Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7692 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 30/03/2010), n.7692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.B., elettivamente domiciliata in Roma, Viale delle

Milizie 1, presso lo studio dell’Avv. GHERA Edoardo, che lo

rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa 175, rappresentata e

difesa dall’Avv. URSINO Anna Maria dell’Ufficio Legale della stessa

societa’ per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 94/05 della Corte di Appello di

Brescia del 3.03.2005 – 26.03.2 005 nella causa iscritta al n. 257

R.G. dell’anno 2004;

Udita la relazione della cuasa svolta nella Udienza pubblica del

3.03.2010 dal Cons. Dott. De Renzis Alessandro;

udito l’Avv. Federico Ghera, per delega dell’Avv. Edoardo Ghera, per

il ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FUCCI

Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso, depositato il 22.03.2002, Z.B. esponeva:

– di avere prestato attivita’ lavorativa alle dipendenze delle Poste Italiane S.p.A.;

– di essere stato collocato a riposo a decorrere dal 1.02.1995 con lettera del 4.01.1995 per il raggiungimento della massima anzianita’ Contributiva sulla base del disposto dell’accordo integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro del 26.11.1994;

– che tale clausola era affetta da nullita’.

Cio’ premesso, chiedeva, in via principale, di voler dichiarare la nullita’ e/o l’inefficacia della comunicazione di risoluzione automatica del rapporto di lavoro, con la condanna della convenuta al pagamento delle retribuzioni a titolo di arretrato nella misura di L. 280.8 00.7 78, oltre accessori, con detrazione di quanto pagato a titolo di pensione; in via subordinata, chiedeva la condanna delle Poste Italiane al pagamento dell’indennita’ sostituiva di preavviso nella misura di L. 19.602.261, oltre accessori. Le Poste Italiane costituendosi eccepivano, in via preliminare. inammissibilita’ del ricorso per intervenuta decadenza L. n. 604 del 1966, ex art. 6 prescrizione del diritto al risarcimento del danno, convalida tacita della risoluzione e, nel merito, deducevano la validita’ della clausola dell’accordo integrativo e chiedevano il rigetto del ricorso.

All’esito il Tribunale di Cremona con sentenza n. 84 del 2004 accoglieva il ricorso dello Z., con la condanna della convenuta al pagamento di Euro 140.894,84, pari alle retribuzioni che il ricorrente avrebbe percepito fino al 65 anno di eta’.

2. Tale decisione, appellata dalle Poste Italiane, e’ stata riformata dalla Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 94 del 2005, che ha respinto la domanda dell’appellato.

La Corte in particolare, ribadita la nullita’ della clausola contrattuale in ordine al collocamento a riposo per il raggiungimento della massima anzianita’ contributiva e disattesa la relativa censura da parte della societa’ appellante, ha ritenuto, in accoglimento del secondo motivo di appello, che l’accettazione da parte dello Z. per circa cinque anni della sua posizione di pensionato senza contestazione del collocamento a riposo, il non avere mai offerto la propria prestazione, l’avere atteso,per agire, il raggiungimento del 65 anno di eta’ ((OMISSIS)), con il decorso di altri sei mesi per il deposito del ricorso ((OMISSIS)) costituissero indici concludenti ed univocamente significativi di un comportamento rivelatore del suo completo disinteresse, al pari di quello dell’azienda, al ripristino del rapporto di lavoro, tale da portare alla declaratoria di avvenuta risoluzione dello stesso per mutuo consenso.

3. Contro la sentenza di appello ricorre per cassazione lo Z. con due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. Le Poste Italiane resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 604 del 1966, art. 5 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonche’ vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Lo Z. (pag. 4 del ricorso) sostiene che sia in primo che nel secondo grado la societa’ ha omesso di provare i fatti primari e secondari costitutivi dell’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro, proponendo solo la relativa eccezione. Il motivo e’ infondato.

In atti era la prova dell’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro e nasceva da presunzioni gravi, precise e concordanti: la sentenza (pag. 6) indica in maniera chiara gli elementi – gia’ richiamati in precedenza – da cui si desumevano comportamenti concludenti rivelatori del completo disinteresse del ricorrente, al pari di quello dell’azienda, al ripristino del rapporto di lavoro, tale da portare alla declaratoria di avvenuta risoluzione dello stesso per mutuo consenso.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., della L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 3 nonche’ difetto di motivazione circa un fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Il ricorrente sostiene che il giudice di appello non correttamente ha ritenuto che nel caso di specie fossero stati ravvisati gli clementi della risoluzione consensuale tacita, a fronte della dichiarata volonta’ della societa’ resistente di non ricevere la prestazione.

Anche questa censura, che ribadisce quanto dedotto nel primo motivo, va disattesa in base alle seguenti ulteriori considerazioni.

Questa Corte ha ripetutamele affermato che nel caso di comunicazione da parte delle Poste Italiane della cessazione del rapporto di lavoro per il raggiungimento della massima anzianita’ contributiva in relazione alla clausola del contratto collettivo, attesa la nullita’ di tale clausola, il rapporto prosegue e permangono gli obblighi reciproci delle parti di prestazione lavorativa e di corresponsione della retribuzione, quest’ultima peraltro dovuta soltanto dal momento della costituzione in “mora credendi” del datore di lavoro mediante l’offerta delle prestazioni da parte del dipendente (ex plurimis Cass. n. 29622 del 2008; Cass. n. 13292 del 2007; Cass. n. 4552 del 2004; Cass..n. 11758 del 2003; Cass. n. 8352 del 2003; Cass. n. 3237 del 2003; Cass. n. 1786 del 2003, Cass. S.U. n. 14381 del 2002 ed atre conformi decisioni).

Orbene la decisione impugnata e’ in linea con tale orientamento, che merita piena adesione, avendo il giudice di appello constatato, da un lato, la nullita’ della clausola relativa al raggiungimento della massima anzianita’ contributiva, e, dall’altro lato, l’inerzia del lavoratore, il quale si decise ad agire dopo sei mesi dal compimento del 65 anno di eta’, non mettendo a disposizione la propria attivita’ lavorativa e in tal modo non potendo rivendicare nulla a titolo di retribuzioni arretrate (cfr. Cass. n. 29662 del 2008; Cass. n. 8352 del 2003; Cass. S.U. n. 14381 del 2002 ed altre decisioni conformi).

3. In conclusione il ricorso e’ destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione vanno compensate in considerazione della non uniformita’ delle decisioni di merito.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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