Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7690 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. I, 18/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 18/03/2021), n.7690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19615/2015 proposto da:

V.F., V.G., elettivamente domiciliate in

Roma, Via Mazzini n. 6, presso lo studio dell’avvocato Scrivo

Pasquale, rappresentate e difese dall’avvocato Modafferi Antonino,

giuste procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica della

Provincia di Reggio Calabria, in persona del Commissario pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato De Leo Giuseppe, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

N.A.M., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Trastevere

n. 114, presso la sig.ra Ia. Ma., rappresentata e difesa

dall’avvocato Iatì Angelo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo:

N.E.: in proprio e quale avente causa a titolo particolare da

N.G., e Va.Gi.: quale avente causa a titolo

particolare da N.F., elettivamente domiciliati in Roma,

Viale Mazzini n. 6, presso lo studio dell’avvocato Scrivo Pasquale,

rappresentati e difesi dall’avvocato Elia Carmine, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica della

Provincia di Reggio Calabria, in persona del Commissario pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato De Leo Giuseppe, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

N.A.M., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Trastevere

n. 114, presso la sig.ra Ia. Ma., rappresentata e difesa

dall’avvocato Iatì Angelo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo:

Ne.Fi., N.M.R., N.C.C.A., quali

eredi di Ne.Gi., nonchè eredi di P.E., inoltre

eredi di N.A. (a sua volta erede di N.C.P. e

N.C.F.), N.C.A., N.C.E.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Gracchi n. 130, presso lo

studio dell’avvocato Neri Elisa, rappresentati e difesi

dall’avvocato Dattola Silvio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica della

Provincia di Reggio Calabria, in persona del Commissario pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato De Leo Giuseppe, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

N.A.M., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Trastevere

n. 114, presso la sig.ra Ia. Ma., rappresentata e difesa

dall’avvocato Iatì Angelo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

M.M., n.g., Ne.Fi. e Ne.An., quali eredi

di N.G., B.M., ne.gi., N.M. e N.G.,

quali eredi di Ne.An.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 172/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Cons. Dott. CLOTILDE PARISE;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale CARDINO Alberto, che ha chiesto il rigetto di

tutti i ricorsi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza depositata il 28-4-2015, e notificata il 25/27-5-2015, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 37/2008 dal Tribunale di Reggio Calabria da A.T.E.R.P. della Provincia di Reggio Calabria nei confronti di: i) N.A.M., n. q. di successore a titolo particolare di N.A. (già in persona di S.L., n. q. di procuratore generale); ii) N.E.; iii) N.G.; iv) NE.Fi., N.M.R., N.C.C.A. n. q. di eredi di NE.Gi.; v) P.E. (deceduta in data (OMISSIS)), già n.q. di erede di NE.Gi.; vi) N.A. (deceduta in data (OMISSIS)), già erede di N.C.P. e F.; vi) N.C.A. (deceduta in data (OMISSIS)); vii) N.C.E. (deceduta in data (OMISSIS)); viii) VA.Gi., n.q. di successore a titolo particolare di N.F.; così ha statuito: “1) dichiara la contumacia di N.G.; 2) dispone la correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata, nel senso che, là dove, nel quart’ultimo rigo di p. 6 si legge “… PA.Fi…”, deve in realtà intendersi “.. NE.Fi….”; 3) in parziale accoglimento dell’appello: 3.1. condanna l’A.T.E.R.P. di Reggio Calabria (già I.A.C.P. di Reggio Calabria) al pagamento in favore di: N.A.M.; N.E.; N.G.; NE.Fi., N.M.R., N.C.C.A.; VA.Gi., tutti nelle rispettive qualità ed in proporzione alle quote di rispettiva spettanza ereditaria, del complessivo importo di Euro 1.717.117,68 per sorte capitale inclusiva di rivalutazione alla data odierna per le causali di cui in motivazione e oltre interessi legali (fino alla data odierna) nella misura di: Euro 892.511,74 per N.A.M.; Euro 872.181,30 per tutti gli altri attori di prime cure, ed ulteriormente interessi legali sui predetti importi dal di della presente pronuncia al soddisfo; 3.2. conferma quanto al resto l’impugnata pronuncia; 4) dispone l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese di lite del presente grado”. Per quanto ancora di interesse, la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha stabilito, in relazione al risarcimento derivante dall’occupazione delle aree già appartenenti all’unico originario proprietario N.F.F., effettuata da A.T.E.R.P. senza titolo nel periodo successivo alla scadenza dei decreti di occupazione temporanea, risalenti al 1975 e non seguiti da rituale procedura espropriativa, mai portata a termine, che la liquidazione dell’importo risarcitorio dovuto in linea capitale dovesse effettuarsi con riferimento alla data di scadenza del periodo di occupazione legittima (18-11-1980) e che detto importo, calcolato complessivamente e da ripartirsi tra le parti in base alle rispettive quote ereditarie, rivalutato alla data della sentenza fosse pari a Euro 1.717.117,68. La Corte di merito ha statuito, altresì, che gli interessi legali sulla somma in linea capitale dovuta per il suddetto titolo dovessero calcolarsi a decorrere dalle date delle rispettive domande giudiziali delle parti e, calcolati alla data della sentenza, ammontavano a Euro 892.511,74 per N.A.M. e a Euro 872.181,30 per tutti gli altri attori di prime cure.

