Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7687 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7687 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 13309-2008 proposto da:
COSTRUZIONI CONGLOMERATI ED AFFINI SRL 04978531004
nella persona del Legale Rappresentante Sig. RICCARDO
TASSI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CARONCINI 27, presso lo studio dell’avvocato WONGHER
MARINA, che la rappresenta e difende giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

CASSA EDILE DI MUTUALITA’ ED ASSISTENZA DI ROMA E
PROVINCIA

80179250586,

persona

in

1

del

Legale

Data pubblicazione: 02/04/2014

Rappresentante Presidente pro tempore Dott. EDOARDO
BIANCHI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
POLLAIOLO 3, presso lo studio dell’avvocato BARBERIS
RICCARDO, che la rappresenta e difende giusta delega
a margine;

in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.
NICOLA DI PUORTO, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA UGO OJETTI 114, presso lo studio dell’avvocato
CAPUTO FRANCESCO ANTONIO, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 24302/2007 del TRIBUNALE di
ROMA, depositata il 12/12/2007, R.G.N. 25972/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

23/01/2014

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato MARINA WONGHER;
udito l’Avvocato ANTONINO TRIBULATO per delega;
udito l’Avvocato ANTONINO TRIBULATO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso;

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SOCIETA’ EUROSTRADE DI NICOLA DI PUORTO 01195200611,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La presente controversia trae origine da un contenzioso
amministrativo, innanzi al T.A.R. Lazio, di cui era parte la
Costruzioni Conglomerati ed Affini s.r.l. (di seguito,
brevemente, C.C.A.) quale impresa mandante dell’Associazione

Capogruppo-mandataria e Di Battista s.n.c. altra mandante),
che si era resa aggiudicataria in via provvisoria di una gara
indetta dal Comune di Roma. Nell’ambito di tale contenzioso la
Eurostrade di Nicola Di Puorto s.r.l. (di seguito, brevemente,
Eurostrade),

partecipante alla medesima gara e seconda in

graduatoria,

sostenne, tra l’altro, che la C.C.A. aveva

falsamente
prodotto,

attestato la propria

regolarità

contributiva

e

a tal fine, una certificazione rilasciata, a

richiesta del suo difensore, in data 15.06.2005 dalla Cassa
Edile di Mutualità ed Assistenza di Roma e provincia (di
seguito, brevemente, Cassa Edile) attestante che «l’Impresa in
oggetto è iscritta … e ha inviato le denunce mensili fino al
febbraio 2005 e per aprile 2005 ed effettuato i versamenti
fino al mese di febbraio 2005».
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la s.r.l.
C.C.A. – sulla premessa che tale comportamento costituisse
illecito trattamento dei suoi dati personali e che da esso
fosse derivata la mancata convalida dell’aggiudicazione
provvisoria della gara di appalto – chiedeva al Tribunale di
Roma, previo accertamento dell’illegittimità del trattamento
dei dati personali da parte della Cassa Edile con
l’attestazione allegata da Eurostrade al ricorso innanzi al

3

Temporanea di Imprese – ATI (costituita con CESI s.n.c.

T.A.R. Lazio, di condannare la Cassa Edile ed Eurostrade al
risarcimento in suo favore dei danni subiti.
Sia la Cassa Edile che la Eurostrade contestavano la
domanda.
La causa, documentalmente istruita, era decisa con sentenza

rigettava la domanda, condannando parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali in favore delle due
resistenti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
la CCA, svolgendo due motivi.
Hanno resistito con distinti controricorsi sia la Cassa
Edile che la Eurostrade.
Sono state depositate memorie da parte della C.C.A. s.r.l.
e di Eurostrade.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale ha escluso che l’attestazione, riguardante
la (ir)regolarità contributiva della s.r.l. C.C.A., rilasciata
dalla Cassa Edile al procuratore di Eurostrade e da questi
utilizzata nel giudizio amministrativo in cui si controverteva
dell’aggiudicazione provvisoria in favore dell’Associazione di
imprese di cui faceva parte C.C.A., abbia avuto incidenza
causale sulla mancata convalida dell’aggiudicazione
provvisoria, segnatamente evidenziando: vuoi che
l’attestazione in oggetto era stata rilasciata al difensore
della Eurostrade allorchè la società (seconda classificata
nella gara di appalto) aveva già intrapreso il giudizio
innanzi al TAR del Lazio, vuoi che detta attestazione era

00L-1
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depositata in data 12.12.2007, con la quale il Tribunale

veritiera, essendo incontestabile che la s.r.l. C.C.A. non
fosse in regola con gli adempimenti previsti dal regolamento
amministrativo della Cassa Edile all’atto della partecipazione
alla gara, vuoi ancora che la mancata convalida
dell’aggiudicazione provvisoria era dovuta, per l’appunto, a

In particolare il Tribunale è pervenuto alla statuizione di
rigetto della pretesa risarcitoria, osservando che, per un
verso, il Giudice amministrativo non aveva ritenuto rituale o,
comunque, sufficiente l’attestazione prodotta da Eurostrade
(tant’è che aveva ordinato alla Cassa Edile di produrre in
giudizio una relazione attestante la regolarità contributiva
dell’impresa partecipante all’ATI, limitandosi, nelle more, ad
assumere il provvedimento cautelare di sospensione
dell’efficacia del provvedimento impugnato) e che, per altro
verso, la determina n. 377 del 11.08.2005 era stata assunta
dal Comune di Roma sulla base di informative, acquisite dalla
Cassa Edile con fax del 04.08.2005, attestanti la carenza del
requisito della regolarità contributiva per la CCA in quanto
«alle date del 26 e 31 maggio 2005_non risultava pervenuta
alla Cassa Edile la denuncia relativa ai mesi di Marzo 2005,
né risultavano effettuati i versamenti relativi allo stesso
mese».

