Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7674 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Antonio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E. BERTOLLINI & CO. S.r.l., in persona del legale

rappresentante

D.Q., elettivamente domiciliata in Roma, Via Maria

Adelaide n. 12, presso lo studio dell’Avv. Pellettieri Giovanni, che

la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A.I.M., elettivamente domiciliato in Roma,

Via Crescenzio n. 16, presso lo studio dell’Avv. Cerutti Gilberto,

che lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, con l’Avv.

Andrea Zanello per procura margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 6445/05 della Corte di Appello di

Roma del 30.09.2005 – 24.10.2 005 nella causa iscritta al n. 9507

R.G. dell’anno 2003;

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

16.02.2010 dal Cons. Dott. De Renzis Alessandro;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Roma con sentenza n. 28349 del 2002 rigettava la domanda proposta da M.A.I.M. volta all’accertamento dell’illegittimita’ del licenziamento intimatogli con lettera del 6.03.2000 dalla S.r.l. BERTOLLINI & CO e alla condanna della stessa societa’ al pagamento delle differenze retributive.

Contro tale sentenza proponeva appello il lavoratore lamentando l’omesso accertamento dell’affissione del codice disciplinare, l’omesso accertamento della tardivita’ del recesso per violazione del termine stabilito dal CCNL, l’infondatezza degli addebiti e comunque il difetto del requisito della proporzionalita’ tra gli stessi e la sanzione espulsiva, il mancato riconoscimento del compenso per il lavoro straordinario e delle competenze correlate al rapporto, l’omesso espletamento dell’attivita’ istruttoria.

Chiedeva quindi declaratoria di nullita’ e/o di illegittimita’ del licenziamento, con le conseguenti statuizioni di carattere ripristinatorio del rapporto e di carattere risarcitorio, nonche’ condanna dell’appellata societa’ al pagamento delle differenze retributive maturate, pari ad Euro 25.902,86.

2. All’esito la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 6445 del 2005, in riforma della decisione di primo grado, cosi’ ha provveduto:

a) ha dichiarato l’illegittimita’ del licenziamento, con condanna della societa’ appellata alla riassunzione nel termine di tre giorni o, in mancanza, al risarcimento del danno commisurato a tre mensilita’ della retribuzione globale di fatto;

b) ha condannato altresi’ la societa’ al pagamento a favore dell’appellante delle differenze retributive per Euro 25.902,86. La Corte ha ritenuto ingiustificato il licenziamento sia in relazione alle assenze dal lavoro nei giorni (OMISSIS) sia in relazione all’allontanamento successivo dal (OMISSIS): quanto alle prime assenze ha osservato che trattatasi di reiterazione della condotta per un numero di volte limitato; quanto al secondo allontanamento ha rilevato che il lavoratore aveva denunciato, dapprima con telefono e poi con telegramma, una gravissima situazione familiare (malattia della madre). La stessa Corte ha ritenuto fondata la domanda relativa alle differenze per lavoro straordinario, e cio’ in relazione all’attivita’ di garagista guardiano notturno svolta dal lavoratore.

3. Contro la sentenza di appello la E. Bertollini & CO S.r.l ricorre per Cassazione con due motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il lavoratore resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente muove molteplici rilievi all’impugnata sentenza con riguardo alla statuizione dell’illegittimita’ del licenziamento.

Sostiene al riguardo che il giudice di appello ha ridotto ad una le prime tre assenze contestate ed arbitrariamente riferito al solo periodo dal 10 al 17 gennaio 2000 la condotta del lavoratore rilevante ai fini del giudizio sulla proporzionalita’ della sanzione.

La ricorrente aggiunge che la Corte di appello non ha fornito alcuna giustificazione sul punto della permanenza del lavoratore in Italia per altri tre giorni, dopo che questi in data (OMISSIS) aveva avvertito la societa’ verbalmente delle sue esigenze, inviando il successivo (OMISSIS) telegramma, non contenente alcuna indicazione di un nuovo recapito in Egitto. La societa’ contesta ancora al giudice di appello di avere omesso qualsiasi verifica circa la dedotta falsita’ del certificato di morte della madre del lavoratore, limitandosi ad affermare che il decesso era avvenuto “qualche giorno dopo”.