2. Avverso questa sentenza, propongono ricorso, affidato a due motivi, V.F. e V.G., nonchè, con separato ricorso affidato a tre motivi N.E. e Va.Gi. e con ulteriore separato ricorso affidato a quattro motivi, Ne.Fi., N.M.R. e N.C.C.A.. Si sono costituiti, con distinti controricorsi, l’A.T.E.R.P. e N.A.M.. Le altre parti M.M., Ne.Fi. e n.g., eredi di N.G., nonchè gli eredi di Ne.An., a sua volta erede di N.G., B.M., N.G., ne.gi. e N.M. sono rimaste intimate.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto dei ricorsi. Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le ricorrenti V.F. e V.G., aventi causa a titolo particolare (donazione), unitamente al loro fratello Va.Gi., di N.F., denunciano: A) con il primo motivo (rubricato sub II), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata, per avere la Corte d’appello liquidato la quota relativa a N.F. solo a Va.Gi., intervenuto nel giudizio di primo grado quale successore a titolo particolare, ma solo per la propria quota, e per non avere la Corte di merito disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della loro dante causa e delle stesse ricorrenti, trattandosi di litisconsorzio necessario; rilevano che, nonostante N.F. fosse costituita in primo grado, non se ne fa menzione nella sentenza del Tribunale e la sentenza di primo grado e la citazione d’appello non vennero mai notificati a N.F., nè ai suoi difensori, risultando così la stessa di fatto pretermessa; in subordine, ove si ritenga trattarsi di posizioni scindibili rispetto alle altre parti processuali, chiedono disporsi la cassazione con rinvio limitatamente alla posizione di N.F. e ai suoi aventi causa; B) con il secondo motivo (rubricato sub III) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e/ falsa applicazione dell’art. 1282 c.c., artt. 112 e 113 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte d’appello statuito che la liquidazione dovesse decorrere dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima e che gli interessi sulla somma in linea capitale dovuta per il suddetto titolo dovessero calcolarsi a decorrere dalle date delle rispettive domande giudiziali, individuate dalla Corte di merito al 15-4-1987 per N.A. e suoi aventi causa, e alla data del 28-4-1988 per tutte le altre parti, senza nulla specificare; deducono che il fatto illecito è l’abusiva occupazione del suolo e che gli interessi decorrono dalla data dell’illecito o al più dalla scadenza del quinquennio di occupazione legittima; rilevano che l’entità degli interessi liquidati alle parti diverse da N.A.M. sono stati liquidati in un’unica voce, senza alcuna differenziazione in base alle effettive date delle rispettive domande, nè a livello di calcolo, nè pro capite, così omettendo la Corte di merito la pronuncia sulla domanda, essendo, inoltre e in ogni caso, erronea la quantificazione degli interessi, presumibilmente frutto di un’erronea individuazione della data della domanda giudiziale (per N.F. la costituzione in giudizio del 2-6-1989).

