Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7678 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 18/03/2021), n.7678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21150-2019 proposto da:

SGAMBARO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 114, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO VALLEBONA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PATRIZIO BERNARDO;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO

QUIRINO VISCONTI, 20, presso lo studio dell’avvocato MARCO D’AREZZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE FATIGATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2132/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 16/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la società Sgambaro s.p.a. (già Jolly Sgambaro S.r.l.), domanda la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari che, riformando in parte la sentenza del Tribunale di Foggia, ha riconosciuto in capo a V.M., dipendente del molino gestito dalla stessa società dal 1.1.1972 al 31.8.2003 con inquadramento nel primo livello, quadro-super del CCNL per i dipendenti delle industrie alimentari, il diritto alla corresponsione della somma di Euro 50.429,06 a titolo di compenso per lavoro straordinario e alla corrispondente riliquidazione del t.f.r., oltre alla rivalutazione e agli interessi legali sulla somma rivalutata, dalla maturazione di ciascuna componente del credito al soddisfo;

la decisione, fondata sulla base delle testimonianze acquisite al giudizio di merito, ha motivato sull’accertamento della particolare gravosità dell’impegno del V. in rapporto alla durata dell’orario di lavoro, soprattutto nei periodi delle campagne agrarie annuali;

la Corte d’appello ha inoltre stabilito che la disciplina collettiva applicabile ai dipendenti delle industrie alimentari, nel fissare l’orario settimanale in quaranta ore, non opera nessuna differenza tra il personale chiamato a svolgere funzioni direttive e il restante personale, ed ha rilevato che la Società appellata non aveva individuato nessuna disposizione del CCNL applicabile al settore alimentare che consentisse di escludere la fruizione dello straordinario in capo al personale direttivo, per il lavoro svolto oltre il limite orario fissato in quaranta ore settimanali;

la cassazione della sentenza è domandata dalla società Sgambaro s.p.a. (già Jolly Sgambaro S.r.l.) sulla base di un unico motivo di ricorso, illustrato da successiva memoria;

V.M. ha depositato tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 15 marzo 1923, n. 695, art. 1, comma 2, conv. in L. 17 aprile 1925, n. 473, e del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 17, comma 5, lett a), per avere erroneamente affermato che al personale direttivo spetta la retribuzione del lavoro straordinario”;

la sentenza impugnata, condannando la società a corrispondere al lavoratore somme a titolo di compenso per lavoro straordinario avrebbe violato le norme di legge richiamate in epigrafe – che prevalgono rispetto alle norme del CCNL applicabile alle imprese del settore alimentare – le quali ne escludono espressamente il godimento in capo al personale direttivo;

il motivo è infondato;

secondo i principi di diritto formulati dalla giurisprudenza di questa Corte, i funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario qualora la prestazione, per la sua durata, superi – secondo un accertamento riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato – il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante (In tal senso cfr. Cass. n. 18161 del 2018; Cass. n. 3038 del 2011);

nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha accertato, attraverso dichiarazioni testimoniali rese da fonti coinvolte nelle medesime attività svolte dall’odierno controricorrente presso l’unità operativa di Cerignola (un granaio ove veniva acquistato e stoccato il grano), che le modalità orarie del lavoro e la misura temporale dell’impegno lavorativo del V. avevano ecceduto il limite della ragionevolezza, tenuto conto soprattutto dell’intensità dell’attività nei periodi della campagna agraria, caratterizzati da un forte afflusso di prodotto presso l’unità operativa, giustificando, in tal modo, il riconoscimento del diritto all’indennità per lavoro straordinario;

il Collegio, considerato l’accertamento compiuto dalla Corte territoriale rispetto alla verifica delle condizioni dell’impegno lavorativo del funzionario direttivo V.M., ritiene che la motivazione addotta ai fini del riconoscimento del compenso per lavoro straordinario allo stesso spettante debba ritenersi adeguata con specifico riferimento ai criteri del superamento del limite della ragionevolezza e della particolare gravosità della prestazione resa, nel senso affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente” che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.500 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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