Ne ha, conseguentemente, inferito che sulla mancata

convalida non aveva avuto alcuna efficienza causale autonoma
la produzione effettuata dall’Eurostrade nel giudizio
amministrativo, essendo essa dipesa dal dato di fatto,
incontestabilmente certo, dell’irregolarità contributiva da
parte di una delle società mandanti dell’ATI, alla luce della

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detto dato fattuale dell’irregolarità contributiva della CCA.

documentazione acquisita dal Comune direttamente dalla Cassa
Edile.
2. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009) – è soggetto, in forza del

art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
alla disciplina di cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg.
come risultanti per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006. Si
applica, in particolare, l’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

stante l’univoca volontà del legislatore di assicurare
l’ultra-attività della norma

(ex multis,

cfr. Cass. 27 gennaio

2012, n. 1194), a tenore della quale, nei casi previsti dai
nn. 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. l’illustrazione
di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi
con la formulazione di un quesito di diritto; mentre la
censura prevista dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve
concludersi o almeno contenere un momento di sintesi (omologo
del quesito di diritto), da cui risulti

«la chiara

indicazione» non solo del fatto controverso, ma anche, se non

soprattutto, la “decisività” del vizio.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia e, segnatamente, mancato e
insufficiente esame del nesso di causalità tra il
provvedimento di sospensione dell’aggiudicazione emesso dal
T.A.R. del Lazio e la falsa dichiarazione esibita dalla
Eurostrade a supporto dell’istanza di sospensione, nonché

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combinato disposto di cui al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,

violazione o falsa applicazione di norme di diritto e,
segnatamente, degli artt. 112, 115 cod. proc. civ. in
relazione agli artt. 2043 e 2050 cod. civ.. A conclusione del
motivo la ricorrente formula il seguente “quesito”: «accerti e
dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se, in tema di

escludersi che il provvedimento giurisdizionale di sospensione
dell’aggiudicazione emesso sulla scorta di un documento
illegittimamente acquisito e contenente dati incompleti

e non

veritieri, abbia rilevanza causale nel successivo
provvedimento della P.A. di non convalida dell’aggiudicazione
della gara ovvero, se, ancorchè in presenza di concausa, debba
ad esso riconoscersi pari rilevanza nella produzione
dell’evento dannoso».
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia e segnatamente attribuzione di
efficacia causale autonoma al mero dato fattuale della
sussistenza di posizione di irregolarità contributiva a carico
della CCA, mancata inadeguata e omessa valutazione delle
risultanze documentali. A conclusione del motivo la ricorrente
formula il seguente “quesito”:

«Accerti e dica l’Ecc.ma

Suprema Corte di Cassazione se quando, in presenza di più
cause che hanno cagionato l’evento dannoso, risulti
documentalmente che 11 danneggiante terzo in causa non ha
attribuito prevalenza od efficienza causale esclusiva ad una
di esse possa essere accertata detta prevalenza da parte del
giudice di merito in mancanza di specifica e adeguata

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responsabilità per fatto illecito extracontrattuale, possa

motivazione».
3. Va premesso che l’eccezione di carenza di legittimazione
processuale, sollevata dalla Cassa Edile in relazione al
disposto dell’art. 95 co. 6 d.p.r. 554 del 1999 è
manifestamente infondata non sussistendo i requisiti oggettivi

come riconosce la resistente, il rapporto si è sciolto, sia
perchè la rappresentanza dell’impresa mandanti è attribuita in
via esclusiva all’impresa mandataria

«nei confronti

dell’azione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di
qualsiasi natura dipendenti dall’appalto».
Ciò precisato, ritiene la Corte che il ricorso non possa,
comunque, essere esaminato nel merito, risultando
inammissibile per inosservanza dei canoni elaborati da questa
Corte per la rilevanza dei quesiti

ex art. 366 bis cod. proc.

civ., a tenore dei quali il quesito di diritto deve essere
specifico e riferibile alla fattispecie (cfr. Cass., Sez. Un.,
5 gennaio 2007, n. 36), nonché risolutivo del punto della
controversia, tale non essendo la richiesta di declaratoria di
un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di
legittimità (cfr. Cass., 3 agosto 2007, n. 17108); inoltre,
con esso non può introdursi un tema nuovo ed estraneo ( cfr.
Cass., 17 luglio 2007, n. 15949). In sostanza il quesito di
diritto deve comprendere (tanto che la carenza di uno solo di
tali elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass. 30
settembre 2008, n. 24339) sia la riassuntiva esposizione degli
elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; sia la
sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal

8

e soggettivi previsti dalla norma, sia perché, allo stato,

quel giudice; sia ancora la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie. Mentre «la chiara indicazione» (c.d. quesito di fatto)
richiesta dalla seconda parte dell’art. 366

bis

cod. proc.

civ. in relazione al vizio motivazionale deve consistere in

riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (Sez. Unite, 01 ottobre 2007, n.20603). Tale
requisito non può, dunque, ritenersi rispettato quando solo la
completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di
un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto
ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007,
n. 16002).
Inoltre la formulazione del quesito di diritto di cui
all’art. 366

bis

cod. proc. civ. deve avvenire in modo

rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da
ciò consegue che i motivi di ricorso fondati sulla violazione
di leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono
essere sorretti da quesiti separati. Invero le Sezioni Unite pur ritenendo ammissibile, in via di principio, il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino, con un unico articolato
motivo d’impugnazione, vizi di violazione di legge e di
motivazione in fatto – hanno precisato che a tali effetti
occorre che il motivo si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al

9

una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e

fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31
marzo 2009, n. 7770).
3.1. Orbene il primo motivo di ricorso, denunciando plurime
richiedeva

l’esposizione di specifici e distinti quesiti,

ognuno

rispondente alla dedotta doglianza, soddisfacendo in tal modo
l’esigenza di chiarezza e specificità richieste per la
formulazione dei quesiti. E’ infatti inammissibile la
congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3 e 5
dell’art. 360 cod. proc. civ., salvo che non sia accompagnata
dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di
diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o
riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’art.
366 bis cod. proc. civ. (Cass. 20 maggio 2013, n. 12248)
Orbene il motivo all’esame non si conclude e neppure
contiene un momento di sintesi, rispondente ai requisiti
richiesti per la «chiara indicazione», occorrendo a tal fine
un elemento espositivo che rappresenti un quid pluris rispetto
alla mera illustrazione delle critiche alla decisione
impugnata, volto a circoscrivere i limiti delle allegate
incongruenze argomentative, in maniera da non ingenerare
incertezze sull’oggetto della doglianza e sulla valutazione
demandata alla Corte (confr. Cass. 10 ottobre 2007, n. 20603).
Per altro verso il “quesito” posto a conclusione del motivo
– con cui si sollecita “un accertamento” di questa Corte in
punto di incidenza causale dei comportamenti e conseguente

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violazione di legge e vizio motivazionale,

responsabilità

delle

resistenti

risulta palesemente

inadeguato, conducendo all’inammissibilità anche delle censure
svolte in relazione all’art. 360 n.3 cod. proc. civ..
Invero il suddetto quesito – muovendo da premesse
valutative, meramente assertive (segnatamente presupponendo,
che sia stato utilizzato un

«documento illegittimamente

acquisito e contenente dati incompleti e non veritieri»)

che

non trovano riscontro nella decisione impugnata e, anzi, sono
da essa decisamente smentite – si risolve in un interrogativo
circolare,

inidoneo a definire la questione concreta,

altrimenti postulando un preventivo momento di verifica
fattuale e valutativa, inconciliabile con i limiti del
sindacato di legittimità.
Del resto l’inadeguatezza del “quesito”, per un verso,
palesa la reale natura del motivo, surrettiziamente
finalizzato ad una inammissibile valutazione delle risultanze
fattuali del processo ad opera di questa Corte e, per altro
verso, denuncia anche la genericità delle censure, che
ignorano il nucleo centrale delle argomentazioni a sostegno
della decisione impugnata, laddove si evidenzia la
corrispondenza al vero della situazione di irregolarità
contributiva rappresentata dall’attestazione rilasciata dalla

Cassa

Edile,

nonché

l’esclusiva

incidenza

causale

dell’esistenza di siffatta situazione di irregolarità,
all’atto della partecipazione alla gara, nelle determinazioni
dell’ente appaltante in ordine alla mancata convalida.
3.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Da quanto evidenziato sub 3. emerge che l’art. 366 bis cod.

.

proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei
motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della
declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una
diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a
seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri

ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa
disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito
della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la
cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata,
come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione
del principio di diritto ovvero a dicta giurisprudenziali su
questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove
venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod.
proc. civ. (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo
della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che,
pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una
esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la
decisione (Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556).
Nel

caso di

specie

il motivo,

denunciante vizio

motivazionale, si conclude con un quesito, scarsamente
comprensibile per il riferimento a un non meglio precisato
«danneggiante terzo di causa»
assolvere alla funzione di

e, comunque, inidoneo ad

«chiara indicazione»

di cui

all’ultima parte dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in quanto

12

l, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ.,

risulta carente sia della specifica indicazione del «fatto
controverso», sia dell’individuazione degli argomenti logici
per i quali sarebbe stata necessaria una diversa valutazione.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in

del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in favore di ognuna delle controricorrenti in C
15.200,00 (di cui 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge.
Roma 23 gennaio 2013

dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140

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