2. I ricorrenti N.E., in proprio, quale erede del padre N.F.F. e quale successore a titolo particolare di N.G. per cessione di quota ereditaria, e Va.Gi., avente causa a titolo particolare (donazione) di N.F., denunciano: A) con il primo motivo (rubricato sub II), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e/ falsa applicazione dell’art. 1282 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte d’appello statuito che la liquidazione dovesse decorrere dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima e che gli interessi sulla somma in linea capitale dovuta per il suddetto titolo dovessero calcolarsi a decorrere dalle date delle rispettive domande giudiziali, individuate dalla Corte di merito al 154-1987 per N.A. e suoi aventi causa, e alla data del 28-41988 per tutte le altre parti, senza nulla specificare; deducono che il fatto illecito è l’abusiva occupazione del suolo e che gli interessi decorrono dalla data dell’illecito o al più dalla scadenza del quinquennio di occupazione legittima; rilevano che l’entità degli interessi liquidati alle parti diverse da N.A.M. sono stati liquidati in un’unica voce, senza alcuna differenziazione in base alle effettive date delle rispettive domande, nè a livello di calcolo, nè pro capite o per stirpe, così omettendo la Corte territoriale la pronuncia sulla domanda, essendo inoltre in ogni caso erronea e incomprensibile la quantificazione degli interessi, presumibilmente frutto di un’erronea individuazione della data della domanda giudiziale (ad esempio per N.E. la costituzione in giudizio era del 2-6-1989); B) con il secondo motivo (rubricato sub III), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 290 e segg., artt. 101,102 e 111 c.p.c. e per violazione e /o falsa applicazione della legge in tema di equa riparazione per ingiusta durata del processo, per avere la Corte territoriale dichiarato contumace N.G. che invece si era regolarmente costituito in giudizio in data 6-10-2008; deduce N.E., in quanto successore a titolo particolare di N.G. per cessione di quota ereditaria, che la detta successione non era stata fatta valere in giudizio, che N.G. in appello era suo sostituto processuale e che, nella qualità di successore a titolo particolare, era legittimata a proporre le stesse censure, sollevate in proprio con il primo motivo, in ordine alla quantificazione e liquidazione di interessi, nonchè a censurare la statuizione di contumacia del suo dante causa, avendo ella interesse a proporre azione per equa riparazione per l’ingiusta durata del processo, ed invece determinando l’errata dichiarazione di contumacia una posizione per la stessa lesiva rispetto a una condizione di normalità; C) con il terzo motivo (rubricato sub IV) i suindicati ricorrenti si dolgono dell’errata compensazione delle spese del grado d’appello, stante l’integrale soccombenza dell’A.T.E.R.P..

3. I ricorrenti Ne.Fi., N.M.R. e N.C.C.A., in qualità di eredi di Ne.Gi., P.E., N.A., N.C.A., C.N.E., lamentano: A) con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/ falsa applicazione degli artt. 1219,1173,1226 c.c., per avere la Corte d’appello statuito che la liquidazione dovesse decorrere dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima e che gli interessi sulla somma in linea capitale dovuta per il suddetto titolo dovessero calcolarsi a decorrere dalle date delle rispettive domande giudiziali, invece che dalla data dell’illecito, ossia dell’occupazione usurpativa; B) con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/ falsa applicazione degli artt. 2043,2934 e 2935 c.c., per non avere la Corte territoriale considerato che i ricorrenti non avrebbero potuto far valere prima del 1988 il proprio diritto, perchè era stata pendente fino al 1988 la causa per far dichiarare la nullità della donazione. Deducono che nessuna prescrizione era maturata e che la Corte di merito ha violato l’art. 2953 c.c., nel ritenere prescritta la domanda risarcitoria per danno da mancato godimento durante il periodo di occupazione legittima (pag. 15 sentenza impugnata) e nella parte in cui non ha riconosciuto gli interessi legali dalla data del 18-11-1980 (data di cessazione dell’occupazione legittima), ma solo dalla data della domanda (1988- cfr. pag. 22 ricorso); C) con i motivi terzo e quarto l’inesistenza della motivazione e la violazione degli artt. 2043,2934,2935, c.c., L. n. 865 del 1971, artt. 9, 10 e 11 e dell’art. 1 CEDU, per non avere la Corte di merito fatto decorrere gli interessi legali dalla data dell’illecito, come da principi affermati dalle S.U. n. 735/2015.