La ricorrente osserva infine che il giudizio di proporzionalita’ della sanzione non puo’ prescindere da un preventivo esame del quadro normativo legale e contrattuale e deve rispondere ai principi logici e di “buon senso” ed anche a quelli generali che disciplinano l’esecuzione del contratto, non essendo sufficiente il richiamo ad esigenze, che, pur gravi sul piano affettivo, non interessano la persona fisica del lavoratore. Il motivo cosi articolato e’ infondato.

Il giudice di appello ha verificato con puntualita’ i rilevi mossi dalla societa’ datrice di lavoro al dipendente circa le asserite ingiustificate assenze dal lavoro, affermando che per le assenze del dicembre 1999 trattavasi di condotta reiterata per un numero limitato di volte, mentre l’allontanamento dal lavoro a partire dal (OMISSIS) era giustificato da una grave situazione fa miliare (malattia della madre del lavoratore), comunicata telefonicamente il (OMISSIS), a cui era seguito telegramma del successivo (OMISSIS). Lo stesso giudice ha aggiunto che il lavoratore aveva offerto ulteriore documentazione, come i biglietti aerei e certificato di morte della madre, residente in (OMISSIS).

Orbene alla stregua degli evidenziati elementi il giudice di appello ha ritenuto che il comportamento del lavoratore non fosse in contrasto con i canoni della correttezza e della buona fede, proprio in relazione della gravita’ della situazione familiare – comunicata alla datrice di lavoro – in cui lo stesso lavoratore era venuto a trovarsi, e che quindi non fosse tale da integrare una condotta sanzionabile con il licenziamento.

A tale valutazione, sorretta da adeguata e coerente motivazione, il ricorrente ha opposto un diverso apprezzamento, non consentito in sede di legittimita’.

2. Con il secondo motivo la ricorrente contesta l’impugnata sentenza con riferimento alla condanna al pagamento delle differenze di trattamento economico e normativo, soprattutto riguardanti il lavoro straordinario.

Le contestazioni hanno per oggetto, da un lato, la violazione del principio dell’onere della prova dello straordinario, che non sarebbe stato assolto dal lavoratore adibito soltanto nelle ore diurne all’attivita’ di parcheggio e custodia dei veicoli e non nelle ore notturne, e, dall’atro lato, la non correttezza ed esattezza di conteggi, che riguardavano anche periodi di tempo in cui il lavoratore non era presente al lavoro. Il motivo e’ privo di pregio e va disatteso. La ricorrente deduce, tra l’altro, violazione dei criteri ermeneutici ex art. 1362 c.c. e segg. in relazione ad alcune disposizioni (art. 35, 18, 23, 49) del CCNL del 1996 per i dipendenti da imprese esercenti autorimesse, ma non trascrive il relativo contenuto, dal che discende l’inammissibilita’ di tale profilo per violazione del principio di autosufficienza, caratterizzante il ricorso per Cassazione.

Con riguardo al merito delle spettanze relative allo straordinario, va osservato che correttamente il giudice di appello ha ritenuto infondati i rilievi della ricorrente, avendo richiamato l’art. 15 del CCNL; che stabilisce in 40 ore settimanali la durata dell’orario di lavoro in caso di prestazioni promiscue svolta da personale addetto a “lavori discontinui” o “di attesa”, indicando fra questi ultimi quelli di custodia e guardiania, nel cui ambito sono state ricondotte le mansioni svolte dal M..

Quanto al profilo dell’onere della prova del superamento dell’orario normale anzidetto, va precisato che il giudice di appello non e’ incorso nelle violazioni lamentate dalla ricorrente, giacche’ ha posto in evidenza che il lavoratore era presente in garage anche nelle ore di chiusura del garage, sicche’ il pernottamento in tale locale rispondeva ad esigenze di custodia e di guardiania e non ad esigenze personali del medesimo lavoratore. Generici infine sono i rilievi riguardanti i conteggi, avendo il giudice di appello osservato che tali conteggi – allegati al ricorso introduttivo originario – non avevano formato oggetto di specifica contestazione nel loro sviluppo contabile da parte della societa’ convenuta.

3. In conclusione il ricorso e’ destituito di fondamento e va rigettato.

Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione, in considerazione della particolarita’ della vicenda, in relazione soprattutto alla necessita’ di una verifica in sede giudiziale della condotta tenuta dal lavoratore.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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