Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7676 del 18/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 7676 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 3455-2014 proposto da:
CAPRINO DOMENICO C.F. CPRDNC57M27A717P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA L REBECCHI BRICHETTI 10,
presso lo studio dell’avvocato ANNUNZIATA ABBINENTI,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANTCNIO AMATUCCTz clitiRta

dpipcle

– ricorrente –

2016
277

in atti,

contro
CHIRICO LUIGI C.F. CHRLGU49M05A460B, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN SALVATORE IN LAURO 13,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PUGLISI,

Data pubblicazione: 18/04/2016

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

MARTINO

MELCHIONDA, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1276/2012 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 20/12/2012 R.G.N. 991/2009;

udienza del 21/01/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
inammissibilità del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza del 21 gennaio 2016 – Aula B
n. 8 del ruolo – RG n. 3455/14
Presidente: Nobile – Relatore: Tria

1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 20 dicembre 2012), in parziale
accoglimento degli appelli riuniti di Domenica Caprino e di Liana D’Ambrosio avverso la
sentenza del Tribunale di Salerno n. 362/2009 e in parziale riforma di tale sentenza, condanna
gli appellanti in solido alla corresponsione, in favore dell’appellato Luigi Chirico e a titolo di
differenze retributive, di una somma corrispondente al secondo – anziché al terzo, come
stabilito dal primo giudice – livello del CCNL per i dipendenti delle imprese esercenti
autorimesse, noleggio, posteggio e custodia autovetture applicabile ratione temporis.
La Corte d’appello di Salerno, per quel che qui interessa, respinge il primo motivo di
appello del Caprino – con il quale l’appellante ribadiva l’eccezione della carenza di
legittimazione passiva in ordine alle pretese avversarie per essere stata la gestione del garage
in cui lavorava il Chirico sempre curata soltanto dalla propria moglie Liana D’Ambrosio – sul
rilievo secondo cui dalle molteplici e univoche risultanze della prova testimoniale sarebbe
emersa la correttezza della conclusione, sul punto, del giudice di primo grado sull’assenza di
un diretto coinvolgimento del Caprino nella gestione del suddetto garage.
2.- Il ricorso di Domenica Caprino domanda la cassazione della sentenza per due motivi;
resiste, con controricorso, Luigi Chirico. Liana D’Ambrosio resta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso è articolato in due motivi, con i quali si denuncia: 1) omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, sostenendosi che la
Corte d’appello nell’affermare il diretto coinvolgimento del Caprino nella gestione del garage di
cui era unica titolare la moglie, non avrebbe considerato e chiarito le ragioni per le quali tale
coinvolgimento travalicava l’affectio maritalis e comprovava l’esistenza di una società di fatto
tra i coniugi nella gestione della suddetta attività (primo motivo); 2) violazione dell’art. 2247
cod. civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ., per contrasto con l’indirizzo della giurisprudenza di
legittimità secondo cui in tema di società di fatto tra consanguinei deve essere raccolta una
prova rigorosa per accertare concretamente la prevalenza dell’esteriorizzazione del vincolo
societario rispetto all’affectio familiaris (secondo motivo).
2.- Preliminarmente deve essere esaminata la questione relativa alla tempestività della
notificazione del ricorso, proposta anche nel controricorso ma, comunque, rilevabile d’ufficio,
riguardando la ammissibilità dei ricorso stesso.
Si precisa, al riguardo che: 1) il ricorso in esame risulta essere stato notificato il 28
gennaio 2014; 2) la sentenza impugnata è stata depositata il 20 dicembre 2012; 3) trattandosi
di controversia in materia di lavoro, non si applica la c.d. sospensione dei termini processuali
nel periodo feriale.
Conseguentemente, il ricorso è tardivo perché notificato oltre il termine annuale di cui
all’art. 327 cod. proc. civ., nel testo antecedente la legge 18 giugno 2009, n. 69.

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Infatti, per costante indirizzo di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, la
modifica dell’art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla citata legge n. 69 del 2009 – che ha
sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario
termine annuale – è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli
giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante
il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (vedi,
per tutte: Cass. 17 aprile 2012, n. 6007; Cass. 5 ottobre 2012, n. 17060; Cass. 21 giugno
2013, n. 15741; Cass. 6 ottobre 2015, n. 19969).
4.- Comunque, il ricorso essendo stato notificato oltre il termine annuale suindicato, per
quel che si è detto, è da considerare tardivo e quindi inammissibile.
5.- Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in
dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge n. 228 del 2012.
5.- Deve essere, peraltro, respinta la richiesta del controricorrente di condanna del
ricorrente per lite temeraria ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., motivata
sostanzialmente per la pervicacia manifestata nel coltivare il giudizio fino al presente grado,
nonostante la c.d. “doppia conforme” sfavorevole.
Va, infatti, precisato che una simile circostanza non costituisce di per sé un elemento
idoneo per l’affermazione della suddetta responsabilità aggravata e, d’altra parte, non risulta
che l’interessato abbia allegato neppure gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur
equitativa, del danno lamentato (Cass. SU 30 aprile 2004, n. 7583; Cass. 12 ottobre 2011, n.
20995; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22812).
Infine, la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 9 febbraio 2009, n. 3057
(richiamata, sul punto, a p. 10 controricorso) non è pertinente riguardando una fattispecie
diversa rispetto alla presente e in sé del tutto peculiare, nella quale è stato considerata causa
di responsabilità processuale aggravata la proposizione di regolamento di giurisdizione senza il
riscontro preventivo – nell’esercizio di un minimo di elementare diligenza – dell’erroneità della
propria tesi alla stregua della disciplina positiva e della giurisprudenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro
3500,00 (tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese generali nella misura
del 15%, IVA e CPA.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente -~-413e4e1 dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso prffaceipale, a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13.
Così deciso in Rg a, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 21 gennaio 2016.

3.- Al riguardo deve essere precisato che – diversamente da quel che si sostiene nel
controricorso – nella specie è inapplicabile ratione temporis la novella di cui alla legge 18
giugno 2009, n. 69, visto che il presente giudizio è stato instaurato con ricorso introduttivo
depositato in data 1 marzo 2003 (come riferito anche dal Caprino in questa sede).

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