4. In via pregiudiziale deve disporsi l’obbligatoria riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., trattandosi di ricorsi avverso la medesima sentenza.

Sempre in via pregiudiziale, deve disattendersi l’istanza di data 17 marzo 2017 dei ricorrenti Ne.Fi., N.M.R. e N.C.C.A. diretta ad ottenere l’autorizzazione all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di N.G., ai quali sono stati notificati il ricorso delle ricorrenti V.F. e V.G., nonchè quello dei ricorrenti N.E. e Va.Gi.. Premesso che la morte della suddetta parte, costituita nel giudizio di appello a mezzo di procuratore (pur se dichiarata contumace, per refuso, nella sentenza impugnata), non è stata dichiarata o notificata nel precedente grado di giudizio e che il ricorso per cassazione di Ne.Fi., N.M.R. e N.C.C.A. è stato notificato al difensore domiciliatario, avvocato Fulvio Mancini, di N.G., deve farsi applicazione, nella specie, della regola dell’ultrattività del mandato alla lite, sicchè il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione (Cass. S.U. n. 15295/2014 e successive conformi).

5. Il primo motivo del ricorso proposto da V.F. e V.G., con cui è denunziata la nullità della sentenza d’appello per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di N.F., dante causa a titolo particolare, per donazione, di dette ricorrenti e di Va.Gi., ciascuno per la quota di un terzo, è fondato.

5.1. Occorre premettere che N.F. si era costituita, con comparsa di intervento volontario depositata il 2-6-1989, nel giudizio di primo grado, nel quale era intervenuto con comparsa del 5-102005 solo uno dei suoi tre successori a titolo particolare, Va.Gi., e che l’A.T.E.R.P., nelle proprie difese, dà atto di tale ultima circostanza, documentata dalla donazione del 28-11-1991 che le ricorrenti V.F. e V.G. trascrivono nel loro ricorso (pag.n. 43). Il Tribunale di Reggio Calabria pronunciava condanna di pagamento dell’A.T.E.R.P. al risarcimento del danno in favore di tutti gli intervenienti, proporzionalmente alla loro quota, senza altro specificare, nonchè condannava l’A.T.E.R.P. alla rifusione delle spese di lite in favore, tra gli altri, di Va.Gi., senza menzionare N.F.. L’A.T.E.R.P., nel proporre appello, non notificava l’impugnazione a N.F., ma solo a Va.Gi., quale suo successore a titolo particolare, il quale, come già rilevato, non aveva acquisito per l’intero il diritto controverso della dante causa, ma solo per la quota di un terzo.

5.2. Tanto precisato in ordine allo svolgimento del processo nei precedenti gradi per quel che ora interessa, pregiudizialmente deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione delle altre aventi causa a titolo particolare da N.F., V.F. e V.G., che non hanno partecipato nè al giudizio di primo grado, nè a quello di secondo grado. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, il successore a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111 c.p.c., può intervenire nel giudizio di legittimità, per esercitare il potere di azione che gli deriva dall’acquistata titolarità del diritto controverso, quando non sia costituito il dante causa, altrimenti determinandosi un’ingiustificata lesione del suo diritto di difesa (Cass. n. 11638/2016; Cass. n. 23439/2017; Cass. n. 25423/2019; Cass. n. 8975/2020).

