0 , 13 aprile 2004,

Non a caso, del resto, in memoria il ricorrente ha dichiarato
di rinunciare alle relative censure.
6 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro

evidente connessione, il primo, il terzo e il quinto motivo di
ricorso.
Essi sono infondati per le ragioni che seguono.
L’art. 1933 cod. civ. nega, com’è noto, la possibilità di
agire per il pagamento di debiti derivanti da un giuoco o da
una scommessa, solo attribuendo al creditore, una volta che
adempimento vi sia stato, la soluti retentio.
Chiamata ad occuparsi della sorte di obbligazioni in vario
modo connesse al giuoco o alla scommessa, questa Corte ha
ripetutamente statuito che l’estensione della disciplina
codicistica testé richiamata a fattispecie quali dazioni di
denaro, di

fiches,

promesse di mutuo, riconoscimenti di

debito, è possibile unicamente allorché tali atti risultino
funzionalmente collegati all’attuazione del giuoco o della
scommessa, di talché possa ritenersi sussistente un diretto
interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco
del mutuatario; con la reciproca e speculare conseguenza che,

10

n.6989).

ove siffatto interesse manchi, per essere il mutuante del
tutto estraneo all’uso che il mutuatario fa delle somme
erogategli, le cause dei due negozi non hanno tra loro, quel
collegamento che solo giustifica la sottoposizione dell’uno
alla disciplina dell’altro.
contaminazione della

natura del mutuo e la tracimazione del relativo obbligo di
restituzione nell’ambito delle obbligazioni naturali è stata
negata anche in presenza di accertata consapevolezza del
mutuante che la somma sarebbe stata impiegata

dall’accipiens

nel gioco, non integrando ciò, si è detto, un motivo illecito
determinante e comune ad entrambi i contraenti (confr. Cass.
civ. 31 gennaio 2008, n. 2386; Cass. civ. 2 settembre 2004, n.
17689; Cass. civ. 17 novembre 1999, n. 12752; Cass. civ. 6
aprile 1992, n. 4209; Cass. civ. 16 giugno 1986, n. 4001).
7 Ora, di tali principi, ai quali il collegio intende dare
continuità, il giudice di merito non ha fatto il malgoverno
lamentato dall’impugnante.
Proprio all’opposto di quanto si denuncia in ricorso, la Corte
territoriale ha maturato il suo convincimento sulla base di
una corretta esegesi del disposto dell’art. 1933 cod. civ. e
dell’area fattuale coperta dalla relativa disciplina; per
altro verso, compiutamente delineata la fattispecie ipotetica
rilevante ai fini della decisione, il giudice d’appello ha
ricostruito la fattispecie concreta dedotta in giudizio
all’esito di un puntuale esame dei rapporti, in concreto,

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È bene precisare che i presupposti per la

intercorsi tra le parti e della volontà negoziale enucleabile
dall’intreccio delle loro condotte: intreccio ritenuto non
implausibilmente indice inequivocabile di un interesse diretto
del Nicita – organizzatore delle trasferte a costo zero, sol
che i gitanti prendessero poi parte al gioco – a che tale

La non rispondenza di siffatta valutazione alle tesi difensive
del ricorrente non deriva dunque da un error in iudicando in
cui sia incorso il decidente, né è frutto di malgoverno delle
risultanze istruttorie.
In particolare, non può essere considerato vizio logico della
motivazione il negativo scrutinio della pretesa neutralità del
Nicita agli incassi della casa di gioco, in ragione della non
incidenza degli stessi sul suo lavoro e sui suoi redditi,
perché proprio quella ininfluenza è stata negata dal giudice
d’appello con motivazione esente da aporie e da contrasti
disarticolanti con il contesto di riferimento. E invero,
l’avere considerato il meccanismo dei rimborsi indicativo di
un coinvolgimento anche economico del giratario
nell’organizzazione del giuoco, in quanto tale idoneo a
fondare, sul piano giuridico, l’applicazione nei suoi
confronti del disposto dell’art. 1933 cod. civ., è
apprezzamento, di stretto merito, congruamente motivato, come
tale incensurabile in sede di legittimità.
In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.

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partecipazione si realizzasse effettivamente.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi

CPA, come per legge.
Roma, 31 gennaio 2014

euro 3.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e

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