Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7686 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. I, 04/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 04/04/2011), n.7686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3229/2010 proposto da:

M.M.A. ((OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANDREA DORIA 48, presso lo

studio dell’avvocato ABBATE Ferdinando Emilio, che li rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto nei procedimenti riuniti ai nn. 52532, 52533,

52540, 52541, 52544, 52546, 52550, 52551/07 della CORTE D’APPELLO di

ROMA del 27/10/08, depositato il 16/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’Avvocato Tebaidi Rossana, (delega avvocato Ferdinando Emilio

Abbate), difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- C.M.G., + ALTRI OMESSI hanno adito la Corte d’appello di Roma, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tar Lazio (avente ad oggetto la corresponsione di interessi e rivalutazione su somme corrisposte in ritardo a seguito di inquadramento nelle qualifiche funzionali) con ricorso del 20 gennaio 1995, definito dal Consiglio di Stato con sentenza del 22.1.2007.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 16.12.2008, pronunciato nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, fissato il termine di durata ragionevole del giudizio in anni cinque per i due gradi, ha liquidato in favore di ciascun ricorrente, per il danno non patrimoniale per il ritardo di 6 anni e mesi sei circa, la somma di Euro 6.500,00 (Euro 1.000,00 per anno di ritardo), oltre le spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto gli attori hanno proposto ricorso affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero intimato.

2.1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che la Corte di merito non abbia liquidato l’indennizzo per la frazione di 4 mesi di ritardo, tenuto conto dell’inizio del procedimento (20 gennaio 1995) e della sentenza conclusiva (22 gennaio 2007).

2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 1173 c.c.), in relazione al capo del decreto che non ha attribuito gli interessi legali dalla data del decreto, sebbene non richiesti.

2.3.- Con il terzo motivo denunciano violazione e falsa applicazione di legge (art. 91 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004) e delle tariffe professionali, nella parte in cui il decreto ha liquidato le spese del giudizio, in violazione dei minimi di tariffa e si chiude con la formulazione di quesito in ordine a tale profilo. Lamentano, in particolare, che la Corte di merito non abbia tenuto conto dell’avvenuta riunione dei ricorsi soltanto in sede di discussione.

3. – Il primo motivo di ricorso appare inammissibile per mancanza di interesse alla luce della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi e, in particolare, del principio enunciato da Sez. 1^, Sentenza n. 13019 del 2010, secondo cui deve ritenersi congrua, anche in base a quanto afferma la Corte d’appello in ordine alla esiguità della posta in gioco la riparazione per la somma indicata di meno di Euro 500,00 annui, anche maggiore di quella recentemente determinata dalla C.E.D.U. per il danno non patrimoniale di un processo amministrativo italiano (Sez. 2^, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02).

Nella concreta fattispecie il giudizio amministrativo presupposto ha avuto una durata di circa dodici anni e la Corte di merito ha liquidato la somma di Euro 6.500,00, sostanzialmente attenendosi ai criteri innanzi richiamati.

Fondata è invece la censura relativa agli interessi sulla somma liquidata.

Infatti, che la Corte di Cassazione ha già precisato che a seguito del riconoscimento del diritto alla percezione dell’equa riparazione spettano al richiedente sulla somma liquidata gli interessi nella misura degli interessi legali dalla domanda anche se non sia stata proposta specifica richiesta. (Cass. civ. sez., 1^, 17.02.2003 n. 2382; Cass. civ. sez. 1^, 08.04.2004 n. 6939). Consegue che sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione sono dovuti ai ricorrenti gli interessi, a decorrere dalla domanda. Per ciò che riguarda poi la misura degli interessi sì rileva che ai sensi del combinato disposto degli artt. 1282 e 1284 c.c., i crediti liquidi ed esigibili producono interessi nella misura legale, salvo diversa disposizione di legge o accordo scritto delle parti. Consegue che dovendo il giudice italiano applicare la normativa interna, coibente per lo stesso e non ravvisandosi contrasti fra tale normativa con norme specifiche della Convenzione E.DU. che nulla dispone al riguardo, gli interessi sulla somma liquidata dalla Corte, d’appello vanno determinati nella misura legale a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione.

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento della censura relativa alle spese processuali. La Corte potrebbe cassare il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condannare il Ministero intimato a corrispondere gli interessi legali sulla somma liquidata ai ricorrenti dalla data della domanda giudiziale.

Il rigetto del motivo principale del ricorso e l’accoglimento solo in parte della richiesta dei ricorrenti, potrebbero giustificare la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità in ragione di metà”.

p. 2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso nei termini innanzi precisati. Assorbito il secondo motivo relativo alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, la Corte deve cassare il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condannare l’Amministrazione a corrispondere gli interessi legali sulla somma liquidata alle ricorrenti dalla data della domanda giudiziale.

L’esito complessivo della lite induce il Collegio a dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità in ragione di metà.

La liquidazione delle spese del giudizio di merito va operata in applicazione del principio per il quale in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condotta di più soggetti, che dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni, propongano contemporaneamente distinti ricorsi per equa riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause inevitabilmente destinate alla riunione, in quanto connesse per l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo, contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso non è sanzionabile con l’inammissibilità dei ricorsi, non essendo illegittimo lo strumento adottato ma le modalità della sua .utilizzazione, ma impone per quanto possibile l’eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano, e quindi la valutazione dell’onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine (Sez. 1^, Ordinanza n. 10634 del 03/05/2010).

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alle parti ricorrenti gli interessi legali sulla somma liquidata per indennizzo dalla domanda e le spese del giudizio: che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 2.831,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo 1/2 e che determina per l’intero in Euro 595,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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