5.3. Ciò posto, ricorre, nella specie, il denunziato difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di N.F. nel giudizio di appello, atteso che l’intervento nel processo del successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo non comporta automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro, a norma dell’art. 331 c.p.c., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d’ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio (così Cass. n. 15905/2018; Cass. n. 1535/2010; Cass. n. 4486/2010). Stante il carattere unitario del litisconsorzio così determinatosi, il giudizio di impugnazione si connota, quale che sia stato l’esito del grado precedente, come inscindibile e, pertanto, riconducibile all’art. 331 c.p.c. (Cass. n. 4993/2019), e il difetto di integrità del contraddittorio determina la nullità del giudizio di secondo grado e della sentenza d’appello.

5.4. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 20533/2017; Cass. n. 3056/2011; 12035/2010) può configurarsi, in talune fattispecie, la cd. “estromissione tacita”, come evidenziato dalla Procura Generale, ma in base a specifici presupposti ed elementi sintomatici, non ricorrenti nella specie. Difetta, infatti, l’indispensabile presupposto dell’integrale subentro nel diritto controverso del successore a titolo particolare Va.Gi., considerato che quest’ultimo, a cui solo l’appellante A.T.E.R.P. aveva notificato l’impugnazione, aveva acquisito la quota di un terzo del diritto controverso della dante causa, come pacifico tra le parti e segnatamente per l’A.T.E.R.P., e non ha assunto, dunque, nel processo una posizione coincidente con quella della sua dante causa. Ciò osta, inevitabilmente, alla configurabilità, nel caso in esame, di un accordo tacito di estromissione di N.F., nè può sostenersi che Va.Gi. abbia agito, intervenendo, a tutela dell’intera quota ereditaria donata a tutti i successori a titolo particolare da N.F., in mancanza di titolo giustificativo di una tale legittimazione, neppure allegato dal V. (cfr. pag.n. 9 ricorso N.E. e Va.Gi., in cui si riporta il tenore della comparsa di intervento di detta ultima parte che richiama solo l’atto di donazione del 28-11-1991).

Alla stregua di quanto appena detto, resta superata la questione circa la rilevanza sintomatica della mancata impugnazione, da parte di N.F., della sentenza del Tribunale, di cui, peraltro e per quanto occorra, va rimarcato il tenore non chiaro ed univoco, atteso che le statuizioni di condanna dell’A.T.ER.P. al risarcimento del danno sono in favore di “tutti gli intervenienti proporzionalmente alla loro quota” senza specificazione dei nominativi, e dunque anche di N.F., menzionata come parte interveniente (pag. n. 7), pur se non indicata nell’intestazione della sentenza e nella parte del dispositivo concernente la condanna di A.T.ER.P. alla rifusione delle spese di lite. Al riguardo va anche aggiunto che, a fronte del vizio di integrità del contraddittorio rilevato, poichè non è mai stato notificato a N.F. l’appello di A.T.ER.P. e non le è stato, di conseguenza, consentito l’esercizio della facoltà di proporre appello incidentale tardivo, nel sopra descritto contesto a maggior ragione alcun rilievo può attribuirsi alla mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte della dante causa pretermessa.

5.5. All’inscindibilità in appello dei rapporti processuali venutisi ad instaurare nel giudizio di primo grado, in base ai principi richiamati, corrispondono nel caso di specie, sotto il profilo sostanziale, il necessario collegamento e l’interdipendenza tra tutte le pretese risarcitorie, dato che hanno origine dall’occupazione illegittima da parte di A.T.ER.P. di beni originariamente appartenenti ad un unico proprietario ( N.F.F.) e sono state azionate da ciascun attore/interveniente legittimato a vario titolo (per diritto ereditario o per donazione o per cessione di quote ereditarie), secondo quote da individuarsi per stirpi (ed è in contestazione tra le parti anche il numero di stirpi, non indicato nella sentenza impugnata, e individuato in dieci da A.T.E.R.P. e in nove dai ricorrenti). La complessa situazione di rapporti giuridici e di successioni, a vario titolo, nei crediti dei danti causa è riconducibile al paradigma dell’art. 331 c.p.c., poichè si configura come una situazione giuridica strutturalmente comune a più soggetti, nonchè inscindibile in ragione dell’interdipendenza tra le pretese nel senso precisato (cfr. Cass. n. 4951/2007; Cass. n. 4993/2019; Cass. n. 3692/2020).

6. Il secondo motivo di ricorso proposto da N.E., pure da esaminare in quanto ha ad oggetto la denuncia di un vizio processuale, è inammissibile.

6.1. Con numerose pronunce di questa Corte è stato affermato il principio secondo cui “l’erronea dichiarazione della contumacia di una parte non determina un vizio della sentenza deducibile in cassazione se non ha prodotto in concreto qualche pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva, nè ha inciso sulla decisione” (Cass. n. 912/1995; Cass. n. 14763/2006; Cass. n. 24889/2006; Cass. n. 9469/2010; da ultimo Cass. n. 5408/2020). Pertanto il ricorrente, nel dolersi della violazione del diritto di difesa, ha l’onere di precisare quali limitazioni all’esercizio del diritto alla difesa siano derivati dall’erronea indicazione (risultante della sentenza impugnata) della parte come contumace, così da consentire alla Corte un effettivo controllo di causalità dell’errore lamentato e da sottrarre la doglianza all’astrattezza di una sua prospettazione meramente teorica.

6.2. La ricorrente N.E., che agisce anche in quanto successore a titolo particolare, per cessione di quota ereditaria, di N.G., pur legittimata a censurare in cassazione la sentenza d’appello (Cass. n. 8975/2020 già citata), non solo dichiara di non aver subito pregiudizio dalla errata declaratoria di contumacia di N.G., essendo, peraltro, ella ritualmente costituita in appello, ma non ha titolo per dolersi di quella declaratoria in base alle sue stesse allegazioni, ossia con riferimento alla pretesa, a suo dire lesa, diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito da N.G. per la violazione del principio della ragionevole durata del processo. Si tratta, infatti, di un diritto soggettivo della suddetta ultima parte che non risulta oggetto di cessione o trasferimento in favore di N.E., la quale ha acquisito, a titolo particolare, solo la quota ereditaria, come rimarcato anche dalla Procura Generale, essendo il suddetto diritto, se del caso, eventualmente esercitabile da N.G. o dai suoi eredi.

7. Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso di V.F. e V.G., che comporta la nullità della sentenza impugnata e la rimessione della causa al giudice d’appello per l’eliminazione del vizio processuale rilevato, consegue l’assorbimento di ogni altro motivo di gravame. Al giudice del rinvio va rimessa, all’esito della rituale instaurazione del contraddittorio, la nuova valutazione delle questioni di merito prospettate dalle parti sotto svariati profili (non solo sui criteri di liquidazione della sorte capitale e di individuazione della data di decorrenza degli interessi, ma soprattutto, tra i principali, circa: l’indicazione di elementi essenziali per rendere comprensibile il percorso logico seguito nella quantificazione del danno, l’individuazione delle quote per stirpi e delle quote di ciascun danneggiato avuto riguardo anche alle successioni a titolo particolare; la sorte capitale spettante a ciascun danneggiato; le date delle domande giudiziali di ognuno e il relativo calcolo del dovuto a titolo di interessi legali con eventuale decorrenza da dette ultime date; la rilevantissima sproporzione tra l’importo indicato come dovuto nella sentenza impugnata a titolo di interessi ad N.A.M. – corrispondente alla sua quota pari a 1/9 secondo i ricorrenti e pari a 1/10 secondo A.T.ER.P. – e quello spettante a tutte le altre parti).

8. In conclusione, merita accoglimento, nel senso precisato, il primo motivo di ricorso di V.F. e V.G., dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso di N.E. e assorbiti tutti gli altri motivi, con la cassazione della sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvio della causa alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dispone la riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., accoglie il primo motivo del ricorso proposto da V.F. e V.G., dichiarato inammissibile il secondo motivo del ricorso proposto da N.E. e dichiarati assorbiti tutti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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